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QS Edizioni - venerdì 19 aprile 2024

Lettere al Direttore

L’omicidio del medico legale a Sanremo. Le questioni che solleva e sulle quali dovremmo riflettere

di M.Iannucci e G.Brandi
30 settembre - Gentile Direttore,
di fronte al numero crescente di sanitari mortificati, feriti o uccisi dai loro pazienti, appelli e buoni propositi si susseguono. Il fenomeno è riguardato in generale bypassando le storie particolari. Su una di queste abbiamo provato a soffermare lo sguardo, per non cadere nella superficialità sommaria cui non è il caso di delegare la soluzione del problema. Sono le storie che indicheranno la strada da perseguire per evitare la crescita della diffidenza, della rivendicazione, dell’odio e per prevenire il passaggio all’atto.
 
Il 28 settembre Giovanni Palumbo, sessantunenne medico legale di Sanremo, è stato ucciso a coltellate. Vincenzo Mercurio, il presunto omicida, è stato subito arrestato. Pare che un collega di Giovanni Palumbo, che ha assistito all’omicidio, abbia identificato il Mercurio, segnalandolo tempestivamente alla Polizia e consentendo l’arresto quasi in flagranza.
 
Da notizie di stampa apprendiamo che il presunto “killer” è rimasto in silenzio davanti al Giudice e che “già si profila una perizia psichiatrica”. Da altre notizie comparse sui media (seppure con l’atteggiamento prudente e misurato con cui tali notizie debbono essere sussunte) sembra di poter ricostruire un percorso che ha portato all’omicidio.
 
Vincenzo Mercurio ha sostenuto di essere stato sottoposto, nel 2012, a una visita oculistica nello studio privato di un oculista. A suo dire, durante quella visita, una collaboratrice dell’oculista, che secondo Mercurio non era medico, gli avrebbe somministrato uno o più colliri e avrebbe effettuato delle manovre strumentali sui suoi occhi. Dopo quella visita, quelle manovre e quelle somministrazioni farmacologiche, Vincenzo Mercurio ha lamentato una consistente diminuzione della vista. Da un occhio, in particolare, sarebbe diventato cieco o quasi completamente cieco.
 
A seguito di tale menomazione sensoriale (“iatrogena” a detta di Vincenzo Mercurio) egli sostiene di avere perso il lavoro (era commerciante ambulante) e di non avere più potuto pagare l’affitto di casa. Anche le sue relazioni familiari sarebbero state gravemente compromesse a causa della menomazione visiva “invalidante” (per la quale aveva fra l’altro richiesto il riconoscimento della invalidità civile). Ritenendo di essere stato gravemente danneggiato durante la visita oculistica del 2012, il Mercurio intenta all’oculista una causa civile, del cui esito nulla si conosce attraverso i media.
 
E’ verosimile che gli sviluppi legali delle azioni rivendicative nei confronti dell’oculista privato non abbiano soddisfatto Vincenzo Mercurio, il quale, nel marzo del 2014, si reca nell’ospedale dove lavora l’oculista e lo colpisce al volto con una mazza, procurandogli delle lesioni guaribili in trenta giorni. Per questo reato egli viene condannato a una pena detentiva di un anno e sei mesi, che però non sconta (forse “trascorse sette mesi ai domiciliari”; forse gli venne concessa la liberazione condizionale o altro beneficio?).
 
Pare in ogni caso che, nell’ambito della causa civile, Vincenzo Mercurio abbia incaricato un medico legale (la vittima dell’omicidio?) di effettuare una consulenza tecnica per documentare la causa “iatrogena” colposa del suo deficit visivo. Pare che tale medico legale non gli abbia mai consegnato l’esito di tale consulenza.
 
Nell’ottobre del 2015 risulta che Vincenzo Mercurio sia andato a incatenarsi davanti all’entrata del Municipio di Ventimiglia per chiedere l’intervento delle “Autorità” nel suo caso. In un articolo comparso su Riviera24.it si leggono queste parole a lui attribuite: “Mi sono incatenato qui davanti al comune per chiedere giustizia, non voglio farmi giustizia da solo!”.
 
In un cartellone che aveva affisso in quella circostanza si legge, fra l’altro, la seguente frase: “Chiedo alle autorità giudiziarie ed istituzionali l’aiuto a non farmi giustizia da solo. Le provocazioni sono ormai diventate asfissianti da parte di medici, avvocati e medico legale al timone dopo che un ‘FENOMENO’ di oculista negligente imprudente con i suoi esperimenti da deficiente Mi HA DISTRUTTO LA VITA”. Vincenzo Mercurio era tornato a incatenarsi a Ventimiglia nel 2016, dapprima davanti al Municipio (in occasione di uno sfratto per morosità) e quindi a una panchina sulla pubblica via.
 
Questi, dunque, gli antefatti che sembrano avere portato all’omicidio del medico legale. Quali riflessioni possiamo e dobbiamo avviare a partire da questa dolorosa vicenda?
 
La prima riflessione è sicuramente questa. Un uomo lamenta, avviando una causa civile presso un Tribunale dello Stato Italiano, di avere patito, per malpractice o per altri motivi, dei danni iatrogeni alla vista che sostiene essere stati gravemente invalidanti. Viene allora da chiedersi: qualora la causa fosse stata avviata, il Tribunale Civile al quale Vincenzo Mercurio si è rivolto ha ordinato oppure no una Consulenza Tecnica di Ufficio per stabilire se le doglianze del Mercurio avessero un fondamento?
 
Se la causa e la CTU ci sono state, qual è stato il loro esito? Se infatti la causa ci fosse stata e la CTU avesse ritenuto il deficit visivo del Mercurio non imputabile alla malpractice dell’oculista, considerando il livello altissimo delle recriminazioni del Mercurio stesso, perché il suo caso non è stato tempestivamente segnalato ai Servizi Sanitari competenti?
 
La valutazione psichiatrica si chiede soltanto ora, dopo che una vita è stata soppressa, dopo che delle lesioni sono state causate a un altro medico e dopo che tanti pregressi e importanti segnali di disagio sono stati ignorati? Vincenzo Mercurio si è incatenato per due volte davanti al Municipio, davanti alla casa di quella Autorità Sindacale che è anche responsabile della Salute di un territorio (il Sindaco firma, tra l’altro, le ordinanze dei Trattamenti Sanitari Obbligatori per malattia mentale). E’ possibile non sia stato colto il grave disagio, almeno esistenziale, che quell’uomo stava attraversando?
 
Siccome abbiamo da decenni una certa dimestichezza con la pratiche della Giustizia, possiamo fantasticare di altre ipotesi. Possiamo pensare che la causa ci sia stata ma che, a distanza di diversi anni, non sia ancora stata emessa una sentenza definitiva. Possiamo anche ipotizzare che Vincenzo Mercurio, in una situazione economica molto precaria, non si sia potuto permettere una difesa adeguata, con una consulenza tecnica (specialistica e medico legale) che lo soddisfacesse. Potremmo addirittura ipotizzare che il parere tecnico da lui richiesto non fosse a lui favorevole o non gli sia stato fornito per la sua impossibilità di pagarlo.
 
Molte ipotesi possiamo fare, ma sono tutte campate in aria. Una cosa è certa: visto che sembra sia stata chiesta una perizia psichiatrica, quante responsabilità (morali e giuridiche) dovremmo ricercare in altri nel caso in cui fosse stabilito, come vari “indizi” suggerirebbero, che Vincenzo Mercurio, al momento dell’omicidio, non era responsabile a causa di un ‘vizio totale di mente’?
 
Mario Iannucci
Gemma Brandi
Psichiatri psicoanalisti
Esperti di Salute Mentale applicata al Diritto
30 settembre 2018
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