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QS Edizioni - martedì 19 marzo 2024

Lavoro e Professioni

L’Odissea delle specializzazioni mediche. “Vedo tanti colleghi in lacrime, è andata male e rimarranno fuori dalla specialità dopo aver investito tutto in questo concorso...”. Lettera aperta di una specializzanda al ministro Grillo

di Sara Cerri
immagine 13 luglio - In una lettera al ministro della Salute una giovane specializzanda racconta le peripezie dei giovani medici che devono partecipare al corso di specializzazione. “Ci era stata fatta la promessa che lo studio, l’impegno e l’istruzione ci avrebbero resi liberi, liberi di scegliere. Signor Ministro, dov’è questa promessa? Io chiedo a gran voce che questa promessa venga rispettata!”
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera che una giovane dottoressa specializzanda al 1° anno ha indirizzato al Ministro della Salute Giulia Grillo.
 
Gentile Signor Ministro,
sono una sua giovane collega, specializzanda del 1° anno. Le scrivo alla luce degli ultimi avvenimenti che hanno riguardato il concorso per l’accesso alle Scuole di specializzazione. Affinché possa meglio comprendere il mio grado di sconcerto circa i recenti eventi, Le riassumo la mia situazione che condivido, peraltro, con tanti altri giovani colleghi.
 
Mi sono laureata a pieni voti l’anno scorso in un’Università del Nord Italia e mi sono abilitata alla professione del mese di Luglio, vale a dire una settimana prima del concorso SSM2018 (inaspettatamente, oserei dire a tradimento, anticipato rispetto all’anno precedente). Consapevole di non avere tempo per preparare adeguatamente il concorso, a causa della vicinanza con l’esame di stato (le ricordo le date: 10 Luglio l’esame di stato, 17 Luglio il concorso), mi iscrivo comunque al concorso sperando che le conoscenze accumulate negli anni e l’esperienza maturata frequentando, molto più di quanto fosse necessario, il reparto dove ho svolto il lavoro di tesi mi siano di aiuto.
 
Dunque, con la serenità di chi sa di non aver niente da perdere e conscia del fatto che molti colleghi stavano studiando da mesi, frequentando anche i costosissimi corsi di preparazione, il 17 Luglio ore 11.30 mi presento, sotto un cocente sole estivo, nella sede indicata. Finalmente dopo 3 ore di attesa mi siedo davanti al pc in un’aula altrettanto calda e affollata dell’Università Bicocca.
 
Trascorrono i 210 minuti previsti per la prova ed esce il punteggio. Ovviamente non clamoroso, ma meglio di quanto mi aspettassi. Comincia l’attesa della graduatoria. Inaspettatamente rientro tra i circa 6.900 che possono sperare di ottenere una borsa di studio. Scorrono gli scaglioni di scelta e finalmente, verso metà Settembre, è il mio turno. I posti in Oncologia (mia prima e in realtà unica scelta) sono esauriti, ma c’è ancora Radioterapia. Spinta anche dalla necessità di ottenere una borsa di studio, accetto il posto: Radioterapia è materia affine ad Oncologia e in più non troppo lontana da casa! Che altro potevo sperare? Inizia la disperata ricerca di una casa.
 
La presa di servizio è tra poco più di un mese e il tempo scarseggia. Nella stessa condizione sono altre migliaia di giovani medici, giovani professionisti. Trovo una stanza in un appartamento condiviso con studenti, condizione decisamente diversa da quella che mi ero immaginata dopo aver faticato tanto ed essere finalmente diventata un medico, un professionista. Passano le settimane, i ritmi di lavoro sono serratissimi, gli strutturati troppo indaffarati per spiegarti alcunché. La specialità non rispecchia quello che più mi piace fare e comincio a maturare l’idea di riprovare il concorso l’anno seguente cercando di studiare questa volta, per quanto lo consenta l’attività lavorativa. Con altri colleghi ricominciamo a studiare, ci troviamo a casa dell’uno o dell’altro, di sera, nei weekend di riposo.
 
Ancora una volta a sorpresa (ancora una volta a “tradimento”) il concorso viene ulteriormente anticipato al 2 Luglio. Addirittura prima dell’esame di Stato! Primo motivo di sconcerto. Penso poi ai colleghi (alcuni che conosco personalmente) che hanno pagato migliaia di euro per un corso di preparazione programmato immaginando una data simile a quella dell’anno precedente. L’anticipazione della data causa lezioni intensive, programmi ridotti etc. Per questi corsi però i miei colleghi hanno pagato fior di quattrini, sottolineo il dato economico dal momento che questo sembra essere per voi l’unico dato rilevante.
 
Comunque finalmente abbiamo la data, serriamo i ranghi, studiamo con ancora più motivazione, senza quasi prenderci un giorno di riposo. Ma il 2 di Luglio si avvicina e ancora non si sa nulla del numero di posti a disposizione, né le scuole accreditate. Secondo motivo di sconcerto. Provo a immaginare la reazione di un mio collega, magari costretto per motivi familiari a stare per forza vicino a casa, quando potrebbe scoprire che la Scuola di suo interesse non è stata accreditata. Dopo aver pagato la quota di partecipazione (ricordo ammonta a 100 euro).
 
Ma leggo meglio il bando: in effetti la quota va pagata dopo la pubblicazione del decreto integrativo. Perfetto allora! Questo collega al più avrà investito tempo in studio del tutto inutile ed eventualmente perso opportunità lavorative, ma poco importa la specialità prima di tutto (dicono). Siamo a fine giugno e del decreto integrativo ancora non c’è traccia. Ormai è chiaro che il numero di borse sarà dichiarato dopo lo svolgimento del concorso. E qui Signor Ministro è un susseguirsi di momenti di sconcerto e di fatti che francamente rasentano il ridicolo. Il mio caro collega di cui sopra, che per necessità familiari non può allontanarsi da casa, parteciperà al concorso senza sapere se effettivamente vi sarà un posto vicino a casa.
 
E spero per lui che almeno non abbia già pagato i 100 euro della quota di iscrizione come ho fatto io! Il concorso si svolge nelle consuete modalità, questa volta so cosa mi aspetta, ma non posso che rimanere ancora una volta allibita per l’attesa sotto il sole di mezzogiorno a luglio e per la solita aula affollata dove l’aria condizionata riesce a stento a mitigare il calore umano e di centinaia di computer in funzione. Ancora una volta scorrono i 210 minuti, esce il punteggio, molto meglio dell’anno scorso, ma temo non ancora sufficiente per le mie ambizioni.
 
Vedo tanti Colleghi in lacrime, anche quest’anno è andato male e probabilmente rimarranno fuori dalla specialità dopo aver investito tutto in questo concorso. È passata una settimana dal concorso: sul numero di borse ancora tutto tace, ma finalmente ho il tempo di leggere con calma la calendarizzazione degli scaglioni di scelta. Ennesimo momento di sconcerto e rabbia. Verranno chiamati i primi entro i primi di Agosto, poi un’inspiegabile pausa fino a fine a Agosto.
 
Vorrei, Signor Ministro, che ragionasse con me circa questa organizzazione a dir poco scriteriata. Ultima tra tutte le assurdità di questo concorso: la calendarizzazione degli scaglioni così organizzata obbligherà migliaia di professionisti a rimanere “in sospeso” per mesi. Questo all’atto pratico cosa comporta? Comporta non poter prendere impegni lavorativi o accettare offerte di lavoro che nel frattempo dovessero presentarsi. Vuol dire non poter dare congruo preavviso di licenziamento nel caso si lavorasse che, come dovrebbe sapere, potrebbe esporre il lavoratore ad una penale.
 
Per chi come me sta pagando un affitto (sa, Signor Ministro, molti colleghi non vivono più a casa dei genitori) vuol dire non poter dare il giusto avviso di disdetta con conseguente perdita dei soldi della caparra. Certo, siamo medici e il lavoro non manca, ma siamo anche giovani e per molti di noi questi sono i primi stipendi: perdere 1500 euro non è poco, non lo è per nessuno! Significa cercare in fretta e furia alloggi che non esito a definire “di fortuna”, in città lontane, con tutti i costi che ne conseguono, ancora una volta spesso a carico delle famiglie. Significa non poter nemmeno pensare ad un progetto di lavoro e di vita.
 
Ora, Signor Ministro, viviamo in tempi in cui si dice che noi giovani non facciamo figli, non ci sposiamo, non compriamo casa. Vorrei domandarLe: come potremmo farlo? Come potremmo anche solo pensarlo? Dove dovremmo comprare una casa, se a stento riusciamo a tenere una casa in affitto per pochi anni, se non addirittura pochi mesi? Appena dopo l’abilitazione ho avuto la fortuna di poter lavorare in una clinica riabilitativa dove ho potuto vedere con i miei occhi e toccare con mano tutti i problemi sociali e assistenziali legati all’anzianità, primo tra tutti la solitudine. Anziani sempre più soli con figli che lavorano a centinaia di chilometri di distanza, per cui provavo un’infinita tristezza. Ora, a distanza di pochi mesi, mi trovo a riflettere sul fatto che anch’io, come quei figli, ho lasciato mia mamma, vedova, ma che per fortuna lavora ancora, sola a distanza di tanti chilometri.
 
Mi domando se è davvero questa la società che vogliamo. Una società di giovani che, pur avendo ottenuto il massimo livello dell’istruzione possibile, non riescono nemmeno a pensare ad un progetto di vita o di lavoro a lungo termine, che ovviamente demotiva parecchio nell’impegnarsi. Mi domando se quello che si vuole è una schiera di medici frustrati e demotivati. Ci era stata fatta la promessa che lo studio, l’impegno e l’istruzione ci avrebbero resi liberi, liberi di scegliere. Signor Ministro, dov’è questa promessa? Io chiedo a gran voce che questa promessa venga rispettata!
 
Sara Cerri
Medico specializzando
13 luglio 2019
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