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QS Edizioni - martedì 19 marzo 2024

Lettere al Direttore

I “braccianti della Sanità”

di Antonella Draghessi
14 aprile - Gentile Direttore,
giungono come pietre le dichiarazioni del nostro coraggioso Ministro della Salute Giulia Grillo, la quale denuncia una situazione di stallo nell’ambito della formazione medica post-laurea, con particolare riferimento alle migliaia di professionisti intrappolati nel limbo dell’imbuto formativo e dichiara la ferma resistenza di poche e isolate realtà associative e sindacali, che sembrerebbero opporsi fermamente ad una riforma strutturata, unica possibilità che possa consentire la sostenibilità e la prosecuzione dell’erogazione dei servizi sanitari a tutti i cittadini.
 
Che manchino specialisti ospedalieri è ormai tristemente noto, ma ciò che accade in materia di Assistenza Primaria, fuori dai confini degli istituti di cura più prestigiosi e dalle sale d'aspetto degli INRCA, degli Ospedali Clinicizzati o da tutte le realtà ospedaliere perfettamente circoscritte e delineate, è meno lapalissiano.
 
Queste stesse sigle sindacali e Federazioni dovrebbero e, se mi è consentito, avrebbero dovuto già farlo da tanti anni, lottare duramente in prima linea, al fianco dei professionisti della salute che spesso lavorano in condizioni precarie e al limite della legalità, per favorire e sostenere il fisiologico nonché necessario processo di rinnovamento del nostro SSN, sia sul fronte ospedaliero e specialistico, sia soprattutto sul fronte dell’ Assistenza Primaria.
 
Nonostante vi siano ad oggi diverse migliaia di medici che, da anni, operano quotidianamente nel SSN, svolgendo incarichi temporanei nelle postazioni di Continuità Assistenziale, nella Medicina Generale, in quella dei servizi o in ambito emergenziale, questi professionisti della salute lavorano in virtù di una cronica carenza di personale, ma nello stesso tempo esercitano la loro professione violando le direttive imposte dalla Comunità Europea (art.29 DIRCEE 36/2005, tanto per citarne uno).
 
Tali leggi obbligano gli stati membri a far si che questi stessi incarichi vengano ricoperti da medici che abbiano completato la formazione e che siano quindi in possesso dei titoli necessari. L’Italia ha perciò ignorato le direttive dell’Unione Europea a fronte di una assente programmazione e un risicato numero di figure adeguatamente formate e ha consentito a tali medici sì di lavorare, ma senza alcuna possibilità di veder riconosciuto il loro sforzo, perpetuato negli anni, di mandare avanti i servizi essenziali del SSN, in quanto tutti destinati al precariato.
 
Quindi coloro i quali, per scelta o necessità, si trovassero a lavorare nell'ambito dell'Assistenza Primaria, da troppi anni ormai, si sono dovuti accontentare delle briciole di un sistema lavorativo che, da una parte, esige dei requisiti ma dall'altra, sotto la stretta morsa dell’imbuto formativo, non consente ai più di acquisirli. Tra l'altro la forbice numerica tra semplici medici laureati e i pochi che completano la formazione è tristemente destinata ad aumentare.
 
Come se non bastasse ora arriva una legge per cui i corsisti di Medicina Generale, già al primo anno di formazione, entrano in graduatoria per ottenere la tanto ambita convenzione. Un vero peccato che sia stato stralciato via l’emendamento 9.2 che avrebbe consentito l’accesso al corso di formazione in Medicina Generale a tutti i medici che, oltre ai 12 mesi di rapporto convenzionato, avevano superato lo stesso concorso con punteggi utili ed erano risultati “idonei non vincitori di borsa”. Sarebbe stato un modo intelligente per vedere riconosciuti da un lato i meriti di chi un concorso lo ha superato e dall’altro le fatiche di chi ha lavorato consentendo al SSN di non chiudere i battenti (per lo meno relativamente ai servizi in questione).
 
Sono loro i "braccianti della sanità", medici usa e getta, che da anni vengono ignorati e dimenticati da tutti, sindacati compresi, nonostante oggi il termine “camice grigio” sia estremamente in voga.
 
Figli di un "Ippocrate minore", da anni sostengono il Sistema Sanitario dagli avamposti di periferia, spesso carenti quasi del tutto di strumenti diagnostici, esposti ad altissimo rischio di burn out, soli davanti a pericoli di ogni genere e a volte quasi costretti, in caso di volontà o necessità di lavorare, a farlo solo ed esclusivamente di notte e durante le festività e per periodi che durano il tempo di un incarico trimestrale o, per i più fortunati, semestrale.
 
Ma è corretto delegittimare il diritto a completare la formazione e quindi lasciar fuori tutti questi medici da un qualsiasi inquadramento lavorativo che esuli dal precariato? Davvero questi medici non meritano la possibilità di ottenere i titoli necessari alla loro stabilizzazione, né tantomeno di proseguire il proprio percorso lavorativo? Ci sono giovani che vedono sfumate le loro ambizioni formative e altri meno giovani che sono padri e madri di famiglia, che vorrebbero proseguire la loro carriera in modo più sereno.
 
Io mi chiedo davvero come sia possibile che al contrario, un neovincitore di borsa, che potrebbe essere un medico neoabilitato senza neanche un giorno di esperienza lavorativa alle spalle, possa trovarsi a gestire centinaia di pazienti in convenzione. Come è possibile creare delle corsie preferenziali a discapito di altri che sono costretti a proseguire la loro "carriera" da precari, così come lo sono stati fin'ora e hanno l’unica colpa di indossare un camice grigio?
 
Non possiamo andare avanti con questi camici ingrigiti, perché il camice è bianco per antonomasia e noi siamo fieri di indossarlo, dal primo all’ultimo giorno della nostra carriera.
 
Dott.ssa Antonella Draghessi
Medico, Fermo
14 aprile 2019
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