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Contro la violenza in ospedale strumenti di difesa concreti

25 SET - Gentile Direttore,
vorrei esprimere il mio parere in veste di segretaria regionale AADI Lombardia ma anche come DONNA-infermiera, riguardo la problematica delle aggressioni al personale sanitario che avvengono ormai quotidianamente in molti ambiti sanitari pubblici (non tutti questi episodi purtroppo vengono così pubblicizzati dalle testate giornalistiche).
 
Il fatto gravissimo della violenza subita da una dottoressa in una guardia medica del sud, non è altro che la punta di un iceberg.
 
I pronto soccorsi italiani, le degenze, le postazioni di guardia medica, i campi di accoglienza dei profughi …  sono luoghi dove avvengono sempre più spesso queste violenze; queste aggressioni nascono inizialmente in forma verbale che poi spesso sfociano in violenza fisica ad opera di persone psicolabili, ubriachi, tossicodipendenti, …
 
Nei pronti soccorsi, considerati come ambienti di “prima linea”, le aggressioni spesso avvengono dopo che suddetti individui hanno aspettato i tempi di attesa, questi dettati da precisi codici di accesso attribuiti al triage d’ingresso, ma sono anche compiute da persone cosi dette “normali” che, non sapendo cosa succede nelle sale mediche e chirurgiche, diventano prima polemici e di seguito aggressivi (di recente un episodio è sfociato in violenza presso un PS nella zona di Bergamo dove, in questa circostanza, sono stati coinvolti più operatori).
 
L’A.A.D.I. è sempre in prima linea e pronta a denunciare qualsiasi attività illegittima che veda coinvolto il personale Infermieristico ed ostetrico, oltre che a tutelare e salvaguardare la salute dei cittadini, in ossequio ai principi sanciti dalla nostra Carta Costituzionale.
Utile anche ricordare che il datore di lavoro ha degli obblighi e dovere ben precisi verso il prestatore di lavoro. Giova a tal proposito ricordare che è un preciso onere datoriale quello della sicurezza dei propri dipendenti.
 
I giudici della Suprema Corte hanno rilevato come esista un obbligo in capo al datore di lavoro di garantire la tutela della salute psico-fisica dei propri dipendenti e collaboratori che ha la sua fonte direttamente nella legge, in particolare nell’art. 2087 del Codice Civile “Tutela delle condizioni di lavoro” a norma del quale: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
 
Detto questo, come donna mi sono trovata in alcune situazioni pericolose, vedi purtroppo anche gli orari di inizio e fine turno degli operatori sanitari H24, nei luoghi intraospedalieri come nei parcheggi, negli spogliatoi (questi spesso sono collocati nei piani sotterranei delle strutture), nei reparti spesso in orario di visite e nei pronto soccorsi italiani.
 
Vi voglio portare semplicemente all’attenzione che, nei miei numerosi giri ospedalieri dove sono presenti i soci AADI, sono entrata con molta facilità in almeno il 90% delle strutture fino ad entrare addirittura anche nei reparti fuori dall’orario di visite; chiunque mal intenzionato potrebbe entrare e compiere qualsiasi gesto di ripicca nei confronti del personale.
 
Mi lascia perplessa quanto affermato dalla Ministra Lorenzin in uno dei vostri articoli del 19 settembre dopo il caso eclatante di violenza sessuale nei confronti di un medico presso una guardia medica: “Una volta esaminato quanto emergerà dalle verifiche, il Ministero della Salute potrà avviare gli interventi ritenuti necessari per garantire la sicurezza dei professionisti sanitari all’interno dei presidi”.
 
Bisogna quindi aspettare che succedono questi episodi per intervenire?. Perché in Senato e in Parlamento vige il massimo della sicurezza e non è invece presente nei luoghi pubblici adibiti a salvaguardare la salute del cittadino (come sancito dall’art. 32 della Costituzione Italiana)?
 
La violenza sugli operatori spesso non è solo fisica ma anche psicologica; ultimamente mi sono occupata di difendere un socio che aveva subito continue minacce di morte da parte di un paziente, ma il fatto più grave è che alle segnalazioni e richieste di aiuto del dipendente ai vertici responsabili, non sono seguite azioni per tutelare e proteggere la persona fisica e psichica del dipendente stesso.
 
Come membro titolare di un CUG aziendale, ho proposto lo svolgimento di corsi di autodifesa per il personale sanitario con la prospettiva di svolgerli in orari accessibili al personale turnista montante e smontante il turno e, con prezzi accessibili, adesso al vaglio della Direzione Aziendale. Di questo mio progetto ho informato, in via non ufficiale e pocanzi via mail, il Responsabile Welfare Lombardia Giulio Gallera affinché questo progetto possa essere sponsorizzato e finanziato dalla stessa Regione Lombardia.
 
Concludendo auspico che vengano adottate soluzioni concrete riguardo la sicurezza nei luoghi di lavoro in ambito sanitario, con l’obiettivo di ridurre ed annullare questi episodi violenti, eseguiti molto spesso da individui già segnalati alle forze dell’ordine e/o con pregressi TSO.
 
Urge quindi la necessità di attuare dei piani di emergenza con azioni concrete come: l’introduzione di un posto fisso di polizia o di guardie giurate nei pronti soccorsi, con il posizionamento di telecamere in presa diretta con del personale di guardia attivo (in questo caso per la finalità di inoltrare l’allarme alle forze di polizia per un intervento immediato).
 
Certa della sua presa carico di quanto scritto per diffonderlo nella sua importante testata giornalistica, la ringrazio in anticipo per l’attenzione a questa tematica che sta diventando però un bollettino di guerra giornaliero e dove le vittime spesso sono donne e madri di famiglia.
 
Lauretta Anelli
Infermiera Legale e Segr. Reg. AADI Lombardia

25 settembre 2017
© Riproduzione riservata

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