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Gli osteopati e la vaccinazione Covid

di Marta Bruzzone

23 SET - Gentile Direttore,
l’estensione degli obblighi vaccinali che sarà in vigore dal 15 ottobre include gli osteopati e, a nostro convinto giudizio, anche i loro pazienti. Fin dagli scorsi mesi la nostra Associazione di professionisti in esclusivo esercizio sostiene che il contatto che l’osteopata stabilisce con le persone non sia meno stretto di quello degli altri operatori per cui da tempo è previsto obbligo di certificazione.
 
La nostra iniziativa a sostegno della campagna vaccinale del Governo, purtroppo isolata nel variegato panorama delle nuove professioni della salute, si fonda sui principi storici e attuali della medicina osteopatica mentre si scontra con la visione alternativa e autoreferenziale che connota da tempo troppi rappresentanti della professione non ancora regolamentata.
 
In opposizione a questa dicotomia, il nostro appello alla categoria non è semplicemente un richiamo deontologico per il rispetto della legge, bensì un riferimento chiaro alle ragioni storiche e culturali che stanno alla radice della sua stessa esistenza.
 
Sostenere che l’Osteopatia rientri nel settore delle medicine preventive in quanto attività a salvaguardia e promozione della salute, non può esimere gli osteopati dalla loro testimonianza pedagogica in favore della profilassi sanitaria in atto nel nostro Paese.
 
E ancora, definire l’osteopatia come terapia centrata sulla persona nella sua integrità bio-psico-sociale equivale non solo a considerare l’integrità funzionale e disfunzionale dei soggetti, ma anche il loro equilibrio psicologico e solidale nel contesto collettivo. Ovvero, allo scopo di promuovere la prevenzione sanitaria, l’osteopata inquadra socialmente ed emotivamente chi si rivolge alle sue cure, non solo per comprendere l’origine delle disfunzioni ma anche per favorire nuove consapevolezze a vantaggio del singolo e della collettività.
 
Non può accettarsi, pertanto, la nostalgia di troppi operatori “non convenzionali” verso quel paradigma obsoleto della medicina tradizionale che, senza il confronto costante con le evidenze e gli aggiornamenti conseguenti, rischia di perdere la sua utilità sanitaria nel presente e nel futuro.
 
Le stesse considerazioni appaiono di drammatica importanza nella fase legislativa attuale in cui l’istituzione della nuova professione di osteopata dovrebbe, a nostro altrettanto convinto giudizio, essere contemporanea alla decretazione sui criteri esperienziali e pedagogici per la selezione del personale da abilitarsi mediante iscrizione ad apposito Albo.
 
Detto altrimenti, riteniamo che il Sistema Sanitario Italiano non possa permettersi né ora né in futuro la sanatoria indistinta di migliaia di nuovi operatori le cui competenze non siano rigorosamente accertabili.
 
Viceversa, continuiamo a sostenere con immutato entusiasmo l’attuazione della lungimirante legge 3/2018 per un immediato riconoscimento dei professionisti la cui tracciabilità di requisiti e coerenza interpretativa possano rappresentare riferimento per ogni successivo provvedimento. Non pare difficile, basta volerlo a prescindere da errori, semplificazioni e pericolose condiscendenze.
 
Marta Bruzzone
A.D.O.E. - Associazione tecnico scientifica degli osteopati

23 settembre 2021
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