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QS Edizioni - venerdì 29 marzo 2024

Regioni e Asl - Emilia Romagna

Emilia Romagna. Dai biosimilari maggior accesso alle cure, la tavola rotonda

immagine 19 luglio - L'Emilia Romagna è una delle regioni ai primi posti in Italia per l’uso di questi farmaci che, a parità di qualità efficacia e sicurezza, hanno garantito e garantiscono un risparmio nella spesa. Già nel 2018 attesa una riduzione complessiva della spesa di oltre 116 milioni di euro. Il position paper Aiom, Sif, Sifo e Cipomo sui biosimilari in oncologia applicato all'Emilia
È l’Emilia Romagna una delle regioni italiane con il più alto tasso di impiego dei farmaci biosimilari, con un risparmio di oltre 10 milioni di euro nel solo 2017. Un dato, questo, destinato ad ampliarsi ulteriormente grazie all’arrivo dei farmaci biosimilari di nuova generazione che offriranno più ampie opportunità di cura, specie nel settore oncoematologico e in quello delle malattie su base autoimmune, soprattutto per le importanti economie che saranno in grado di generare. In proposito va rilevato che uno studio promosso dall’Italian Biosimilar Group e realizzato in collaborazione con Iqvia ha ipotizzato che, a livello nazionale, nel periodo 2017-2022, il risparmio complessivo della spesa sanitaria potrebbe assestarsi intorno ai 450 milioni di euro a seguito di una riduzione dei prezzi prevista intorno al 30 per cento, considerando solo i prodotti di più largo impiego.

Un dato incoraggiante questo, se si pensa che, secondo una recente analisi del C.E.I.S. (Center for Economic and International Studies) dell’Università di Roma Tor Vergata, il solo uso dei biosimilari oggi disponibili permetterà nel 2018 una riduzione della spesa in Italia di oltre 116 milioni di euro. Però molto di più si potrà presto fare nel prossimo futuro in termini di risparmi se si pensa che, come è stato evidenziato dal recente position paper presentato da Aiom, Sifo, Sif e Cipomo, l’uso dei biosimilari, nel solo ambito oncologico, consentirà risparmi di circa il 20 per cento a fronte di una spesa che, nel solo 2016, è stata di oltre 4,5 miliardi di euro.

Del contributo che i medicinali biosimilari offrono – e ancor più offriranno nel prossimo futuro – con maggiori opportunità di accesso alle cure per i pazienti anche grazie ai risparmi che sono in grado di generare, si è parlato ieri a Bologna nel corso di una tavola rotonda istituzionale, promossa da Italian Health Policy Brief (Ihpb), rivista di politica sanitaria impegnata a promuovere opinioni e confronti per una sanità sostenibile. All’evento hanno preso parte esponenti apicali della sanità della Regione, della comunità medico-scientifica, del mondo universitario e delle associazioni di pazienti, oltre ad economisti sanitari.

Nel corso dell’incontro è stato confermato che le economie fino ad oggi realizzate sono assolutamente inferiori rispetto a quelle, molto più consistenti, che saranno possibili grazie alla prossima disponibilità dei farmaci biosimilari di nuova generazione che offriranno determinanti opportunità terapeutiche, soprattutto nell’ambito delle malattie oncologiche e su base autoimmune, come in dermatologia, reumatologia e gastroenterologia.

“Oggi dobbiamo considerare i farmaci biosimilari sotto una duplice veste – ha dichiarato durante il suo intervento Anna Maria Marata, della Direzione Generale Sanità e Politiche Sociali della Regione Emilia Romagna – quella di uno strumento indispensabile per il Sistema Sanitario al fine di rendere il più ampio possibile l’accesso alle terapie per un numero sempre maggiore di pazienti, ma anche come una risorsa fondamentale per produrre economie che sono oggi irrinunciabili per assicurare la sostenibilità della spesa sanitaria nella nostra Regione e anche a livello nazionale”.

“In questo contesto – ha proseguito Marata – è di estrema importanza che l’uso di questi farmaci avvenga in un contesto clinico nel quale, per ciascuna patologia, sia possibile un’ampia possibilità di scelta e che sia i clinici, sia i rappresentanti dei pazienti siano chiaramente consapevoli che questi farmaci sono autorizzati dall’agenzia europea del farmaco (EMA) dopo averne valutato la qualità, e averne definito l’efficacia e la sicurezza nel confronto con gli originatori; l’unica differenza che li contraddistingue è quindi il minor costo conseguente al fatto che viene sfruttato per la loro produzione un processo industriale che ha ormai perso il brevetto”.

“Per garantire un reale accesso all’innovazione è indispensabile guardare al futuro in una sinergia istituzionale, medico-scientifica ed aziendale tra i principali stakeholder del sistema, pazienti inclusi – ha dichiarato Cristina Puggioli, Direttore farmacia clinica del Policlinico S.Orsola-Malpighi – in questo quadro, i servizi farmaceutici delle aziende sanitarie sono fortemente impegnati nel promuovere l’utilizzo dei farmaci biosimilari, consapevoli che i risparmi economici ottenuti dal loro utilizzo possono essere allocati verso altre nuove terapie sempre più costose”.

L’importanza di una valutazione complessiva da parte di tutti i decisori a livello regionale è stata sottolineata anche da Claudio Zamagni, direttore dell’Oncologia Medica del Policlinico S. Orsola-Malpighi che, nel corso del suo intervento, ha ribadito: “Il clinico è colui che garantisce rispetto al paziente che ha in cura tutto il percorso di valutazione che c’è stato a monte nella scelta e nella somministrazione di un farmaco biosimilare invece di un altro e che, tale scelta, sia stata fatta secondo criteri che, in primo luogo, garantiscano la disponibilità del trattamento in maniera continuativa”.

In relazione alla centralità degli aspetti qualitativi, il ruolo del clinico nella scelta del biosimilare è cruciale e, in proposito, Carlo Salvarani, Direttore Sc di Reumatologia dell’Ospedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia ha sottolineato che “al fine  di permettere un corretto e appropriato utilizzo dei farmaci biologici (inclusi i biosimilari),  in reumatologia è importante sia mantenuta l’autonomia decisionale del medico nella scelta del farmaco. In Italia l’Agenzia Italiana del Farmaco chiarisce che i medicinali biologici e biosimilari non possono essere considerati sic et simpliciter alla stregua dei prodotti generici, o equivalenti e che la scelta di trattamento rimane una decisione clinica affidata al medico prescrittore”.

“L’Aifa – ha proseguito Salvarani – considera i biosimilari come prodotti intercambiabili con i  corrispondenti originatori di riferimento e tale considerazione vale tanto per i pazienti naïve quanto per i pazienti già in cura. Resta però ancora aperto il problema della sicurezza e della efficacia della intercambiabilità nell’utilizzo di biosimilari  multipli della stessa molecola di riferimento; una risposta in materia sarà di grande importanza clinica, quando, a breve, saranno disponibili numerosi biosimilari per la stessa molecola di riferimento. Questo è un tema al quale bisognerebbe dare una risposta con un trial clinico controllato”.

Con riferimento al delicato tema della terapia delle malattie reumatiche Daniele Conti, dell’Associazione Malati Reumatici Emilia Romagna ha sottolineato che  “da parte della nostra associazione c’è la necessaria attenzione verso l’uso dei biosimilari che certamente rappresentano un’opportunità per il nostro servizio sanitario, oltre che per i pazienti che vedono così ampliarsi le possibilità di accedere alle terapie, purché questo utilizzo sia accompagnato da una corretta e doverosa informazione anche per quanto riguarda le diverse scelte che i clinici dovessero adottare in relazione alle terapie”.
19 luglio 2018
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