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Tumori della prostata a basso rischio. In Piemonte il primo progetto italiano di sorveglianza attiva

In prima linea la Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta ed il CPO Piemonte. Lo studio ha l’obiettivo di analizzare l’efficacia, la sicurezza e la qualità di vita nei gruppi di pazienti che hanno scelto diverse modalità di trattamento del tumore della prostata a basso rischio.

01 FEB - La Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta ed il CPO Piemonte (Centro di Riferimento per l'Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica) della Città della Salute di Torino hanno avviato il primo progetto di ricerca e intervento in Italia di diffusione della sorveglianza attiva a livello di popolazione attraverso lo studio START (Sorveglianza attiva o trattamento radicale alla diagnosi per tumori della prostata a basso rischio), realizzato grazie al contributo della Regione Piemonte e della Compagnia di San Paolo.

Lo studio, al quale partecipano tutte le Strutture di Urologia e di Radioterapia della Rete Oncologica, ha l’obiettivo di analizzare l’efficacia, la sicurezza e la qualità di vita nei gruppi di pazienti che hanno scelto diverse modalità di trattamento del tumore della prostata a basso rischio. Ad oggi sono stati arruolati circa 250 pazienti ed il 75% di questi, dopo adeguata informazione e discussione sui vantaggi ed i rischi delle diverse scelte, ha deciso di essere inserito nel gruppo sottoposto a sorveglianza attiva.

“Il tumore della prostata – spiega la Città della Salute in una nota che annuncia lo Studio - è diventata la neoplasia più frequente negli uomini, soprattutto per la diffusione del test con PSA, ed ogni anno in Piemonte si contano circa 3500 nuovi casi. Tuttavia, una quota significativa di questi tumori vengono diagnosticati in uno stadio localizzato ed a basso rischio e possono rimanere asintomatici per lungo tempo (anche tutta la vita). Per questi tumori sono possibili diverse modalità terapeutiche che comprendono, oltre ai trattamenti radicali alla diagnosi (chirurgia o radioterapia), anche la cosiddetta sorveglianza attiva”.

“Con la sorveglianza attiva – prosegue la nota - è possibile, tramite uno stretto monitoraggio, rilevare tempestivamente eventuali situazioni di aggravamento della malattia in modo da intervenire con trattamenti più radicali soltanto in questi casi, o in seguito ad un eventuale ripensamento da parte del paziente. La sorveglianza attiva offre la possibilità di ritardare, o evitare del tutto, un intervento invasivo, riducendo il rischio degli effetti collaterali (come l’incontinenza urinaria o l’impotenza sessuale)”.

La Città della Salute evidenzia come la sorveglianza attiva, “già piuttosto diffusa all’estero (ad es. negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito, nei Paesi scandinavi ecc.), si sta diffondendo anche in Italia, grazie soprattutto alla partecipazione di diversi centri al Progetto internazionale PRIAS (Prostate cancer research international: active surveillance)”.

La partecipazione allo studio START, per la Città della Salute, “riveste un grande valore per la collettività e per tutti i pazienti con tumore della prostata a basso rischio, perché da una parte fornisce informazioni molto utili al miglioramento della qualità delle cure e dell'assistenza, dall'altra aiuta le persone ad assumere decisioni più consapevoli tra le diverse possibilità di trattamento”.

01 febbraio 2017
© Riproduzione riservata

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