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QS Edizioni - martedì 23 aprile 2024

Lettere al Direttore

Per la medicina territoriale serve un rinnovamento epocale

di Manuela Petino
9 settembre - Gentile Direttore,
sarebbe incredibile poter schioccare le dita e trasformare la medicina territoriale in un marchingegno perfetto. Ma ad ogni problema complesso corrisponde una risposta altrettanto complessa.

Sembra che in questi mesi, in Italia, una schiera di attori dell’opinione pubblica, medici, politici e membri sindacali, convocati a dare voce alle proprie idee, non abbia compreso quanto il mondo della medicina generale e delle cure primarie sia articolato, e rivoluzionarlo senza ascoltare chi lavora al suo interno un fallimento dietro l’angolo.
Sembra che il perno della discussione sia diventato il tipo di contratto da stabilire con il SSN, ovvero l’alternativa tra convenzione e dipendenza. Ma in realtà la soluzione alle inefficienze del sistema territorio andrebbe ricercata più nel profondo.
Come un bravo medico farebbe, iniziamo dal principio: che sintomi ha la crisi in cui la medicina del territorio è piombata?

Anamnesi patologica prossima
2020. Centinaia di nuovi contagiati in diversi Paesi del mondo aprono la pista alla più grande emergenza sanitaria del XXI Secolo. I numeri crescono, i casi gravi aumentano, le terapie intensive si riempiono. Non esiste un trattamento efficace. I medici di famiglia rispondono in maniera frammentaria, chi dando la vita, chi rintanandosi nel proprio ambulatorio. Il SSN è al collasso.
Se in senso metaforico il paziente è l’SSN, le persone decedute, ricoverate, insoddisfatte del servizio di cura sono il sintomo che ci sta a cuore e che analizzeremo.

Anamnesi patologica remota
1978. Nasce il SSN con l’intento di garantire i principi di equità, uguaglianza e diritti di cui la Costituzione Italiana si fa portavoce (art. 32).

1992. Si avvia il processo di aziendalizzazione delle strutture sanitarie, che da componenti capillari di un Servizio nato per garantire il diritto alla salute collettiva, diventano luoghi in cui il Sistema deve funzionare, concentrare le prestazioni più efficaci ed appropriate, evitando bilanci negativi. Un sistema dove i medici possono prestare attività sia pubblica che privata e dove spesso le liste d’attesa sono interminabili.

2001. Riforma del Titolo V: la Sanità viene delegata alle Regioni. Inevitabile diventa l’avvio di un processo di regionalismo differenziato: frammentazione strutturale, disomogeneità organizzative, crescita del turismo sanitario. Nel 2018, 740000 pazienti migrano dalla propria casa verso regioni distanti, per raggiungere servizi migliori o più rapidamente accessibili: 100000 migrano in Lombardia, regione in cui il livello delle cure è iperspecializzato, per cui la Regione non solo riceve un rimborso proporzionale alle prestazioni erogate, ma più alto perché la cura che eroga è a livello più elevato di specializzazione.

Così, nello stesso anno in cui la Lombardia riceve in credito 809 milioni di euro, la Campania ne perde 55 (Ministero della Salute, 2018).

2010-19. Si susseguono tagli al SSN per un totale di circa 37 miliardi euro, a fronte di un aumento di 8,8 miliardi di fabbisogno sanitario nazionale (GIMBE).

Piano di cura e conclusioni
La medicina territoriale deve essere pronta a un rinnovamento epocale.
Investire sulla digitalizzazione (p.1 del PNRR), non solo attraverso l’implementazione della telemedicina e di cartelle cliniche digitali, ma soprattutto tramite la creazione di un unico sistema di raccolta dati; deburocratizzare i settings, lasciando che i medici tornino ad essere prima di tutto clinici, non firmacarte; sostenere la formazione, trasformando il corso di formazione in MG in una Scuola di Specializzazione con formazione ad hoc, costruita sulla base di un core curriculum, sono solo alcuni dei tasselli di cui il Sistema ha bisogno.

Concordo con il Prof.Cricelli (SIMG) quando scrive: “non sono la proprietà o lo stato giuridico a determinare la qualità, ma l’organizzazione, la sapiente allocazione delle risorse e la consapevolezza che contano; sono i risultati e il beneficio di salute percepito dai cittadini a fare la differenza”

Concordo con il Dr.Bartoletti (FIMMG) quando dice che l’ultimo baluardo della medicina generale è la relazione di fiducia medico-paziente.

Eppure in Italia siamo bravissimi nel distruggere ciò che di buono si è costruito. Più o meno consapevolmente e con differenze tra singoli casi, infatti, il medico di famiglia è oggi per molti un punto di riferimento insostituibile. Amico, professionista, confessore, rompiscatole quando si tratta di smettere di fumare o di iniziare attività fisica, l’MMG (quello vero) è una figura a cui il SSN non può rinunciare.

E allora vi chiedo: vogliamo che un sistema iperspecializzato, dimentico delle cure primarie, prenda il sopravvento? Siamo certi di voler rinunciare al rapporto di cura più umanizzante e a più alta compliance che il nostro SSN abbia mai conosciuto?

Nei prossimi anni la transizione epidemiologica determinerà una riduzione di autonomia degli anziani, che dovranno essere curati attraverso servizi prossimi al domicilio.
Invertire il flusso di cura, raccogliendo tutte le prestazioni all’interno di hub, determinerebbe depersonalizzazione della cura e accentuata distanza tra operatori e bisogno.

Il mio contributo all’opera di rivoluzione della Medicina Territoriale è un’espressione continua di idee, nella certezza che solo un modello operativo dinamico e interdisciplinare, dove si possa lavorare in gruppo, ci farà compiere un passo degno dell’altezza a cui siamo chiamati.
Elementi fondamentali quanto una formazione specifica, creata secondo un progetto preciso, che tanga conto di numeri e qualità. Basti pensare che nei prossimi 3 anni, a fronte dei pensionamenti, ci sarà carenza di 12500 unità, per capire che il modello attuale non è sostenibile.

Infine, mi faccio portavoce di chi vuole custodire i pilastri della relazione di cura: personalizzazione dei processi e continuità assistenziale – non solo in termini di ore, ma di continuo accompagnamento del paziente - in salute e in malattia, nel ventaglio di umanità di cui solo questo mestiere può essere dotato, sono tesori inestimabili: dalla morte del genitore e al matrimonio della figlia, dall’accesso allo screening del tumore alla mammella alla frustrazione per le lunghe liste d’attesa, dalle ferite che generano disturbi psichiatrici alla fragilità degli ultimi attimi, alla gioia dell’incontro nella sofferenza.

È la ragione per cui ho scelto di essere un medico di famiglia, e la difenderò ad ogni costo.

Manuela Petino
Giovane medico CFSMG Regione Lazio
9 settembre 2021
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