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Non si può più rinviare la riforma delle cure territoriali

di Maria Domenica Castellone

26 MAG - Gentile direttore,
è ormai da un anno, da quando è iniziata questa pandemia, che con diverse proposte emendative ai vari decreti in esame in Senato sto provando a dare un contributo concreto al miglioramento dell’assistenza territoriale, snodo che si è dimostrato un punto debole anche nella gestione della corrente emergenza sanitaria.
 
Riformare la Medicina Generale rappresenta un passaggio ineludibile e integrare la figura del Medico di Medicina Generale (MMG) nell'ambito del SSN è di strategica importanza. In Italia, infatti, i MMG lavorano in rapporto di convenzione con il SSN e si formano attraverso corsi regionali, senza ricevere una formazione specialistica, a differenza di quanto avviene in tutta Europa. Purtroppo, i MMG, ancora oggi, in molte realtà stentano ad operare all’interno di team multidisciplinari o in rete con gli specialisti, ma in gran parte rimangono ancorati alla logica dello studio privato, avulso da qualsivoglia organizzazione. Il MMG viene pagato in parte in quota capitaria - ovvero in base al numero dei suoi assistiti, a prescindere da quante volte li visiti e dall’esito delle cure ad essi rivolti - e in parte in base a delle prestazioni aggiuntive, che mensilmente vengono poi rendicontate alle aziende sanitarie (ADI, prestazioni di particolare impegno professionale, medicazioni, ecc.), configurandosi un potenziale conflitto d’interesse che può tradursi nel rischio d’induzione di prestazioni.
 
Il MMG è chiamato ad esercitare il ruolo di gate-keeper, ovvedo di filtro verso i servizi specialistici ospedalieri e non ospedalieri, e per questo dovrebbe operare in via coordinata con le altre figure sanitarie e mediche del SSN, sia dipendenti che autonome. Tuttavia, anche da quanto recentemente emerso dai dati pubblicati da DATAROOM, che ha rilevato come “su 21 milioni di accessi in pronto soccorso ogni anno, 16 milioni sono codici bianchi o verdi che non sfociano in un ricovero”, tale meccanismo di gate-keeping non è efficiente e produce una diseconomia di circa 700 milioni di euro, che potrebbero altrimenti essere investiti nel potenziamento delle strutture territoriali.

Siamo di fronte ad un modo di concepire l’assistenza sanitaria territoriale ormai obsoleto e non performante. Tuttavia, ogni tentativo di rendere più efficiente l’assistenza territoriale trova le resistenze culturali delle lobbies del settore, che hanno anteposto gli interessi di parte alla visione di sistema.

Fortunatamente, moltissimi medici, tra cui molti giovani, vogliono impegnarsi per migliorare le cure primarie e sono consapevoli della necessità che questo settore vada riformato.

Assieme alle Associazioni dei giovani medici abbiamo lavorato a una proposta di riforma della formazione post-lauream, depositata come disegno di legge (AS 1519), ma anche ad emendamenti e a proposte che, in parte, sono state inserite nel PNRR; tra queste, l’istituzione delle Case e gli Ospedali di comunità, luoghi di cure in cui i MMG potranno operare.

 Inoltre, non posso mancare di sottolineare come in Italia esistano dei medici specialisti in Medicina di Comunità e Cure Primarie, medici che, pur avendo le competenze per esercitare la medicina generale, non possono ersercitare in medicina generale, il che rappresenta un paradosso tutto italiano. Infatti, questa specializzazione esiste dal 1996 ed è finalizzata proprio a formare specialisti in medicina di famiglia. Un Decreto Interministeriale del 2015 (DI 68/2015) riconosce a questi medici specifiche competenze nell’ambito della Medicina Generale e cure palliative. Appare, quindi, incomprensibile il fatto che, nonostante l’attuale carenza di medici generalisti e la necessità di personale formato per operare nell’assistenza territoriale, a questi specialisti non sia consentito di esercitare la medicina generale. Questa è una grave violazione della realizzazione professionale di medici specialisti, e sanare questo vulnus non sarebbe certo un tentativo di fare una sanatoria, così come invece lascerebbero intendere alcuni detrattori facenti parte delle lobbies che si oppongono al cambiamento. Si tratta, infatti, di professionisti che si sono formati attraverso un percorso specialistico della durata di 4 anni.

La Commissione Igiene e Sanità del Senato ha recentemente svolto un affare assegnato su potenziamento e riqualificazione della medicina territoriale che ha evidenziato tutti i punti di debolezza presenti nell'attuale modello della medicina generale.

Ho trovato nei miei colleghi di commissione una grande sintonia e convergenza sulla necessità di riformare la medicina del territorio, a partire dalla formazione specifica di medicina generale, poiché come me hanno l’onestà intellettuale di leggere i dati e non parlare per partito preso.

Voglio in particolar modo ringraziare la collega Binetti per aver voluto presentare con me un emendamento (4.0.3) al DDL n. 2169 (Legge di delegazione europea), che mira a rendere attuativo quanto già previsto dal DIM 68 2015, consentendo così ai medici specialisti in Medicina di Comunità e delle Cure Primarie (MCCP) l’esercizio della medicina generale nell’ambito del SSN, possibilmente in rapporto di dipendenza.

Ringrazio inoltre la Dott.ssa Annalisa Napoli (Segretario Nazionale - Segretariato Italiano Giovani Medici - S.I.G.M.) e il Dott. Fabio Pignatti (Coordinatore Nazionale Cure Primarie - Associazione Italiana Medici - A.I.M.), che hanno scritto una lettera al direttore di “Quotidiano Sanità” per supportare tale iniziativa emendativa; una lettera nella quale sottolineano, con competenza e visione, la necessità di strutturare una medicina territoriale efficiente.

Sono certa che questa grave pandemia, che ha fatto emergere i tanti punti di forza e tutte le falle del servizio sanitario nazionale, ci abbia insegnato il valore e l’importanza di un sistema di cure primarie efficiente, che permetta agli operatori sanitari e sociali (medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali), che quotidianamente vi lavorano, di esprimersi al meglio in un ottica di servizi in rete, con grande beneficio per la comunità degli assistiti.

Per tutte queste ragioni non possiamo più attendere una riforma necessaria come la riorganizzazione della rete territoriale e della medicina generale.
 
Sen. Maria Domenica Castellone (M5S)
Commissione Igiene e Sanità del Senato

26 maggio 2021
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