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La campana di vetro che soffoca la Dirigenza delle Professioni Sanitarie

di Calogero Spada

03 NOV - Gentile direttore,
lo sfaccettato tema della inappetibilità delle lauree magistrali sanitarie che il dott. Alemanno riferisce con puntualità, era un esito tanto impietoso quanto prevedibile. Si potrebbero infatti riprendere numerosi interventi degli ultimi anni su un tema che non va derubricato al solo numero programmato in sanità e che sarebbe ora il caso di “scandagliare” in ambito nazionale, per caratterizzarlo al presente.
 
Andrebbe anzitutto rivisto il fondamentale limite normativo allo sviluppo complessivo della Dirigenza delle Professioni Sanitarie (DPS): ossia il vincolo per cui l’istituzione dei posti per la stessa debba avvenire attraverso modificazioni “compensative” delle preesistenti dotazioni organiche complessive aziendali, senza ulteriori oneri e ad invarianza di spesa (c.2, art.6, l. 251/00); condizione che, da sola, comporta:
- il forte condizionamento (per l’appunto) del livello di programmazione;
- la contrazione della domanda, con l’evidenziata «spendibilità pari a zero» non limitata alla sola dirigenza;
- la creazione dei presupposti di arcinote logiche, sia di scambio (il c.d. “spoils-system” troppo spesso in voga ad ogni cambio di direzione generale), sia di nepotismo o addirittura clientelari;
- l’inasprimento dell’astio con la classe medica, che comunque in generale continua quotidianamente a beneficiare di una incommensurabile quantità di posti a concorso.
 
L’altro limite da superare sarebbe quello dell’assai spinto “regionalismo differenziato”, che ci ha portato non soltanto a procedure concorsuali inattendibili, ove i quesiti – contrariamente a quanto previsto dagli stessi bandi – vengono spesso posti su base normativa regionale, ma che di quando in quando regala anche dispositivi alquanto discutibili sulla formazione, come il caso Veneto degli “OSS-infermieri” dello scorso anno o mere discrasie orientative, quali l’antinomia tra Collegio TSRM Torino-Aosta 2015 e FNO TSRM PSTRP 2020 in tema di Terapia Fisica, oppure ancora la proposta Pugliese del giugno u.s. , in capo ad un nuovo movimento politico di area centrosinistra, tale «Con», che voleva apportare modifiche ed integrazioni alla Legge Regionale n. 9/2017 in materia di accreditamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private, in ordine ad istituire servizi di radiografie a domicilio (peraltro senza la presenza attiva del medico radiologo).
 
Altre questioni correlate – anch’esse già diffusamente discusse – sarebbero quelle del regime di libera professione e di ri-perequazione degli stipendi di base per tutti i laureati non medici.
 
Inoltre non va trascurata la mera funzione (già ironicamente definita «posto di comando») dei DPS: in tal senso sarebbe già proficuo proporre il quesito: Come mai se nella pubblica amministrazione la figura è numericamente carente, nel sistema privato sia pressoché assente o addirittura inesistente?
 
Ma a fronte di tutto ciò e di quanto altro tali tematiche si portino dietro, sembra sia assente una componente fondamentale, indispensabile in ogni sviluppo rivolto anche solo ad impostare un processo di cambiamento: una complessiva consapevolezza dei diretti interessati, che dal basso facciano partire le opportune istanze e scelte responsabili, almeno per imbastire quella necessaria struttura dell’ “essere” che certamente è presupposto di fondamento dell’interpretazione di qualsivoglia ruolo.
 
Non a caso il problema identitario è palesabile in ogni aspetto delle fattispecie che riguardino i professionisti sanitari non medici: ad oggi gli elementi di inaccettabilità superano ampiamente quelli di ammissibilità, ove spesso e volentieri i giochi si svolgano al livello degli ordini professionali (vedi il “volo solitario” degli infermieri, con le loro “rivendicazioni corporative”) e dei sindacati (vedi la clamorosa disapplicazione dell’ultimo CCNL proprio in tema di “valorizzazione” delle lauree magistrali/specialistiche); istituzioni che il più delle volte agiscono in modo non tutelante i lavoratori e reciprocamente slegato in campo nazionale.
 
Infine, ma non da ultimo, anche un certo orientamento di coerenza intellettuale e deontologica non guasterebbe: sono nati molti gruppi “alternativi” a quelli istituzionali, ma pochi o forse nessuno di loro è riuscito anche solo a concepire una sintesi politica coerente o creare un establishment autorevolmente rappresentativo.
 
È per tutto questo che l’iscrizione ad un corso di laurea specialistica diventi una avvilente ed umiliante “questione personale”, completamente avulsa da un avanzamento intellettuale che anzitutto deve essere un investimento nel capitale umano, cui dovrebbe corrispondere un avanzamento – pure minimo, ma effettivo – di carriera; e non ne parliamo soltanto «per i nostri giovani», ma anche per coloro che si ritrovino a dialogare pubblicamente dei propri drammi professionali.
 
Fin tanto che questi temi non verranno pienamente compresi, in primo luogo dai diretti interessati, la DPS resterà una funzione accademica sotto una campana di vetro.
 
Dott. Calogero Spada
TSRM – Dottore Magistrale

03 novembre 2021
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