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L’umanizzazione delle cure nel nuovo libro “Qui sono come a casa mia”

Realizzato da Anna Rosa Favretto e Francesca Zaltron, sarà presentato domani all’ospedale Molinette di Torino. Il volume raccoglie e analizza le testimonianze di 80 pazienti allo scopo di rilevare gli aspetti umanizzanti, presenti o mancanti, nella loro esperienza di malattia e nel loro incontro con i servizi per la cura e la salute.

15 GIU - Appuntamento domani, 16 giugno, alle ore 17, presso l'Aula Lenti dell'ospedale Molinette della Città della Salute di Torino (corso Dogliotti 14 – 1° piano), per la presentazione del libro: “Qui sono come a casa mia”. L’umanizzazione delle cure e l’esperienza della malattia nei contesti sanitari (editrice Il Mulino, euro 16), a cura di Anna Rosa Favretto e Francesca Zaltron con prefazione di Renato Balduzzi.

“Qui sono come a casa mia” raccoglie, racconta, analizza la voce di 80 pazienti, malati di tumore e cardiopatici, allo scopo di rilevare gli aspetti umanizzanti, presenti o mancanti, nella loro esperienza di malattia e nel loro incontro con i servizi per la cura e la salute, ossia nel loro incontro con le persone e le strutture che si sono prese cura, o che si prendono cura, di loro.

I temi trattate nel corso delle interviste rispondono alla domanda: “Cos’è l’umanizzazione per un paziente gravemente ammalato?”

Essere riconoscibili, non essere un numero, non perdere la propria identità, è stata una delle risposte. “Il vero trauma psicologico per un paziente ospedaliero è il rischio di essere scambiato per un numero, una matricola, è non essere considerato pienamente una persona”, dichiara infatti un paziente con tumore, a Casale Monferrato. “E’ che ti conosci subito. Due volte e le infermiere ti chiamano già per nome, sanno subito chi sei…è un po’ come essere in famiglia”; ha risposto un altro paziente con scompenso, a Torino.

Umanizzazione è inoltre avere modo di parlare, ottenere uno “spazio di parola”, anche attraverso strategie studiate con accuratezza e ottenere dai medici e dal personale infermieristico informazioni comprensibili. “Io avevo un sistema, facevo degli appunti e dato che i medici potevano essere diversi e siccome io non volevo disturbare sempre lo stesso medico allora mi segnavo delle domande così tutti i giorni in visita avevo la domanda da porre a uno, gentilmente, senza fargliene troppe, una domanda all’altro, in modo che io a tutte le domande assolutamente dovevo sapere le risposte”, ha affermato una paziente con scompenso, a Torino.

Mi piace questo dottore perché ti dice le cose, pane ala pane, vino al vino. E tu capisci e poi lui ti dice si deve fare così, o facciamo questo, o fai come ti pare, ma se non lo fai te ne assumi la responsabilità. Poi però vuole che tu gli parli sempre, ti mette a tuo agio, vuole sempre sapere a cosa stai pensando”, ha aggiunto un malato di tumore a Torino.

Un altro aspetto ritenuto molto importante è poter riorganizzare la vita ospedaliera e le cure secondo tempi e spazi che permettano di continuare la vita di relazione con i familiari e gli amici. “Invece la mia compagna, mia sorella, mio nipote che sfidavano la regola legata all’età (bambino piccolo) tutti i giorni doveva farsi vedere: ‘Sto solamente un minuto perché io sono piccolo, non dovrei essere qua’. Sono le cose che mi hanno dato anche  forza, secondo me, ma io ne sono convinto, sono le cose che mi hanno stimolato, al di là della parte medica che è stata importantissima, il fatto di sentire certi stimoli anche esterni io sono convinto che mi abbiano aiutato”, spiega un paziente con scompenso, a Torino.

Umanizzazione significato poi continuare a essere seguiti dopo le dimissioni, non essere “abbandonati” dalle istituzioni sanitarie e dal personale. Ciò significa ricostruire legami quasi fossero “familiari”. “Ti chiedevano, ti incoraggiavano, proprio bravissimi. Ed è importante tutto questo perché non ti fa sentire solo, senti che intorno a te c’è della gente che ti aiuta. Quando ho finito la chemio sono andato lì con un vassoio di cannoli siciliani per tutti. Ci tenevo proprio tantissimo. Era una maniera per dire grazie”, ha dichiarato un paziente oncologico a Torino.

Qui alle Molinette (COES) mi sento come a casa mia, mi sento protetta. Quando entro qui dentro mi si allarga il cuore”, ha aggiunto una malata oncologica, sempre a Torino.

Sono stati tutti gentilissimi e poi scherzavano, ti facevano sentire in famiglia, come se fossi un po’ a casa tua”, ha detto un’altra paziente con tumore a Torino.

Alcuni malati hanno reagito anche creando forme di condivisione dell’expertise raggiunto come pazienti (forme di auto-mutuo aiuto non istituzionalizzato, semplice) aiutando altri pazienti, nuovi arrivati o più anziani e bisognosi. “Invece aiutavo, spiegavo, c’era tutta questa complicità nella malattia con tutti gli altri”; ha infatti spiegato un paziente con tumore, a Torino. Altri, viceversa, spiegano gli autori, “hanno preferito non instaurare rapporti se non con medici e infermieri”.

Ma non essere “abbandonati” nella gestione delle cure dopo le dimissioni significa, anche, poter contare sul servizio infermieristico territoriale, a oggi molto carente. “Secondo me, dovrebbero dislocare un infermiere, mandarlo a casa, farti vedere un paio di volte come si cambia il sacchetto, e finito, basta”; ha osservato un paziente oncologico di Alessandria.

Queste storie, che raccontano di vicende umane intrise di fatica e di paura, ma anche di ironia, di affetto, di amicizia, di fiducia, di professionalità sono raccontate ed analizzate per fare luce sul “lavoro sociale” prestato da ciascuno dei soggetti presenti nelle “scene della cura” – pazienti, medici, personale infermieristico e sanitario, caregivers, familiari. L’obiettivo, spiega una nota della Città della Salute, è “agevolare la difficile integrazione tra gli aspetti specificamente sanitari e gli aspetti umani presenti in ogni percorso di malattia”.

Nel volume la prospettiva dei pazienti viene fatta dialogare con quella del personale che li ha avuti in cura, mettendo in luce, grazie alle testimonianze raccolte, la natura di “lavoro sociale condiviso” dell’intero percorso.

“In questi ultimi anni – si osserva la nota della Città della Salute - il tema dell’umanizzazione delle cure ha assunto un ruolo di primo piano, al punto che nel Patto per la Salute 2014-2016 un’intera disposizione, l’art. 4, è ad esso dedicata. Si tratta, a ben vedere, di uno dei capisaldi del diritto alla salute inteso in senso “partecipato”, ossia  orientato al riconoscimento della centralità dei pazienti nelle relazioni terapeutiche ed al riconoscimento della loro capacità di azione anche per quanto riguarda la gestione della salute e della malattia. In altri termini, le relazioni terapeutiche ed i luoghi della cura vengono sempre più intesi come “luoghi di parola”, luoghi sociali, dove pazienti, medici, infermieri, familiari ed altri caregivers si percepiscono come legittimi co-costruttori dei percorsi di diagnosi, di gestione della malattia, di cura”.

L’obiettivo della ricerca presentata nel volume, realizzata nell’ambito di un più ampio lavoro sulla protezione della salute in Piemonte (RoPHS – Report on the Piemont Health System) coordinata dal professor Renato Balduzzi, è stato proprio quello di offrire spunti al policy making per la programmazione di forme di organizzazione delle cure che tengano conto dell’importanza di una gestione condivisa dell’incertezza e della fragilità causata dalle patologie gravi.
In altre parole, per realizzare percorsi di cura più umanizzanti ed umanizzati.

“Nonostante la ribadita importanza, tuttavia il concetto di umanizzazione è ancora indefinito. Fatica a trovare un proprio profilo condiviso e, soprattutto, fatica ad essere dotato di indicatori che lo rendano misurabile”, commenta la nota della Città della Salute.

Domani, alla presentazione, di questa indefinitezza e delle difficoltà che gli operatori della salute incontrano nel rendere attuabile l’umanizzazione delle cure nei contesti sanitari parleranno le autrici del volume con alcuni dirigenti responsabili dell’organizzazione delle cure nei contesti sanitari (Gian Paolo Zanetta, Antonio Scarmozzino) e con studiosi e specialisti del settore (Guido Giustetto, Barbara Chiapusso, Fabrizio Faggiano).

I lavori verranno conclusi dal professor Renato Balduzzi, già Ministro per la Salute, membro del CSM, costituzionalista e studioso di legislazione sanitaria e della sua concreta implementazione.

Le Autrici

Anna Rosa Favretto è professore di  Sociologia giuridica nel Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze politiche, economiche e sociali dell’Università del Piemonte Orientale.

Francesca Zaltron svolge attività di ricerca e di docenza nel Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze politiche, economiche e sociali dell’Università del Piemonte Orientale.

15 giugno 2016
© Riproduzione riservata

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