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Magi (Sumai): “Perché i giovani specialisti emigrano all’estero e non in Molise?”

Il segretario generale del sindacato degli specialisti interviene sull’iniziativa del commissario della Regione Molise e aggiunge: “La carenza di personale medico specialista non è solo legata al blocco del turnover e ad una programmazione inesistente. I giovani medici specialisti trovano migliori condizioni di lavoro e meglio remunerate all’estero o nel privato”.

04 GIU - Da dieci anni tutti i sindacati medici lanciano l’allarme, nell’indifferenza assoluta della politica nazionale e locale. Ora stiamo arrivando al punto di non ritorno a meno che i responsabili di quanto sta succedendo non prendano decisioni coerenti e non fantasiose, che sinora hanno messo in evidenza la pochezza di idee e una pletora di pregiudizi.
 
Facciamoci una domanda: perché i giovani medici specialisti italiani emigrano all’estero e non vanno invece in Molise? Questa domanda se la dovrebbero porre i “responsabili” che governano le politiche sanitarie di questo Paese.
 
Medici andati in pensione, medici non specializzati o specializzandi, medici stranieri che vengono da tutte le parti del mondo, ora anche i medici militari per cercare di fermare la carenza di specialisti negli ospedali e nel territorio dovuta ed accelerata dal blocco del turnover che oltre ad aver chiuso gli accessi, per le difficili condizioni di lavoro, ha anche favorito l’accelerazione dell’anticipo ai pensionamenti.
 
Basta a presunte soluzioni fantasiose che non siano strutturali. I contratti del comparto sono bloccati ormai da oltre 10 anni, si propone il rinnovo degli stessi mettendo a disposizione scarsissime risorse economiche, e non uguali per tutti.
Sono fallite le ipotetiche politiche di “programmazione” dei fabbisogni specialistici. Non vi è nemmeno un criterio scientifico che le determini. Ogni anno assistiamo alla presentazione da parte dei vari stakeholder di numeri di fabbisogno differenti.
 
Le Scuole di specializzazione di Medicina e Chirurgia hanno diplomato numerosi specialisti e ne stanno preparando circa 35.000 di nuovi ma non sempre in numero sufficiente nelle branche maggiormente necessarie e carenti. Sto parlando di medici specialisti preparati e pronti ad entrare nel sistema che però trovano le porte d’ingresso del SSN chiuse.

Quei pochi che hanno trovato l’unica strada possibile, cioè tramite contratti convenzionali, gli unici che hanno permesso sino ad oggi di non chiudere ospedali e reparti, non vanno bene, non sono buoni. Abbiamo scoperto che non è la preparazione dello specialista quella che conta ma il suo rapporto giuridico.
 
Questa classe dirigente ci deve spiegare perché gli stessi specialisti formati nelle stesse scuole di specializzazione, se assunti per concorso pubblico vanno bene, viceversa se assunti per graduatorie pubbliche vanno meno bene. A questo punto mi, e vi domando: sono meglio i giovani medici, seppur non ancora specializzati, o gli anziani andati in pensione e richiamati in servizio? Abbiamo bisogno di investire le poche risorse disponibili in contratti di formazione specialistica possibilmente aumentando quelli nelle branche maggiormente necessarie.
 
Sul versante occupazionale è cruciale sbloccare il turnover permettendo anche alle Regioni in piano di rientro di aprire una nuova e vitale stagione di assunzioni nel SSN consentendo ai medici già specialisti, oltre 20.000 oggi disponibili, di partecipare alle selezioni a tempo indeterminato, sia tramite concorsi pubblici che per graduatoria pubblica prima che trovino collocazione altrove.

Contrariamente ad altri colleghi ritengo che gli emendamenti al DL “Calabria”, presentati in Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, rappresentano un tentativo di tamponare con soluzioni non strutturali il problema, e vedrete che saranno anche poco appetibili per i giovani specialisti che continueranno a trovare una collocazione professionale soddisfacente all’estero o nel privato dove si lavora meglio e si guadagna di più, senza così risolvere il problema di carenza di medici specialisti nel nostro SSN.
 
La carenza di personale medico specialista, che osserviamo oggi negli ospedali e nel territorio, non è solo legata al blocco del turnover e ad una programmazione inesistente ma a condizioni di lavoro e remunerazioni non soddisfacenti e poco confacenti ai rischi professionali ai quali i giovani professionisti vanno incontro. Un lavoro gravoso, rischioso, fatto di turni infiniti, milioni di ore di straordinario che mai verranno recuperate o retribuite, weekend quasi tutti occupati per guardie o reperibilità, difficoltà perfino nel poter godere delle ferie maturate e di ore in tribunale per difendersi da accuse di malpractice per il 90% giudicate inesistenti.
 
Allora cosa aspettiamo? Se si vuole risolvere il presente e salvaguardare davvero il futuro del SSN, la più grande infrastruttura sociale del paese, occorre premiare i medici chiudendo il prima possibile i rinnovi contrattuali in essere e migliorando le condizioni di lavoro ed agevolando innanzi a tutto l’accesso ai giovani.
 
Antonio Magi
Segretario generale SUMAI Assoprof
 

04 giugno 2019
© Riproduzione riservata

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