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QS Edizioni - martedì 19 marzo 2024

Scienza e Farmaci

Diabete. Ecco le nuove Linee guida italiane presentate oggi 

immagine 17 maggio - Tante le novità dei nuovi Standard di cura del diabete, redatti a quattro mani da SID e AMD. Cambia l’algoritmo di trattamento del diabete tipo 2: largo ai farmaci innovativi, retrocesse sulfaniluree, glinidi e acarbose. Terapia sempre più ‘su misura’, con obiettivi ‘flessibili’ a seconda del paziente. Vaccinazioni e  inibitori di PCSK9 entrano nelle linee guida.
Presentata a Rimini la nuova edizione delle linee guida italiane sul diabete, (gli ‘ Standard italiani per la cura del Diabete’), scritte a quattro mani dall’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID).
 
Tante le novità dell’edizione 2018, ma quella più impattante per la pratica clinica, riguarda il nuovo algoritmo terapeutico. Da anni i farmaci ‘tradizionali’ per la cura del diabete mellito (sulfaniluree e glinidi) sono sul banco degli imputati per l’elevato rischio di ipoglicemia, soprattutto nel paziente anziano con insufficienza renale e per l’elevato rischio cardiovascolare emerso dagli studi di confronto con i nuovi farmaci. Ma nelle linee guida internazionali, come nelle precedenti edizioni degli Standard italiani, i farmaci ‘tradizionali’ venivano messi sullo stesso ‘gradino’ rispetto a quelli di nuova generazione (inibitori di DPP4, analoghi di GLP-1, gliflozine), subito dopo la metformina (che anche in queste linee guida viene indicata come il primo farmaco da utilizzare nel trattamento del diabete di tipo 2). In altre parole finora, per ottenere un buon compenso glicemico, al fallimento della monoterapia con metformina si poteva scegliere tra un ‘paniere’ di farmaci che vedeva le nuove molecole accanto a quelle ‘tradizionali’.
 
Da oggi non è più così. Almeno non per le linee guida italiane. Nel nuovo algoritmo di terapia, al secondo gradino della terapia anti-diabete di tipo 2, subito sotto la metformina, compaiono solo le molecole di ultima generazione. I farmaci tradizionali (sulfaniluree, glinidi, acarbose) vengono retrocessi ‘in serie C’, non vengono insomma più consigliati tra le molecole da utilizzare in prima battuta, insieme alla metformina o come prima scelta per il diabete di tipo 2, in caso di intolleranza o controindicazione alla metformina.
 
“Sulla base del profilo complessivo di efficacia, tollerabilità e sicurezza – spiega il professor Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Diabetologia - pioglitazone, inibitori DPP4, agonisti del GLP1 o inibitori di SGLT2 sono preferibili rispetto a sulfaniluree, glinidi o acarbose che costituiscono farmaci di seconda scelta. La scelta dei farmaci da aggiungere alla metformina deve essere effettuata tenendo conto delle caratteristiche del paziente, comprese le comorbilità, i rischi e i benefici di ciascun farmaco, individualizzando cioè  terapia”.
 
Quale trattamento per il diabete: safety first ed effetti ‘extra-glicemici’
Pazienti obesi: preferire i farmaci che riducono il peso (agonisti GLP1 e inibitori SGLT2) o quelli che non determinano aumento di peso, quali gli  inibitori DPP4.
 
Pazienti con pregressi eventi cardiovascolari e non sufficientemente controllati con la metformina, o che presentino intolleranza o controindicazioni alla metformina: SGLT-2 inibitori, GLP-1 agonisti a lunga durata d’azione e pioglitazone devono essere considerati farmaci di prima scelta, salvo controindicazioni.
 
Soggetti che, per età avanzata, comorbilità, uso di macchinari o guida protratta di veicoli, sono a rischio di subire conseguenze gravi dall’ipoglicemia, è preferibile non utilizzare le sulfaniluree, in particolare, la glibenclamide, che si associa ad un rischio di ipoglicemia maggiore anche rispetto alle altre sulfaniluree”.
 
Trattare per obiettivi ‘flessibili’.
L'obiettivo di cura prevede il raggiungimento di target glicemici ben definiti, poiché il superamento di tali target si associa ad un maggiore rischio di insorgenza di complicanze, acute o croniche, legate al diabete.
 
I target possono tuttavia essere differenziati a seconda della tipologia di paziente, tenendo in considerazione sia aspetti clinici, che altri legati alla condizione sociale e personale per paziente. Nel caso del diabete di tipo 2, la novità di questi Standard consiste nel declinare l'obiettivo di emoglobina glicata da raggiungere, anche a seconda della terapia farmacologica adottata.
 
Così, laddove si preveda l’impiego di farmaci in grado di determinare ipoglicemia (insulina, sulfaniluree o glinidi) vi è indicazione a mantenere l’obiettivo di emoglobina glicata da raggiungere a livelli più elevati (tra 6,5% e 7,5%).
In caso di impiego di farmaci in grado di causare ipoglicemia, è bene anche tener conto della presenza di condizioni che ne possano aumentare ulteriormente il rischio (infanzia ed adolescenza, età molto avanzata, presenza di comorbilità). In questi casi, può essere opportuno mantenere l’emoglobina glicata a livelli relativamente più elevati, fino ad un massimo di8,0%.
 
Al contrario, nei casidi diabete non complicato e trattati con farmaci che non determinano ipoglicemia si potrà spingere l’obiettivo di glicata da raggiungere al 6,5%.
 
I centri diabetologici ti salvano la vita.  
“Un importante aspetto emerso dalla revisione della letteratura ed evidenziato dai nuovi Standard di Cura – sottolinea il dottor Domenico Mannino, presidente dell’Associazione Medici Diabetologi - è la riconferma del prezioso ruolo svolto dai servizi diabetologici specialistici. Sempre più evidenze, infatti, mostrano come le popolazioni di pazienti che seguono un percorso di cura avviato e gestito dallo specialista diabetologo presentino rilevanti benefici in termini di efficacia terapeutica, miglior qualità di vita, riduzione delle complicanze e della mortalità, maggior sostenibilità della spesa sanitaria.
 
Il nostro auspicio è che, come le precedenti edizioni, anche gli Standard 2018, fornendo raccomandazioni e obiettivi aggiornati per la corretta diagnosi e il trattamento appropriato del diabete e delle sue complicanze,siano un’utile guida a disposizione di clinici, ricercatori e di tutti i professionisti coinvolti nella cura di questa patologia”.
 
Vaccinazioni
Entrano a pieno titolo anche nelle raccomandazioni degli standard di cura. Non solo anti-influenzale e anti-pneumococcica, ma anche i vaccini anti- morbillo-parotite-rosolia, anti-varicella-zoster e anti-meningococco sono raccomandati nei soggetti con diabete.
 
“Oggi disponiamo di vaccini sicuri ed efficaci  – afferma il professor Giorgio Sesti - che possono ridurre notevolmente il rischio delle gravi complicanze di queste malattie. I soggetti diabetici hanno adeguate risposte sierologiche e cliniche in risposta a queste vaccinazioni. Alla luce di queste evidenze, è dunque opportuno raccomandare che i soggetti con di diabete si sottopongano alla vaccinazione anti-influenzale annuale e, almeno una volta nella vita negli adulti con diabete, alla vaccinazione anti-pneumococcica, con una singola rivaccinazione per i soggetti con età superiore a 64 anni, che abbiano già effettuato una prima vaccinazione più di 5 anni prima. 
 
Le persone con diabete dovrebbero inoltre sottoporsi, anche in età adulta, alla vaccinazione anti-morbillo-parotite-rosolia, qualora non risultassero immuni anche ad una sola delle tre patologie incluse nel vaccino.
Le persone con diabete tipo 1 sono esposte ad un maggior rischio di infezione meningococcica invasiva. Pertanto, si raccomanda l’immunizzazione con vaccino anti-meningococco coniugato nei soggetti diabetici tipo 1.
 
L’Herpes Zoster è una malattia debilitante causata dalla riattivazione del virus silente nei gangli del sistema nervoso. La presenza di diabete può aumentare il rischio di patologia da herpes zoster o aggravarne il quadro sintomatologico. Oltre ai soggetti anziani dunque la vaccinazione andrebbe offerta ai soggetti con diabete”. 
 
Terapia anti-colesterolo: gli inibitori di PCSK9 entrano nei nuovi Standard
Gli inibitori di PCSK9 nuovi e potenti strumenti terapeutici contro il colesterolo, da poco disponibili in Italia. Vengono somministrati per via sottocutanea a cadenza quindicinale o mensile e sono in grado di ridurre in maniera importante i livelli di colesterolo LDL nei pazienti già sottoposti a trattamento con statina. Gli studi focalizzati sulla popolazione diabetica hanno mostrato risultati molto positivi sulla riduzione del colesterolo LDL. “Pertanto – afferma il professor Sesti - gli inibitori della PCSK9 possono trovare impiego nei soggetti diabetici con i profili di rischio cardiovascolare più alti, nei quali le statine non sono sufficienti a raggiungere l’obiettivo terapeutico o nei pazienti con intolleranza alle statine”.
17 maggio 2018
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