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Quando la Svizzera disse no al medico di famiglia “manager”. Rossi: “Un monito per l'Italia”

Al Congresso dello Snami Lombardia a Sarnico (13-15 maggio) si discute anche di Svizzera  e in particolare del referendum del 2014 che con il 76% dei no ha spazzato via una proposta volta a introdurre, su richiesta delle casse malattia, forme di "managed care" nello studio del medico di famiglia

16 MAG - "No a sistemi sanitari e medici che guadagnano in modo diretto - ha dichiarato Roberto Carlo Rossi, presidente dello Snami Lombardia - se curano con meno risorse il paziente, no ai bonus di stato o della compagnia assicurativa per chi si cura seguendo linee guida aziendali o assicurative. Questo rischio in Svizzera è stato scongiurato, da 12 mila medici di famiglia e dalla loro capacità di parlare a 7 milioni di pazienti che hanno scommesso sul rapporto fiduciario. Anche i medici di famiglia italiani e lombardi nel loro piccolo devono impedire derive assicurative del servizio sanitario pubblico". Il commento riguarda l’esperienza elvetica che nel 2014 vide un referendum popolare spazzare via con il 76% dei “no” una proposta volta a introdurre, su richiesta delle casse malattia, forme di “managed care” nello studio del medico di famiglia. In Canton Ticino la proporzione è stata dell’87%.

"Soprattutto nei cantoni di lingua tedesca - prosegue Rossi - erano stati introdotti modelli di cura basati su strutture di managed care che potremmo paragonare alle nostre Case della Salute o Unità complesse di cure primarie, dove team infermieri- medici di famiglia rilevavano il rapporto fiduciario".

Il modello "managed care" doveva espandersi in tutto il paese, anche se il Ticino e alcuni cantoni francofoni o tedeschi non lo volevano. Prevedeva che, dati i minori costi della “managed care” l’assicurato avrebbe pagato anche il 20% in meno (un premio in Svizzera arriva a costare in media un mese di stipendio), "mùMa il tentativo di introdurlo si è rivelato vano, hanno detto no tutti i cantoni", dice Franco Denti Presidente dell’Ordine ticinese.

"Più ancora del porta a porta di noi medici, che pure c’è stato e ha portato a manifestazioni che hanno coinvolto il 100% dei medici di famiglia e pediatri svizzeri, ha funzionato la consapevolezza che il cittadino avrebbe perso la libertà di scegliersi il medico e il luogo di cura. Noi medici – continua Denti - non siamo contro il team e la managed care, ma contro la mancanza di eticità di certi modelli. Se le strutture sono gestite dai medici c’è ancora margine per negoziare budget per patologia e tariffe con criteri etici, ma se a governare è solo il “terzo pagante” (che in Svizzera non è il servizio sanitario ma è costituito da assicurazioni e casse malattia, ndr) è la mentalità economicistica a prevalere".
 
Lorenzo Proia

16 maggio 2016
© Riproduzione riservata

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