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QS Edizioni - giovedì 28 marzo 2024

Studi e Analisi

Il buco nell’acqua per i pagamenti delle Asl

di Ettore Jorio
immagine 16 luglio - L'anticipazione di liquidità per saldare i debiti commerciali delle aziende sanitarie e ospedaliere, contratti al 31 dicembre 2019 e iscritti nell'apposita piattaforma, prevista dal legislatore negli artt. 115 e 117 del D.L. 34/2020 in corso di conversione, ha registrato un gigantesco flop
Poco più di un decimo del disponibile
I dodici miliardi - venduti come toccasana per Comuni, Regioni e aziende della salute, queste ultime rappresentate per l'occasione dall'ente regionale di riferimento coobbligato nella restituzione e nella sopportazione degli oneri finanziari relativi - (quasi) tutti rifiutati. Rimandati al mittene, fatta eccezione per 1/1,2 miliardi complessivi (di cui 500 milioni richiesti dal comune di Napoli) con l'amara conseguenza che i creditori chissà quanto dovranno aspettare per incassare i loro quattrini, dopo lunghi anni di attesa.

Il motivo
Difficili ad accettarsi le garanzie pretese per assicurare la puntuale restituzione dei ratei distribuiti in trenta anni. Per lo più, non ritenuto accettabile, per ovvie ragioni politiche, il blocco del turnover posto a tutela della disponibilità finanziaria per fare fronte all'ammortamento del debito. L'unica soluzione realisticamente percorribile, questa, in presenza di una pressione fiscale regionale già (quasi) ovunque ai massimi livelli e della difficoltà reale di concretizzare quella spending review divenuta oramai una chimera, alla quale fare riferimento assolutamente residuale in assenza di soluzioni alternative. Una soluzione - che, per indisponibilità della politica a sopportare sacrifici, ha registrato reiterati fallimenti (il più noto dei quali quello registrato a valle del piano di Carlo Cottarelli) - cui riferirsi per equilibrare (finalmente) i bilanci e per mettere in piedi politiche di contenimento dei conti pubblici.

Cosa accadrà
Le chance percorribili sono due. La prima è quella di riproporre l'iniziativa riaprendo un altro termine, rispetto a quello scaduto lo scorso 7 luglio (si veda ivi l'articolo del 10 luglio), sperando che il tempo abbia portato i potenziali istanti ad una maggiore ragione di rispetto del proprio ceto creditorio, ragionevolmente preoccupato per i consequenziali dannosi ritardi degli sperati pagamenti.
La seconda consiste nel prevedere, ovviamente con altro provvedimento legislativo, altre modalità più persuasive di materializzazione delle garanzie pretese, atteso che i risparmi da dedicare alla restituzione dell'anticipazione diventerebbero fortemente limitativi se derivanti dal blocco delle assunzioni.
Specie in un momento come questo che, a causa delle precarietà registrate nel corso dell'epidemia, rende indispensabile il potenziamento dell'organico del personale da destinare all'organizzazione della salute, peraltro incentivato dai provvedimenti in tal senso già in essere e all'avvicinarsi del godimento delle risorse del Mes.

I casi particolari, neppure considerati
Alcuni dubbi procedurali e, soprattutto, di titolarità dell'iniziativa sono emersi da subito in relazione alle due Regioni che risultano a tutt'oggi commissariate ex art. 120, comma 2, della Costituzione: la Calabria e il Molise.
 
Ciò in quanto la partita del debito pregresso delle aziende è e rimane in capo alla gestione commissariale fino a quando esistente. In quanto tale tenuta a rispondere sul piano del risultato - al fine di portare a termine i rispettivi piani di rientro - sia dei miglioramenti economici, nel senso di attenuare le storiche tendenze al disavanzo annuo, che di quelli patrimoniali, sui quali andrebbero ad incidere favorevolmente gli accolli dei debiti e delle relative obbligazioni restitutorie in capo alle Regioni, cui la normativa rimette l'esclusivo rilascio delle garanzie.
 
Una modalità che genera un'impropria commistione istituzionale che lascerebbe quantomeno supporre una sorta di implicito ritorno alla conduzione regionale normale, dal momento che il commissariamento ad acta risulterebbe completamente avulso, nell'evento di specie, dalle sue prerogative.
 
Soprattutto quella di sostituire gli organi regionali in materia della organizzazione della salute e, quindi, facultizzato ad intervenire a loro nome e per loro conto anche nell'accedere agli interventi di facilitazione finanziaria utili a sopperire a momentanee carenze di liquidità e dunque assicurare un migliore risultato del bilancio specifico, sottraendolo dal rischio di azioni esecutive e di maggiori costi conseguenti.
Nel caso di specie accollando, peraltro, gli oneri finanziari afferenti alla anticipazione di liquidità alla Regione di riferimento.

Le ricadute
Il rifiuto generalizzato da parte del sistema delle autonomie e di quello della salute nei confronti dell'opportunità anzidetta di generare finanza disponibile ai propri bilanci, fatta eccezione per quelli che vi hanno fatto ricorso, ha comunque prodotto il venire meno dell'aspettativa dei fornitori di godere degli introiti derivanti, assicurati da una assegnazione di liquidità vincolata allo scopo.

Una condizione di precarietà che genererà non poche fatica, soprattutto per le aziende della salute economicamente più massacrate dagli effetti del coronavirus, ad assicurarsi la puntuale continuazione degli approvvigionamenti del materiale occorrente, finanche dei c.d. salvavita.
 
Ettore Jorio
Università della Calabria
16 luglio 2020
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