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QS Edizioni - martedì 23 aprile 2024

Lettere al Direttore

Regionalismo differenziato e Fondi Sanitari. Relazioni pericolose?

di Fabio Florianello (Anaao Assomed)
16 novembre - Gentile Direttore,
l’analisi di Marco Geddes da Filicaia pubblicata qualche giorno fa pone l’accento, fra l’altro, sugli effetti del cosiddetto “regionalismo differenziato” che sembra avanzare in una completa assenza di dibattito. Con lo scenario attuale dei 21 SSR tra loro differenti destinato a peggiorare inevitabilmente con l’acquisizione delle autonomie richieste.
 
Le richieste regionali (Lombardia e Veneto in primis) in tema di sanità appaiono infatti -secondo Geddes- eversive rispetto alla tenuta di un sistema sanitario che intenda assicurare uguali diritti a tutti i cittadini. Una differenziata normativa regionale, infatti, verrebbe a mutare – di fatto – gli accordi nazionali contrattuali e offrire, nell’ambito del servizio pubblico, sistemi profondamente diversificati da regione a regione.
 
E’ il caso della maggiore autonomia regionale legislativa, amministrativa e organizzativain mate-ria di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi, che porterebbea gabbie contrattuali ter-ritoriali differenziate per un già complesso sistema di welfare aziendale.
 
Le parole di Marco Geddes offrono lo spunto per una serie di considerazioni riguardanti proprio i Fondi la cui diffusione, in applicazione delle maggiori autonomie regionali, sembra apparire sostanzialmente propedeutica ad una estensione dei Fondi stessi, con il rischio di accentuare lo stato di “crisi e disomogeneità” in cui versa il SSN. Crisi e disomogeneità contrarie all’erogazione di un servizio universalistico, peraltro già presenti oggi nel servizio sanitario.
 
I Fondi integrativi rappresentano nella situazione attuale la punta di un iceberg che poggia su un blocco, il sistema sanitario privato, che sta tentando nel Paese una forzosa emersione, a partire dalle Regioni a più alto tenore economico, approfittando della crisi attraversata dalla sanità pubblica.
 
Il livello di spesa privata giunto a superare nell’ultimo anno i 37 mld fornisce la leva per invocare l’incapienza e dunque la non sostenibilità del SSN.
In effetti i tagli inflitti negli ultimi anni su personale, strutture, tecnologia, ammodernamenti e manutenzione, sono stati un vero e proprio definanziamento del servizio pubblico e aperto la porta a reiterate proposte di intermediazione privata che, attraverso l’intercettazione di almeno una parte dei 37 mld, intenderebbero dare respiro economico all’incremento di richieste di assistenza e cure attenuando l’out of pocket.
 
La seconda considerazione riguarda il progressivo scostamento tra quanto garantito dal servizio pubblico (offerta) e le necessità reali o presunte tali delle persone (domanda) in relazione al mutato quadro demografico, epidemiologico e del concetto di salute alla base dell’impennata subìta dalle prestazioni private.
 
E’ in questo contesto che si inserisce la proposta di un’espansione nell’utilizzo dei Fondi con l’intento dichiarato di consentire l’accesso a prestazioni non coperte dalla sanità pubblica non solo attraverso il ricorso diretto al mercato sanitario, ma anche mediante la partecipazione alla mutualità volontaria come peraltro previsto dalla L.833/1978 (art. 46).
 
La terza considerazione riguarda il rapporto tra Fondi e SSN che, nell’assenza di chiare indicazioni applicative delle norme (anche dopo il decreto Sacconi del 2009), continua a rimanere senza una regolamentazione, in una sorta di laissez-faire che dà spazio ad ambigue oscillazioni tra integrazione e sostituzione. Ma che nell’ambito dei welfare aziendali sono sempre più orientate alla sostituzione.
 
Un’ ulteriore considerazione va all’appropriatezza delle prestazioni, in quanto i filtri utilizzati dal sistema pubblico non sono per lo più contemplati nei regolamenti dei Fondi che in gran parte permettono accesso diretto alle prestazioni o all’automatico successivo rimborso. E il meccanismo della franchigia e del rimborso anche parziale non sembra impedire aspetti di consumismo sanitario preoccupanti e difficilmente controllabili. La spesa sanitaria potrebbe in tal modo esplodere.
 
Scrive in proposito Ornella Mancin, Consigliere OMCeO-Venezia: se ho un banale mal di schiena e come cittadino voglio fare una RM, troverò il medico di famiglia che non me la prescriverà come prestazione a carico del SSN, ma avrà difficoltà a negarmela se io aderisco a un Fondo integrativo che me la rimborsa totalmente.
 
Da non trascurare, infine, il fatto che un’estensione priva di controllo dei Fondi, avvantaggiati da specifiche agevolazioni fiscali in deducibilità e detrazioni, verrebbero di fatto a sottrarre finanzia-menti alla fiscalità generale e quindi indirettamente al finanziamento del servizio pubblico a scapito di tutti i cittadini.
 
In sintesi, inaugurati ufficialmente al fine di dare integrazione al livello di copertura del SSN l’incontrollata e disorganizzata diffusione dei Fondi, applicata in ambito di regionalismo differenziato totalmente autonomo, potrebbe venire a trasformarsi in uno strumento sostitutivo della copertura sanitaria pubblica.
 
Si aggraverebbe così il livello diseguaglianza tra regioni e all’interno della stessa regione, si accentuerebbe l’iperframmentazione e l’eterogeneità nell’accesso alle prestazioni e ai servizi e si realizzerebbe uno scenario di preoccupante iniquità.
 
In un paese che ha la spesa sanitaria pubblica pro-capite fra le più basse dell’Europa occidentale un’impostazione di tale stampo sarebbe deleteria non solo per il SSN, ma anche per la tenuta nel tempo dei Fondi stessi. Che, avendo infatti impostato l’offerta di prestazioni su un calcolo economico basato sulla tenuta implicita del welfare pubblico, non potrebbe reggere ad un aumento incontrollato di prestazioni e rimborsi conseguenti ai tagli del servizio pubblico.
 
In sintesi, pur senza esprimere un’ideologica contrarietà all’utilizzo dei Fondi Sanitari, approfittare del regionalismo differenziato per dar luogo ad un’operazione di spostamento, più o meno dichiarato, verso un sistema sanitario a maggiore impronta privata, favorirebbe la fine del servizio sanitario universalistico, equo e solidale incrinando quella tutela della salute pubblica che la lungimirante visione di quarant’anni fa aveva pensato a garantire.
 
Fabio Florianello
Componente Esecutivo Nazionale Anaao Assomed
16 novembre 2018
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