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QS Edizioni - martedì 16 aprile 2024

Lavoro e Professioni

Legge Gelli ed assicurazione. Nessun obbligo senza i decreti attuativi

di Maurizio Hazan
immagine 24 luglio - A stabilirlo una pronuncia del Tribunale di Milano. E’ dunque fondamentale, per dar pieno sostegno e rinnovato abbrivio alla riforma, che la regolamentazione di secondo livello si completi, e che lo faccia celermente. Non possiamo correre il rischio, tristemente nostrano, che anche questa legge – naturalmente imperfetta ma fortemente innovativa – finisca nel gran calderone delle norme italiche incompiute.
Il Tribunale di Milano prende, per la prima volta, esplicita posizione sul tema della cogenza e dell’operatività temporale degli obblighi assicurativi introdotti dalla legge 24/2017 (artt. 10 e ss). Si tratta di una questione delicata, attesi i non trascurabili impatti della nuova disciplina assicurativa sul buon funzionamento del complesso sistema della nuova “sanità responsabile” disegnato dalla riforma “Gelli”.
 
Un sistema che, come noto, ruota, più che sulla responsabilità medica, attorno al concetto di (virtuoso) governo del rischio clinico/medico, in tutta la filiera del suo declinarsi: dalla sua ricognizione ed intercettazione preventiva, alla sua gestione in “sicurezza”, all’obbligo della sua copertura assicurativa. Obbligo, quest’ultimo, caratterizzato da una funzionalità che potremmo definire “double face” perché volta, da un lato, a sostenere una più serena presa in carico dei pazienti da parte degli esercenti. Dall’altro a garantire agli stessi pazienti, in caso di danno imputabile a responsabilità, una più sicura e rapida prospettiva risarcitoria (garantita dalle tasche capienti delle imprese di assicurazione e dai benefici dell’azione diretta).
 
Ciò posto, la pronuncia del Tribunale di Milano (ordinanza del 6 luglio 2018, sezione quattordicesima, estensore Anna Bellesi) si innesta al termine di un procedimento di urgenza avviato da un’impresa assicuratrice per far valere, nei confronti di un’altra, un preteso illecito concorrenziale consistente nella non applicazione - ad una linea di prodotto avente ad oggetto la copertura della colpa professionale di singoli medici - del regime di estensione temporale della garanzia previsto dall’art. 11 della legge Gelli.
 
Si doleva, in particolare, la ricorrente del fatto che quella polizza - in luogo di prevedere di default la retroattività decennale della copertura stabilita (in regime di claims made) dalla legge 24/2017- consentisse al professionista di liberamente modulare tale (eventuale) retroattività, con conseguente riconoscimento di sconti progressivi (correlati alla maggiore o minore ampiezza del range temporale della garanzia). Ciò, oltre a costituire un inadempimento delle previsioni di legge, avrebbe integrato una illecita distorsione del libero gioco concorrenziale, ponendo “fuori gioco” quelle imprese che, conformandosi al disposto di legge, avessero sempre esteso la garanzia alla retroattività decennale, con conseguente aggravio, e minor appetibilità sul mercato, delle relative condizioni di premio.

A parere di chi scrive una tal prospettazione accusatoria scontava una certa frettolosità, non considerando i numerosi dubbi interpretativi comunque sottesi all’invocato art. 11. Vi è, infatti, da chiedersi se la previsione di default di una retroattività decennale sia davvero necessitata od imposta dalla legge. Si può infatti mettere in discussione il fatto che tal retroattività sistematica integri una soluzione di garanzia sempre adeguata alle esigenze del singolo professionista, ben potendosi opinare il contrario ogni qualvolta questi abbia una “anzianità di servizio” inferiore alla decade.
 
Di più, le nuove regole dettate dalla direttiva IDD (2016/97/UE) in tema di distribuzione e, soprattutto, di POG (governo e costruzione dei prodotti assicurativi) dovrebbero escludere, anziché imporre, il rilascio di una garanzia con retroattività superiore all’effettiva esigenza di copertura del professionista assicurato (pena l’inadeguatezza della soluzione assicurativa in concreto proposta). D’altra parte, per i liberi professionisti (non dipendenti) l’art. 1 comma 26 della legge 124/2017 ha introdotto, a carico delle imprese, l’obbligo di proporre all’assicurato la possibilità di acquistare una polizza di r.c. con garanzia postuma, senza nulla imporre, invece, in tema di retroattività.

E si pensi, ancora, al legittimo dubbio circa il fatto che l’obbligo assicurativo di cui all’art. 11 sia posto soltanto a carico dell’assicurato e non dell’impresa assicurativa (in assenza di obbligo a contrarre): ragion per la quale il primo (il professionista, per intenderci) potrebbe assolverlo, ove trovasse una convenienza a farlo, ricorrendo alla combinata operatività di polizze diverse, dal regime temporale tra loro integrativo e dunque complementare.
Insomma, affermare che l’art. 11 della legge Gelli avesse davvero imposto a tutte le imprese di rilasciare sempre e comunque le proprie coperture di rc medica con clausola claims di retroattività decennale costituiva, di per sé, un piccolo azzardo.

Così come pareva di per sé scivoloso il tentativo di inferire naturalmente da una (pretesa) violazione di un obbligo di legge l’automatica configurabilità di un illecito concorrenziale. Molte, dunque, erano le armi di cui il Tribunale poteva disporre per rigettare l’istanza cautelare. Sennonchè il Giudice Meneghino ha preferito seguire la strada della c.d. ragione “più liquida” ossia la via più diretta, reperendo un argomento idoneo a superare ed assorbire in radice ogni altra discussione od elucubrazione interpretativa.

Ci riferiamo alla affermazione della non applicabilità – ad oggi perdurante – della disciplina assicurativa della legge Gelli.  E così, secondo l’ordinanza in commento – in adesione a quanto del resto propugnato in alcuni scritti dallo stesso autore della riforma (l’on. Gelli) - la soluzione dei numerosi dubbi interpretativi rimasti aperti dovrebbe esser demandata al decreto attuativo che, ai sensi dell’art. 10 comma 6 della legge 24/2017, è chiamato a specificare i contenuti minimi essenziali delle garanzie. Del resto, prosegue l’ordinanza, “l’art. 12 (riguardante l’azione diretta del danneggiato) subordina espressamente la propria efficacia all’entrata in vigore del suddetto decreto, statuendo, al sesto comma, che “Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6 dell'articolo 10 con il quale sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie”.

Forte di tali premesse il Giudicante conclude in modo perentorio e rotondo, affermando che “nelle more di un intervento regolamentare, gli obblighi in parola, ivi compreso l’obbligo di retroattività, non possono ritenersi operativi.”


Tale conclusione, drastica e tranciante, non sembra tener conto della possibilità di leggere in termini dissonanti la prescrizione dell’art. 12, la cui (espressa e specifica) applicabilità subordinata all’emanazione del decreto attuativo potrebbe far ritenere che tal regola valga solo per l’azione diretta, metre la restante parte della disciplina assicurativa (in assenza di eguale previsione temporale) potrebbe esser invece immediatamente cogente. Ma è sul piano dell’interpretazione razionale che la soluzione fornita dal Tribunale convince, essendo difficile immaginare un obbligo assicurativo i cui confini, ad oggi non perimetrati, finirebbero per vanificarne la portata e comunque per comprometterne, sotto il profilo della tassatività, la cogenza.

Pesa, inoltre (e l’ordinanza ne dà atto), la forza di un precedente: il parere n. 486 del 19/2/2015 con cui il Consiglio di Stato - prendendo posizione sulla Legge 189 dell’8 novembre 2012 (c.d. legge Balduzzi – aveva ritenuto che l’obbligo di assicurazione non potesse reputarsi operante fino alla pubblicazione e all’esaurimento della vacatio legis del decreto attuativo disciplinante le procedure ed i requisiti minimi ed uniformi dei contratti assicurativi.
Al di là di quanto sopra rimane, comunque, una considerazione di fondo. L’interpretazione – tutt’altro che peregrina – fatta propria dal Tribunale di Milano ha sostanzialmente svuotato di contenuti obbligatori la disciplina assicurativa della legge Gelli: e ciò sin tanto che la decretazione attuativa non vedrà la luce.

Ora, tornando a quanto si è detto in apertura, possiamo ancora una volta sottolineare quanto importante possa essere – a regime – la definitiva “messa a terra” delle nuove regole di gestione del rischio e responsabilità volute dalla legge 24/2017. Regole che si iscrivono a tutto tondo, con straordinaria attualità, nel contesto dei moderni sistemi delle responsabilità “obbligatoriamente assicurate”.

E’ dunque fondamentale, per dar pieno sostegno e rinnovato abbrivio alla riforma, che la regolamentazione di secondo livello si completi, e che lo faccia celermente. Non possiamo correre il rischio, tristemente nostrano, che anche questa legge – naturalmente imperfetta ma fortemente innovativa – finisca nel gran calderone delle norme italiche incompiute.

Sarebbe un peccato. E un’altra occasione persa di civiltà. Chi scrive confida che non possa esser così.

Maurizio Hazan
Avvocato esperto in diritto assicurativo e responsabilità sanitaria 
24 luglio 2018
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