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QS Edizioni - martedì 19 marzo 2024

Studi e Analisi

Carenza medici. Se la toppa è peggio del buco. Per risolvere il problema si rischia un imbuto lavorativo in cui cadranno gli specialisti disoccupati. Lo studio dell’Anaao

di G. Esposito, P. Di Silverio, C. Troise
immagine 10 settembre - Da qui al 2025 si potrebbe arrivare a 17.045 carenze tra le diverse specialistiche. La scelta dei Ministeri di incrementare le borse nel concorso SSM19 appare come un’intenzione concreta di formare personale pronto ad accogliere le sfide socio-epidemiologiche del Ssn. Il rischio che paventiamo è che, al netto dei dati sulle carenze, si prepari un surplus di personale su alcune aree, un nuovo fenomeno di pletora medica, un imbuto post-formativo, per quando saranno esauriti gli effetti della gobba demografica o della sbornia di quota 100
La carenza di medici specialisti ha superato da tempo nel nostro Paese i livelli guardia, anche in considerazione delle ultime riforme in temi di pensionamento. Entro il 2025 è attesa una emorragia imponente di medici dipendenti dal sistema sanitario nazionale.
 
Anaao Assomed, ha fornito i dati di tale fenomeno, analizzandone le cause e proponendo possibili soluzioni. La asimmetria del numero dei contratti di formazione messi a bando, sia rispetto ai fabbisogni di personale individuati dalle Regioni che al numero dei concorrenti, alimenta quello che oggi viene comunemente definito imbuto formativo: più di 10000 medici laureati senza sbocco lavorativo. Sulla base del differenziale tra pensionamenti previsti e disponibilità di nuovi specialisti, alla luce del numero di contratti messi a bando dai concorsi annuali di accesso alle scuole di specializzazione, si è osservato che le maggiori carenze riguardano aree essenziali per garantire il servizio sanitario pubblico, sia per diffusione che per numero di prestazioni erogate, negli ospedali Hub come in quelli Spoke 

 
 
 
Lo stato dell’arte: aumento delle borse e suddivisione
Il Miur ha aumentato il numero dei contratti di formazione specialistica per l’anno 2019/2020 di più di 1800 unità rispetto all’edizione del 2018, portandoli da 6197 a 8000. La Tabella 2 descrive dove sono andati a finire questi posti aggiuntivi.
I settori della Medicina d’Urgenza e dell’Anestesia e Rianimazione assorbono insieme il 24% dell’incremento complessivo, un grosso investimento che per la Anestesia e Rianimazione assume una dimensione doppia rispetto ad aree che prevedono carenze più o meno equivalenti (Medicina Interna, Chirurgia Generale).
 
 
 
In linea generale il Miur ha incrementato i contratti in aree che solo parzialmente coincidono con quelle evidenziate dallo studio ANAAO. E non mancano dati difficilmente comprensibili, come l’incremento della specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva in misura quasi doppia rispetto alla Ginecologia-Ostetricia, e gli incrementi concessi a specializzazioni per le quali si prevede addirittura un surplus di specialisti (Oncologia medica, Medicina Fisica e Riabilitativa). Trascurate discipline quali Anatomia Patologica, Urologia, Otorinolaringoiatria, per cui ANAAO calcola carenze in misura consistente (Tab.3).
 
 
 
La migrazione di specializzandi
Analizzando la ripartizione dei posti aggiuntivi e aggregandoli per Regione, si nota che il 63,71% delle 1800 borse aggiuntive è stato distribuito in 5 Regioni (Tab.4)
 

 
Tale dato suscita una riflessione a proposito di un campo totalmente inesplorato finora nel dibattito sulla formazione post-laurea, cioè il legame tra formazione post-laurea e fabbisogno territoriale.
Appare chiaro come non esista una proporzionalità diretta tra fabbisogno territoriale di personale specialistico e posti aggiuntivi nel concorso nazionale ssm19 (Se ciò fosse vero infatti, equivarrebbe a dire che 2 medici su 3 dovranno operare come specialisti in una di queste 5 Regioni italiane).
E’ evidente che l’Università non tiene conto del fabbisogno territoriale, se non in misura residuale e poco incisiva, dal momento che esso viene costantemente ignorato, ed i criteri stessi di apertura e chiusura di una scuola di specializzazione seguono dinamiche più accademiche che di contesto del Servizio sanitario regionale. Viene da chiedersi perché, nonostante il report dell’Osservatorio Nazionale delle scuole di specializzazione abbia evidenziato al MIUR l’assenza di requisiti di accreditamento previsti dal DM 402/17 per ben 135 scuole di specializzazione, si continui ancora a perseguire la via del monopolio formativo universitario.
 
Il ruolo delle Regioni
Il ruolo delle Regioni in questo quadro è quanto mai confuso.
Stando ai numeri, si osserva un’azione delle Regioni eterogenea, con alcune realtà che investono decisamente in formazione medica post laurea ed altre che paiono compiere scelte dettate da altre logiche.Il fil rouge che sembra però collegare l’azione regionale è quello di attribuire i contratti aggiuntivi non tanto alle aree carenti quanto a discipline varie, il che, se da un lato vogliamo credere premi le eccellenze del territorio, dall’altro rischia di alimentare sacche di precariato selvaggio.
Ricordiamo inoltre che la maggior parte delle Regioni rinunciano a questa possibilità, affidandosi esclusivamente o quasi ai contratti ministeriali, mentre il Trentino Alto Adige e la provincia di Bolzano formano personale specialistico “poggiandosi” su altri Atenei di Regioni, o addirittura di Nazioni, limitrofe.
Complessivamente, le Regioni hanno ridistribuito il numero di contratti regionali in modo quanto mai vario. Si nota, rispetto al 2018, il calo delle borse destinate all’area emergenza-urgenza, l’invarianza dell’Anestesia e rianimazione, e la occupazione delle prime 5 posizioni da parte di: Ortopedia e traumatologia, Ginecologia e Ostetricia, Medicina Interna, Geriatria, Radiologia (Tab.5).

Le Regioni quindi solo parzialmente e in modo non ben esplicato da programmazione e trasparenza assegnano contratti regionali che non sembrano andare ad aiutare il MIUR nel tamponare la carenza di personale prevista da ANAAO.
Paradossale il loro comportamento sul fronte dell’Emergenza-Urgenza. Mentre da un lato quotidianamente denunciano la carenza del personale medico nei Pronto Soccorso, dall’altro diminuiscono il numero di contratti regionali per queste scuole di specializzazione. Analogo il caso della Pediatria, dell’Anestesia e Rianimazione e della Chirurgia generale, cui corrisponde un esiguo incremento di contratti a fronte della grave carenza sottolineata.
 
 
 
 
 
L’interpretazione dei dati
La scelta dei Ministeri di incrementare le borse nel concorso SSM19 appare come un’intenzione concreta di formare personale pronto ad accogliere le sfide socio-epidemiologiche del SSN, e di iniziare, seppur con imperdonabile ritardo, a limitare i danni prodotti dalle errate programmazioni degli anni precedenti. Non solo nelle aree a maggiore carenza ma anche in quelle coinvolte nella sfida della cronicità (Geriatria), dell’invecchiamento (Neurologia, Oncologia medica) e della domanda di riabilitazione e qualità di vita post-acuzie (Medicina fisica e riabilitativa), anche a discapito di altre aree pur in forte sofferenza, tra cui la Ginecologia-Ostetricia.

Il rischio che paventiamo è che, al netto dei dati sulle carenze (che, ripetiamo, sono una fotografia tra pensionamenti previsti e medici specialisti che usciranno dalle scuole di specializzazione), si prepari un surplus di personale su alcune aree, un nuovo fenomeno di pletora medica, un imbuto post-formativo, per quando saranno esauriti gli effetti della gobba demografica o della sbornia di quota 100. Insomma: si cerca di risolvere il problema dell’imbuto formativo post-laurea, e contemporaneamente si rischia di preparare un problema di dimensioni anche maggiori, l’imbuto lavorativo in cui cadranno specialisti disoccupati.

Appare chiara l’inadeguatezza delle Regioni, tra autonomia, individuazione di reti formative e learning hospital. È evidente che ad oggi non sono ancora pronte, culturalmente e professionalmente, ad accogliere la sfida della formazione del personale medico come elemento strutturale per garantire la sostenibilità della sanità pubblica, concentrate come sono ad inseguire modelli di sanità low cost in cui sia ancor più decapitalizzato e deprofessionalizzato il lavoro medico.

E’ ormai matura ed ineludibile una riforma organica e sostanziale che renda la formazione medica specialista meno vincolata a dinamiche universitarie e più legata al fabbisogno e alla programmazione del SSN, in cui l’Università svolga un ruolo di coordinamento delle attività didattiche e di ricerca e di collaborazione con le strutture ospedaliere diffuse sul territorio che, erogando una buona assistenza, possono trasmettere un buon livello di preparazione teorico-pratica a tanti giovani medici, insegnando il saper fare ed il saper essere del medico di domani.

La grave crisi di risorse umane specialistiche che sta attraversando il SSN, alla quale le Regioni oppongono rimedi in ordine sparso e tutti rigorosamente alla insegna del minor costo e della creazione di aree di parcheggio prive di prospettive lavorative, pone con forza la esigenza di anticipare per i giovani medici l’incontro della attività formativa con la attività assistenziale, attraverso un vero contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato ed a scopi formativi, che garantisca insieme alle tutele, un pieno e precoce inserimento nel SSN.
 
 
Giuseppe Esposito, Medico Specializzando
Pierino Di Silverio, Responsabile Nazionale Anaao Giovani
Costantino Troise, Presidente Nazionale Anaao Assomed

 
Si ringrazia Massimo Minerva (Presidente ALS) per la disponibilità dei dati
 
10 settembre 2019
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