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Al Niguarda impiantato un mini-cuore artificiale: pesa solo 100 grammi

Il dispositivo, lungo appena 5 cm e con un calibro di 1,2 cm, è in grado di pompare fino a 10 litri di sangue al minuto. È inoltre un device intelligente in grado di monitorare costantemente il suo funzionamento e la funzionalità cardiaca e di inviare tutti i parametri ai medici del Niguarda.

27 FEB - Un nuovo tipo di “cuore artificiale” (tecnicamente si parla di VAD- dispositivo di assistenza ventricolare) è stato impianto con successo all’ospedale Niguarda di Milano. Si tratta di un esemplare di ultima generazione, miniaturizzato che consente un tele-monitoraggio dei parametri, accessibile ai clinici 24 ore su 24, anche grazie ad un sistema automatico di alert-telefonico. L’intervento è stato portato a termine su un paziente di 61 anni con uno scompenso cardiaco ormai cronico, conseguente ad una grave infarto che aveva compromesso la funzionalità del ventricolo sinistro.

Il VAD impiantato dai chirurghi del Niguarda è il primo esemplare di questo tipo impiantato in Italia (in Europa si segnalano 15 precedenti). Quasi interamente in lega di titanio e acciaio, con una lunghezza intorno ai 5 centimetri e un calibro di 1,2 centimetri (come una pila stilo), il dispositivo funziona come una miniturbina che assiste il cuore nella spinta del flusso sanguigno dal ventricolo sinistro verso l’aorta. Rispetto ai dispositivi impiantati fino ad oggi ha un peso contenuto solo 100 grammi rispetto ai 300 “canonici”. La miniaturizzazione consente da un lato una maggiore mini-invasività e dall’altro la potenzialità di impiego anche su pazienti “taglia small”.

Come per tutti i VAD, il device è stato posizionato con un intervento cardiochirurgico nell’apice del ventricolo sinistro. “Questo tipo di modello è dotato di un sensore doppler che misura in maniera costante la portata sanguigna contrariamente ad altri modelli nei quali il dato del flusso viene calcolato come derivata da altri parametri”, ha spiegato il direttore della Cardiochirurgia Claudio Russo. “Il dispositivo può arrivare a pompare fino a 10 litri di sangue al minuto e la misurazione diretta di questo parametro consente  un monitoraggio da remoto più fine e tempestivo”.
A ciò si aggiunge anche una funzione di alert-telefonico automatico: rilevata un’anomalia, il device in autonomia è in grado di chiamare in ospedale per avvisare.

“In ospedale ci colleghiamo a un computer e in real-time abbiamo sotto i nostri occhi tutti i principali parametri registrati dal sistema di assistenza al circolo”, ha aggiunto Russo. “In questo modo possiamo monitorarne il funzionamento mentre il paziente è comodamente a casa, alleggerendolo dall’impegno di doversi recare in ospedale per le visite di controllo. Il monitoraggio a distanza, inoltre, ci permette di controllare l’insorgenza di eventuali complicanze e riconoscere precocemente situazioni potenzialmente pericolose, tra queste lo sviluppo di aritmie cardiache o le condizioni di basso flusso o di eccessivo consumo di corrente”.

Il miglioramento tecnologico degli ultimi anni ha permesso di trasformare il VAD da “terapia ponte” in attesa del trapianto,  a trattamento alternativo (destination therapy), in caso di controindicazioni all’intervento. “I VAD hanno subito un’incredibile evoluzione tecnologica nel corso degli anni. Se pensiamo ai primi modelli impiegati all’inizio della nostra esperienza negli anni ‘80 con pompa esterna, talmente ingombranti da richiedere il ricovero del paziente immobile in un letto di rianimazione, in attesa del trapianto, e li paragoniamo ai modelli attuali, la differenza è abissale”, ha proseguito il cardiochirurgo. “I primi VAD potevano necessariamente essere utilizzati solo per qualche giorno, oggi seguiamo pazienti con device impiantati da più di 4 anni, che grazie al VAD sono ritornati ad una vita pressoché normale”.
 

27 febbraio 2018
© Riproduzione riservata

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