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QS Edizioni - giovedì 25 aprile 2024

Regioni e Asl - Piemonte

Torino. A tre anni da avvio del termovalorizzatore del Gerbido nessuna contaminazione da metalli nei lavoratori

immagine 21 marzo - Un’indagine condotta su 35 lavoratori in servizio fin dall’apertura dell’impianto mostra che a tre anni dall’assunzione per la concentrazione di metalli nelle urine è nella norma. Risultati analoghi sono stati riscontrati in un campione di 30 lavoratori dipendenti di aziende esterne a cui sono state commissionate mansioni che comportano una maggiore esposizione a inquinanti.
I lavoratori del termovalorizzatore  di Torino in zona Gerbido non presentano contaminazioni da metalli: dopo tre anni dall’entrata in funzione, i livelli di metalli rilevati nelle urine degli addetti alle lavorazioni  sono infatti tutti  sotto i limiti di esposizione professionale.

Lo ha chiarito l’ultimo Report pubblicato all’interno dello Studio di sorveglianza della salute della popolazione nei pressi del termovalorizzatore (SPoTT), per indagare gli effetti sulla salute indotti dall’impianto.

Questi dati sono ulteriormente confermati dalle rilevazioni ambientali in impianto che mostrano concentrazioni di metalli in aria inferiori al limite di rilevabilità strumentale e quindi non evidenziano la presenza di un’esposizione professionale.

Il controllo fa parte del sistema di sorveglianza promosso dall’attuale assessore alla Sanità Antonio Saitta ai tempi in cui rivestiva il ruolo di presidente della Provincia. È progettato e condotto dai Servizi di epidemiologia regionali, Asl TO3, Arpa Piemonte, Asl TO1 e Istituto Superiore di Sanità, su coordinamento di Antonella Bena.

Il monitoraggio sanitario sui lavoratori dell’impianto rappresenta un riscontro importante, che avviene  dopo tre anni dal primo controllo, effettuato in fase di assunzione. Lo scopo era quello di capire se, dopo tre anni di lavoro, gli addetti risultavano contaminati da inquinanti che potrebbero essere presenti in fumi e polveri del termovalorizzatore in questione.

Come ulteriore supporto allo studio, sono state condotte due campagne di monitoraggio ambientale indoor per definire l’esposizione a inquinanti all’interno dell’impianto.

Il  report, redatto dal Servizio Sovrazonale di Epidemiologia dell’Asl TO3 in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, è l’ultimo di sette documenti che riportano in modo esplicativo e completo i risultati dei diversi inquinanti determinati, nei residenti e nei lavoratori, nelle tre fasi del Programma  di sorveglianza denominato SPoTT.

Il campione era composto dai 35 lavoratori del termovalorizzatore, presenti in servizio tutti fin dall’apertura dell’impianto e che continuano a lavorare dentro l’impianto. Analizzando i risultati a tre anni dall’assunzione, si riscontra che la maggior parte dei metalli indagati presenta concentrazioni significativamente più basse di quelle osservate precedentemente. Fanno eccezione il manganese, il platino e l’antimonio per cui i valori dell’ultimo controllo sono più alti dei valori iniziali; questo trend in lieve aumento è verosimilmente da attribuirsi a esposizioni complesse relative sia all’ambiente sia allo stile di vita.

In particolare, vengono ricercati nelle urine metalli e metaboliti ossidrilati degli idrocarburi policiclici aromatici; nel sangue piombo, policlorobifenili e diossine. Come da impegni iniziali, alle persone coinvolte viene fatto anche un check-up generale sullo stato di salute valutando i parametri ematologici e urinari di base, la funzionalità endocrina e respiratoria, il calcolo del punteggio del rischio cardiovascolare.

Contestualmente, considerato che le mansioni potenzialmente più esposte alle sostanze pericolose erano state prevalentemente affidate a imprese esterne con contratti in appalto, si sono coinvolti nei controlli anche altri 30 lavoratori appartenenti a 4 imprese in appalto operanti continuativamente nelle aree citate (avanfossa, area scorie, fossa rifiuti).

I risultati sono in linea con quelli riscontrati per i lavoratori del termovalorizzatore operanti sulle linee, eccetto per berillio e piombo che mostrano concentrazioni leggermente più elevate benché simili a quelle segnalate in letteratura per lavoratori in altri impianti di incenerimento. Arsenico, manganese e platino rivelano invece concentrazioni inferiori.

In conclusione, in base ai risultati ottenuti, i tecnici ritengono che, in assenza di particolari emergenze ambientali, in futuro sia utile continuare ad avvalersi dei  monitoraggi dell’aria in ambiente di lavoro come strumento di controllo delle esposizioni lavorative senza procedere a ulteriori monitoraggi biologici.
21 marzo 2018
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