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Dopo il Covid riemergono temi e problemi strorici della sanità

di Bruno Agnetti

20 SET - Gentile Direttore,
tra evidenze numeriche e nuove incertezze l’emergenza sanitaria, molto lentamente, si sta ridimensionando, se è possibile sperare questo.
Oltre ai temi covid, tamponi, vaccinazioni, decessi (sempre troppi) riprende timidamente a riaffiorare il confronto tra colleghi sulle problematiche professionali: cosa significa essere medico, come sta sviluppandosi la professione nella contemporaneità, perché è necessaria una riforma radicale subito per il breve e poi per il medio periodo.
 
Come già altre volte è stato possibile evidenziare nella maggioranza dei casi gli elaborati che vengono pubblicati su QS hanno un notevole spessore culturale professionale ma purtroppo una scarsa o nulla influenza su coloro che governano i processi decisionali. I ragionamenti di numerosi colleghi hanno la caratteristica di illuminare e rendere concreto il mondo della sanità invaso ormai da una presunzione salottiera di apparato incapace di slanci, di sguardi che vadano oltre, di prodigi di cui avremmo un insaziabile bisogno.
 
Una intera pandemia tutt’ora presente pare non aver insegnato nulla. Non si possono rendere facili le cose difficili ma è inutile renderle “inutilmente” più difficili ad es.: non imparando dall’esperienza. Il consenso non potrà più contare su manovre clientelari in quanto gli apparati appaiono inadeguati alla fluidità sociale. Gli scritti rimangono quindi al momento, in attesa di una riforma radicale, esercizi letterari per una ristretta cerchia di medici che mantengono uno spirito critico, restii agli applausi al potere, preoccupati del degrado etico, che tentano di coltivare caparbiamente un punto di vista ulteriore come se fossero artisti di una avanguardia concettuale.
 
Il mondo della medicina generale territoriale o di famiglia è uno dei tanti rivoli della galassia sanitaria ma dove si è seminato (spero), tocca zappare.
L’aziendalismo ha dimostrato ampiamente la sua inadeguatezza. L’autoreferenzialità e l’autotutela che emergono egemoni da ogni delibera che sia regionale o aziendale ha consolidato l’impossibilità di un ricambio dirigenziale così che da numerosi anni i professionisti territoriali si devono confrontare, inutilmente, con gli stessi soggetti che volteggiano tra una azienda e l’altra di uno stesso territorio o con commissariamenti misteriosi ed inspiegabili che esprimono priorità progettuali dirigenziali sui generis (vedi il Direttore Assistenziale nuovo componente delle Alte Dirigenze AUSL oppure la fusione tra aziende territoriali e ospedaliere).
 
Sembra la giostra del Monopoli … puoi continuare a giocare ma alla fine girerai sempre in tondo (dopo aver cancellato per delibera le caselle scomode) senza andare mai da nessuna parte. Di tanto in tanto viene riesumato il mitico Art. 8 (Riordino delle cure primarie: modifiche dell’articolo 8 comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni) tutt’ora in vigore che ipotizza il passaggio a dipendenza dei mmg.
 
Nello stesso tempo un’altra legge (legge Balduzzi) tutt’ora in vigore, mai abrogata, non viene mai citata. Su questo tema credo che l’intervento di Giuseppe Belleri (QS del 13 settembre, MMG verso la dipendenza? Sarebbe un guaio) sia oltremodo dirimente.
 
Puntuale, come sempre elegante e ineccepibile, le riflessioni del Prof. Ivan Cavicchi vanno a chiarire, per chi ne avesse bisogno, le reali ragioni che portano il SSN alla privatizzazione (QS, Le vere ragioni della privatizzazione del SSN, 17 settembre 2021). Potrà apparire paradossale ma in alcune città della Regione Emilia-Romagna la presenza di strutture private convenzionate può superare la percentuale di privatizzazione che può essere rilevata il Regione Lombardia.
 
Non è il caso di ripetere i temi condivisibili messi in evidenza nell’elaborato ma in estrema sintesi agli autori dell’articolo oggetto delle attenzioni del Prof. Cavicchi (importanti attori del processo decisionale sanitario negli anni topici), potrebbe essere attribuita una nota espressione dell’avanguardia artistica concettuale “Quando mi vidi non c’ero”.
 
Infine non è possibile non registrare un’altra questione di interesse per il mmg (palliativista di riferimento per il proprio paziente) portata alla ribalta dall’iniziativa di raccolta firme per indire un referendum sull’ Eutanasia legale. Già ne hanno scritto proponendo riflessioni ed approfondimenti alcuni colleghi (Bruno Nicora, QS 15 settembre 2021; Marco Ceresa, QS 1 settembre 2021; Guido Giustetto, QS 3 settembre 2021).
 
Le informative parlano di percentuali elevate di raccolta firme pro eutanasia legale tanto da ipotizzare un grande numero di persone anche laiche che manifestano solide certezze su questo tema. Coloro che mantengono perplessità o insicurezze rischiano concretamente di diventare una minoranza (nella stagione dei diritti vi sarà uno spazio a protezione delle minoranze?).
 
Pietro Cavalli con il suo pezzo intitolato “Il dovere morale del medico di procurare la morte” QS, 1 settembre 2021 ci offre considerazioni disamanti, intense e acute (salti “mortali” verosimilmente irrealizzabili) che lo stesso Cavalli definisce meno rilevanti (sic!) e più pragmatiche rispetto ad altre importanti discussioni etiche/deontologiche.
 
Bruno Agnetti
CSPS (Centro Studi Programmazione Sanitaria) FISMU (Federazione Italiana Sindacato Medici Uniti), Regione Emilia-Romagna


20 settembre 2021
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