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Insinna. Quelle "regole assurde" non le stabiliscono certo gli infermieri

di Elio Sartori

12 GIU - Gentile Direttore,
le invio una considerazione che vorrebbe concludere la polemica sul caso Insinna con delle considerazioni di vita reale di un infermiere che auspica solo e semplicemente la collaborazione nel mondo della salute a beneficio esclusivo di chi per necessità ne entra a far parte.
L'amministrazione di ogni struttura sanitaria deve sottoscrivere la carta dei servizi, elencando le prestazioni e i servizi offerti, le modalità di assistenza, compresi gli orari di visita, le possibilità di reclamo. Le Carte dei Servizi sanciscono in linea di massima il diritto del ricoverato ad essere visitato dai parenti, con modalità compatibili con l'organizzazione dell'ospedale. L'indicazione di una circolare ministeriale del luglio '93 è di non fissare gli orari di visita a metà mattina, quando in genere la gente lavora o può avere altri impegni.

La materia è lasciata alle direzioni sanitarie degli ospedali, con le dovute eccezioni, come le Unità di terapia intensiva o le Unità di rianimazione post-operatoria, in cui è il responsabile medico del reparto stesso a decidere caso per caso. Risulta quindi evidente come gli orari di visita ai pazienti siano esclusiva decisione medica e davanti a quelle porte chiuse/sbarrate mai si leggerà un avviso con scritto “Infermieri che distribuiscono il pasto” ma più spesso l’avviso “medici in visita”.

E allora, di quali regole assurde sulle visite in ospedale, di cui leggo nella lettera al direttore dell’11 giugno, stiamo parlando? Da molti anni gli infermieri (coloro che assistono colui che si è fermato) silenziosamente e con discrezione infrangono queste regole e favoriscono la presenza dei familiari. Da tempo hanno compreso, vivendo 24 ore su 24 accanto ai loro assistiti, come la presenza prolungata dei familiari favorisca e non ostacoli il loro lavoro e non solo nei comuni reparti di cura ma anche nelle terapie intensive, vedi ad esempio questa esperienza “La rianimazione e la terapia intensiva aperta come esempio di umanizzazione dell’assistenza”.
 
Concludo con l’auspicio che il modello di assistenza infermieristica  che colloca l’uomo al centro di tutte quelle attività che hanno lo scopo di fargli riconquistare il suo continuum vitae possa entrare nei pensieri di tutti i professionisti della sanità.

Elio Sartori
Infermiere

 

12 giugno 2012
© Riproduzione riservata

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