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L'insostenibile leggerezza del dibattito sul futuro della medicina generale

di Alessandro Bonci

03 NOV - Gentile Direttore,
è di pochi giorni fa la notizia che la Tesla Model 3 è l’auto più venduta in Europa nel 2021. Non stupisce tanto il fatto che sia un’auto full electric, quanto piuttosto il fatto che la Tesla non abbia certo deciso di contare su una rete di concessionarie e officine come i colossi dell'auto tradizionali, bensì su un modello di vendita online e sulla teleassistenza.
 
Mentre il mondo cambia qualcuno evidentemente crede ancora che la porta di accesso al servizio sanitario nazionale possa essere il cellulare dei medici di medicina generale o gli ambulatori negli “scantinati” nel nome della prossimità.
 
Fra l’altro, medici oramai provati da 18 mesi di contattabilità h12, dalla burocrazia e da una rivoluzione informatica che ha complicato l’attività quotidiana, invece di semplificarla.
 
Uno degli argomenti più glamour dell’ultimo periodo è sicuramente quello della “Convenzione o Dipendenza”, dibattito tra il surreale e il paradossale, fra l’altro per lo più portato avanti da pensionati o pensionandi di entrambi le fazioni.
Pensare di risolvere le criticità del territorio semplicemente modificando il rapporto di lavoro appare essere una soluzione talmente banale da non poter essere frutto di menti senzienti, ma intavolarci anche un dibattito vuol dire avere veramente tanto “tempo libero”.
 
Non risulta che la produttività dei dipendenti pubblici sia così straordinaria come qualcuno racconta, tantomeno che i lacci e i lacciuoli correlati a un rapporto a dipendenza possano garantire l’elasticità necessaria a una professione così eterogenea per compiti e funzioni com’è l’assistenza territoriale. Ovviamente poi siamo liberi di credere alla narrazione gabanelliana dei MMG liberi professionisti che sfrecciano sulle loro Maserati e rispondono al telefono mentre giocano a golf.
 
Tantomeno sembra una soluzione intelligente rischiare di perdere, uno dei pilastri dell’ACN, il rapporto di fiducia con il medico curante che, se da un lato è gradito al cittadino, dall’altro è anche uno sprone per il medico a garantire un servizio apprezzato dall’utenza.
La MG, con i suoi pregi e i suoi difetti, ha reso sostenibile il SSN e ne è tutt’oggi un elemento di garanzia per consentirne l’universalità e l’equità, anche se sicuramente negli ultimi due decenni sembra essere mancato un interlocutore politico che abbia voluto valorizzare ed investire in questo settore.
 
Certo è che la MG deve cambiare, ad essere sinceri probabilmente deve ancora nascere. In Italia abbiamo decine di migliaia di medici di medicina generale che lavorano con organizzazioni e performance completamente diverse, ma non è chiaro se esista una MG intesa come ambito omogeno di cure caratterizzato da competenze e compiti definiti.
 
È evidente, anche al più ostinato dei conservatori, come un nuovo modello dovrebbe essere rivoluzionario su alcuni temi a partire dall’integrazione informatica intra/interprofessionale. Dovrà altresì essere stringente per identificare chiaramente competenze e compiti irrinunciabili per i MMG al fine di garantire un servizio omogeneo su tutto il territorio.
 
Una Convezione che , dopo una gestazione lunga quarant’anni, getti le basi per la nascita della MG, partendo dalle fondamenta chiarendo compiti e funzioni, che non saranno più solo del singolo “Medico di Medicina Generale”, ma della “Medicina Generale” di quell’area territoriale; e che ad esempio, identifichi le forme associative di base (AFT) su cui innestare le Case di Comunità , con funzione integrativa all’offerta ambulatoriale, dove erogare le prestazioni socio-sanitarie.
 
Francamente credo che sia piuttosto evidente come l’autonoma organizzazione dei medici di medicina generale sia l’unico modo per garantire quell’elasticità al sistema che il pubblico, per le dinamiche che tutti conosciamo, non potrebbe mai garantire.
La riorganizzazione della Continuità Assistenziale potrebbe essere uno strumento chiave per migliorare la presa in carico dei pazienti in supporto ai MMG e per ridurre gli accessi in PS.
 
Un serio investimento nella formazione, che riconosca l’attività formativa obbligatoria dei MMG come “tempo di lavoro” retribuito, e nuove skills consentirebbero alla categoria di fare un salto in avanti professionale ineludibile. La MG deve diventare universitaria, non banalmente facendo cooptare dall’università il tirocinio formativo, bensì evolvendo e acquisendo la dignità professionale per far considerare la MG una specializzazione a tutti gli effetti e non più la cenerentola della medicina.
 
Una riflessione andrebbe posta anche sul modello retributivo dei professionisti, che non può limitarsi alla Quota Capitaria, ma deve prevedere una Quota Variabile basata sull'organizzazione, sulle performance e sulla complessità delle prestazioni erogate, che sia di incentivo alla riqualificazione e agli investimenti dei professionisti sulla propria professione e professionalità.
Senza ombra di dubbio da un lato la carenza di medici e dall'altro l'aumento della pressione fiscale, contributiva e delle spese correlate alle attività determinano un combinato disposto che già oggi sta rendendo la professione del MMG scarsamente appetibile per i giovani colleghi.
 
Il PNRR crea l’occasione per investire in modo strutturale sul territorio, ma sarebbe un grande errore fare investimenti in strutture senza investire sulla professione, dal momento che la medicina generale di domani, oltre alla strutture, deve innanzitutto contare su cultura, organizzazione e visione del futuro.
 
La discussione altrimenti sarà leggera quanto insostenibile: la rivoluzione digitale è ormai in atto, la pandemia l’ha soltanto accelerata, i modelli organizzativi per garantire la prossimità delle cure ne dovranno tenere inevitabilmente conto.
Il Metaverso ci attende cari colleghi...
 
Dr. Alessandro Bonci
 Medico di Medicina Generale ASL Toscana Centro
Coordinatore Clinico CDS Vinci


03 novembre 2021
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