toggle menu
QS Edizioni - venerdì 19 aprile 2024

Governo e Parlamento

Divorzi e affidi. Il Cismai contro il Ddl Pillon: “Tutela gli adulti a discapito dei bambini”

immagine 17 settembre - A preoccupare il Coordinamento a tutela dell’infanzia sono, in particolare, l’obbligo di mediazione familiare, la netta divisione a metà del tempo da trascorrere con un genitore e con l'altro e la previsione di sanzioni a un genitore nel caso in cui il figlio si rifiuti di vedere l'altro genitore. IL DDL
“La trasformazione in Legge” del Ddl del senatore leghista Simone Pillon in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità segnerebbe, per il Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia (Cismai), “un pericoloso passo indietro nel percorso di tutela dei minori e di rispetto dei loro diritti”.

Il coordinamento lo scrive nero su bianco in una nota in cui esprime “viva preoccupazione” per le proposte contenute nel DDL 735 in cui “tutta – afferma - la sua impostazione, infatti, il DDL appare fortemente orientato a tutelare gli interessi degli adulti a discapito di quelli dei bambini”.

In particolare il Cismai segnala la criticità di alcuni punti:

ART. 7 punto 2: “I genitori di prole minorenni che vogliano separarsi devono - a pena di improcedibilità - iniziare un percorso di mediazione familiare…” “Pur consapevole dell’utilità della mediazione familiare in alcune situazioni”, il Cismai “insieme alla Comunità Scientifica riconosce la sua totale inapplicabilità nei casi di alta conflittualità tra le parti e nei casi di violenza domestica (come da art. 48 punto 1 della Convenzione di Instanbul del 2011, ratificata dall’Italia nel 2013, che ne vieta l’utilizzo nei casi di violenza)”.

ART.11 punto 2 sul “diritto del figlio di trascorrere con i genitori tempi paritetici o equipollenti... in ragione della metà del proprio tempo, compresi i pernottamenti”. “L’articolo – afferma il Coordinamento - sembra rivolto ad assicurare il rispetto dei diritti di entrambi i genitori in nome del principio della bigenitorialità, attribuendo però a questo concetto un valore concreto, traducibile in azioni, quali la divisione a metà del tempo e la doppia residenza dei figli”. Il Cismai ritiene che “questa interpretazione del concetto di bigenitorialità, leda fortemente il diritto dei minori alla stabilità, alla continuità, ed alla protezione, per quanto possibile, dalle scissioni e dalle lacerazioni che inevitabilmente le separazioni portano nella vita delle famiglie. Questo articolo teorizza la possibilità applicativa della divisione a metà di un figlio, ma questo significa considerare i minori alla stregua di beni materiali. Appare molto grave che a teorizzare questa divisione sia proprio lo Stato che dovrebbe invece essere il primo garante della loro protezione”.

Il Cismai ritiene che il concetto di bigenitorialità “riguardi l’impegno e la responsabilità che entrambi i genitori continuano a mantenere nei confronti dei figli dopo la separazione coniugale, e non abbia a che fare con il tempo materiale che ogni genitore passa con i figli, ma con il grado di assunzione di responsabilità nei confronti della loro crescita”.

Il Cismai esprime altresì “viva preoccupazione” riguardo l’ART. 17 del DDL che fa riferimento a quelle situazioni in cui il figlio manifesta il rifiuto di vedere un genitore, e prevede in ogni caso sanzioni all’altro genitore. “Pur sapendo che situazioni di manipolazione dei minori da parte di un genitore esistono, appare altamente lesivo dei diritti del minore supporre che il suo rifiuto di incontrare un genitore sia comunque da imputare al condizionamento dell’altro, non considerando invece il diritto del minore di rifiutarsi di mantenere un rapporto con un genitore che sia in vario modo inadeguato sul piano genitoriale o che lo abbia esposto a situazioni di violenza domestica”.

“Il tema dell’alienazione parentale – evidenzia il Cismai - è scientificamente controverso ed ogni specifica situazione va valutata attentamente da professionisti esperti. Il rifiuto di un bambino di frequentare il proprio genitore ha sempre delle ragioni psicologiche e relazionali che richiedono attenzione e competenza clinica per essere correttamente decodificate. Le situazioni  sono spesso complesse e non si risolvono con letture semplificate, ma il figlio ha diritto a che vengano capiti i motivi del suo rifiuto ed eventualmente curate le relazioni disfunzionali alla base di questo”.
17 settembre 2018
© QS Edizioni - Riproduzione riservata