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Antiulcera e antitrombotici ai pazienti degli Hospice. Prescrizioni inutili e potenzialmete dannose

Una ricerca dell'Istituto Mario Negri e della Fondazione Vidas ha indagato la qualità delle prescrizioni farmacologiche su 589 soggetti assistiti presso l’hospice Casa Vidas. Circa la metà dei pazienti fino al momento del decesso continuava a ricevere la prescrizione di almeno un farmaco con effetti preventivi e, dunque, non più utile, ma che avevano esposto il paziente al rischio di interazioni tra farmaci potenzialmente gravi.

05 NOV - Sull’American Journal of Hospice & Palliative Medicine è stato pubblicato un primo studio, frutto della collaborazione tra Fondazione Vidas e Istituto di Ricerche Farmacologche Mario Negri IRCCS, dal titolo “Prevalence of Preventive and Symptomatic Drug Treatments in Hospice Care: An Italian Observational Study”, che ha indagato la qualità delle prescrizioni farmacologiche su 589 soggetti assistiti presso l’hospice Casa VIDAS nel periodo compreso tra marzo 2015 e febbraio 2017.

Uno studio finalizzato all’analisi e alla descrizione delle terapie farmacologiche in relazione all’effetto preventivo o sintomatico nei pazienti in fine vita. “È infatti noto che l’obiettivo terapeutico in questi pazienti dovrebbe essere il controllo palliativo dei sintomi piuttosto che il prolungamento della vita”, spiegano il Mario Negri e la Fondazione Vidas in una nota.

La ricerca ha evidenziato un diffuso utilizzo di farmaci finalizzati al controllo dei sintomi. Tuttavia, circa la metà dei pazienti fino al momento del decesso continuava a ricevere la prescrizione di almeno un farmaco con effetti preventivi e, dunque, non più utile. In particolare, i farmaci antiulcera e gli antitrombotici sono risultati essere i trattamenti preventivi maggiormente prescritti durante tutta la permanenza in hospice.

 “I farmaci con effetto preventivo - sostengono Luca Pasina, farmacologo dell’Istituto Mario Negri e Angela Recchia, ricercatrice di Vidas - non hanno alcun valore terapeutico se il tempo necessario per osservare il beneficio è superiore all’aspettativa di vita e per questo motivo dovrebbero essere sospesi. Tuttavia, quest’attitudine non rientra nella normale pratica clinica. Come conseguenza i soggetti in fine vita sono spesso esposti a trattamenti futili e a interazioni tra farmaci potenzialmente gravi ma evitabili. Nonostante, infatti, nello studio sia stata osservata una riduzione nell’uso di farmaci preventivi, rimangono tuttavia ampi margini di miglioramento. Criteri condivisi tra ricercatori e medici palliativisti, mirati a fornire suggerimenti sui farmaci non necessari nel fine vita, sono fortemente raccomandati sia per evitare effetti indesiderati in questi pazienti sia per migliorare la qualità delle prescrizioni e ridurre i costi”.

05 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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