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118 nella Marche. Un appello dai medici “di strada”

21 DIC - Gentile direttore,
con questa lettera le chiediamo attenzione e anche uno spazio per dare eco a un nostro, ulteriore, appello alla politica, principalmente al ministero della Salute e al Miur, ma anche al Parlamento, affinché si riconosca un adeguato profilo giuridico al nostro lavoro, ora mortificato.

Siamo i medici di strada, quelli del 118, che lavorano h24,  tutti i giorni e le notti dell’anno, percorrendo molti chilometri d’estate, nei giorni di massima calura, e nelle notti gelide d’inverno.

Ci spostiamo con le ambulanze o con le auto mediche, accorriamo nelle case dei cittadini, nei dirupi, nelle autostrade, a volte andiamo a “recuperare” i nostri pazienti insieme ai vigili del fuoco tra le lamiere delle macchine incidentate, oppure tra le macerie delle case.

Alcune volte diamo semplicemente supporto psicologico, assistiamo anziani in difficoltà, oppure affrontiamo  un’urgenza neonatale o aiutiamo  una mamma a partorire, altre dobbiamo prontamente diagnosticare un infarto o un’emorragia cerebrale, un ictus o  un’aritmia, un arresto cardiaco.
Dobbiamo salvare vite, questa è la nostra missione.

Ci accompagnano tutti i giorni il nostro bagaglio culturale, l’esperienza personale, ma anche zaini troppo pesanti, il monitor, il respiratore, e altro materiale tecnico.

Siamo i medici della gente, dei poveri e dei ricchi e degli immigrati, i quali  memorizzano facilmente un numero di telefono: uno..uno..otto..…perché sanno di trovare una pronta risposta ai loro problemi.

La gente, ci ama o ci odia, ci ringrazia, ci prende a calci o ci urla perché siamo arrivati troppo tardi, e quando qualcuno ci dice  “grazie a Dio che ci siete voi “, siamo pieni di orgoglio: salvare una vita e come un rinascere continuo.

Sappiamo che non lasceremo mai il nostro mestiere che siamo riusciti ad apprendere grazie alla nostra  caparbietà e abnegazione.

Siamo i medici dell’emergenza sanitaria, i dipendenti e i convenzionati, i precari e gli atipici, apparteniamo ad un sistema che anche se compreso nei Lea, i livelli essenziali di assistenza, è organizzato in modo differente in ogni Regione da Nord al Sud dell'Italia a seconda delle norme e delle spending review del momento, in base ai piani di rientro e ai vari commissariamenti regionali.

Alcuni di noi, però siamo meno fortunati, siamo medici di serie B, gli “sfigati” senza un adeguato contratto di lavoro, perché per noi, quelli ancora convenzionati, non esiste una normativa che specifichi il percorso formativo e il profilo giuridico.

Solo nel 2009 in Italia è nata la specializzazione in medicina d’urgenza e crediamo che solo questa dovrebbe essere la strada da percorrere, come sostiene anche la più autorevole federazione scientifica italiana del settore, la Fimeuc.

I medici della nostra area sanitaria più fortunati, sono quelli che hanno potuto usufruire dell’art. 8 -1 bis della 299/99 e sono stati inquadrati nel ruolo della dirigenza medica, gli altri rimangono congelati nel limbo della convezione, incatenati a vincoli che solo la Politica può sciogliere.

Noi, medici convenzionati, in un Paese di diritto e democratico come il nostro, rimaniamo medici con pochi diritti, costretti ad allattare i nostri figli sul posto del lavoro perché non abbiamo diritto all’allattamento; siamo costretti a piangere i nostri cari insieme ai colleghi, invece che con la famiglia perché non abbiamo diritto al lutto; siamo costretti ad andare a lavorare, anche in caso di malattia perché siamo pagati ad ore e non abbiamo un minimo contrattuale. E quando andiamo a protestare nelle nostre Regioni, per esempio nelle Marche, la risposta delle istituzione, “è che siamo medici libero-professionisti”.

Che strani liberi professionisti quelli timbriamo, anche se turniamo, che indossiamo una divisa che ci viene fornita dall'Asur , e poco conta se un presidente di Regione si “burla” di noi sostenendo che un ricorso basato sul principio di non discriminazione sul posto di lavoro, ci avrebbe permesso di ottenere l’inquadramento a ruolo, in quanto per noi non possono essere banditi concorsi, non essendo specialisti.

Ma noi siamo specialisti di fatto e di diritto!

E poi se il problema è possedere la giusta specializzazione, come recita la direttiva europea del 2005, sarebbe sufficiente modificare lo statuto delle specializzazioni e prevedere posti riservati ai medici emergenza convenzionati, come sostiene Vincenzo Pomo, coordinatore Sisac.

Attualmente, invece, ai posti riservati possono accedere soltanto i medici dipendenti, in quanto per i medici convenzionati non è ammesso un avanzamento di carriera.

La politica deve trovare la strada per risolvere questo pasticcio, per dare nuova linfa ad un sistema che è il fulcro di tutto il Ssn: l’emergenza territoriale rappresenta  il giusto anello di congiunzione tra territorio e ospedale, può permettere di evitare il collasso dei dipartimenti di emergenza, portando l’ospedale direttamente al paziente e permettendo la piena attuazione del decreto 70/2015.

La politica non si faccia ancora attendere, dia risposte: un contratto giusto al giusto lavoro, che è quello del ruolo dirigenziale, quello della dipendenza, non quello della convenzione, perché un medico professionista, formato e dipendente è quello che la gente vuole nella  Sanità pubblica.
Per  questo ci rivolgiamo ai ministri, ma anche al suo autorevole giornale, sperando che possiate  dare alla politica e ai tecnici l'input necessario, affinché venga risolta questa anomalia contrattuale che mortifica migliaia di medici.

Santina Catanese
Responsabile regionale SMI Marche Emergenza
 
Francesco Lapadula
Responsabile aziendale area vasta 1 Marche

21 dicembre 2017
© Riproduzione riservata

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