toggle menu
QS Edizioni - giovedì 25 aprile 2024

Scienza e Farmaci

Linfedema dopo tumore al seno. Densità mammella prevede il rischio

di David Douglas
immagine 19 novembre - Nelle pazienti con tumore del seno che si sono sottoposte a resezione dei linfonodi ascellari, la densità mammografica della mammella è tra i fattori associati al rischio di andare incontro a linfedema. L’evidenza emerge da una ricerca pubblicata da JAMA Network Open e condotta da un gruppo di scienziati coordinato da Fei-Fei Liu, del Princess Margaret Cancer Centre di Toronto.
(Reuters Health) – Il linfedema è una complicanza chirurgica che si verifica in circa il 20% delle pazienti con cancro del seno che si sottopongono a resezione dei linfonodi ascellari. Questo rischio quasi raddoppia quando al trattamento chirurgico si associa radioterapia o chemioterapia. Inoltre, la patologia diventa sempre più difficile da trattare con il tempo, a causa della progressiva fibrosi.
 
 
Lo studio. Fei-Fei Liu e colleghi, del Princess Margaret Cancer Centre di Toronto, hanno esaminato i dati raccolti su 373 donne con età media di 52,3 anni. Tutte avevano completato la terapia dopo la prima diagnosi di tumore al seno. Dall’analisi multivariata è emerso che età, indice di massa corporea (BMI) e densità mammografica erano tra i fattori prognostici indipendenti associati al linfedema, così come il numero di linfonodi patologici e la resezione dei linfonodi ascellari.

Nei test di convalida del modello, poi, è emersa una correlazione moderata, ma statisticamente significativa, tra il volume del linfedema misurato e quello previsto. L’area sotto la curva era di 0,72 nel predire il linfedema lieve e di 0,83 per il linfedema grave.

“Attualmente, a circa un terzo dei pazienti viene diagnosticato un linfedema nelle fasi avanzate”, spiega Liu. “Abbiamo sviluppato un modello matematico per predire la morbidità del linfedema, sulla base del quale le pazienti con bassa densità del seno sono a maggior rischio di sviluppare un linfedema grave. Individuare chi è a maggior rischio, con questo modello potrebbe aiutare nell’identificazione delle pazienti per trattarle subito”.

Fonte: JAMA Network Open

David Douglas

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
19 novembre 2020
© QS Edizioni - Riproduzione riservata