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Nuovi ospedali. Per realizzarli ci si mette in media oltre 10 anni. A che prezzo?

E’ chiaro a tutti che i ritardi nelle realizzazioni delle grandi opere innescano un circolo vizioso che inevitabilmente tendono ad aumentare ulteriormente i tempi ed i costi; con l’aumentare dei tempi emergono spesso scelte anacronistiche che comportano modificazioni in corso d’opera, e dunque il dilatarsi ulteriore dei tempi, e dei costi, appunto.

31 OTT - Il 12 ottobre scorso presso L’Unione Industriale di Torino si è svolto il convegno sul “Parco della Salute, della Ricerca, e dell’Innovazione” di Torino”. Nel corso del convegno sono stati elencati i finanziamenti (776,2 milioni per le opere + 146,1 per le tecnologie), che prevedono il contributo di privati per 525,6 milioni, con la formula del PPP (Partenariato Pubblico Privato). Per il nuovo Ospedale unico dell’AslTO5 si è fatto incidentalmente un unico accenno allo stato del progetto in termini transitori. Per il Parco della Salute i vertici regionali hanno anche confidato di contare nell’affidamento dell’opera nel 2018 e di una realizzazione in 3-4 anni.

Ma in quanti anni si possono realizzare opere complesse come gli ospedali di medie o grandi dimensioni?

Il problema non è per nulla secondario, in quanto in Italia i tempi medi realizzazione di tali grandi opere superano miseramente i 10 anni (quando giungono a termine); e con il superamento degli anni, soprattutto nel passato, il superamento dei costi inizialmente preventivati.

E’ chiaro a tutti che i ritardi nelle realizzazioni delle grandi opere innescano un circolo vizioso che inevitabilmente tendono ad aumentare ulteriormente i tempi ed i costi; con l’aumentare dei tempi emergono spesso scelte anacronistiche che comportano modificazioni in corso d’opera, e dunque il dilatarsi ulteriore dei tempi, e dei costi, appunto.

Spesso si è pensato che le procedure di affidamento (Nuovo Codice degli Appalti) o la forma contrattuale (chiavi in mano, Project Financing, PPP) fossero la principale causa o leva per evitare ritardi. Ed in parte è così; ma non basta; è esperienza di tutti che anche nei casi di procedure innovative e appositamente studiate per ridurre i tempi, alla verifica dei fatti i tempi non sono stati così brevi, per vari motivi, per intoppi nella procedura, per intoppi nel progetto, per intoppi nei finanziamenti pubblici.

E’ vero che spesso i ritardi sono dovuti non tanto alla realizzazione delle opere in sé, ma a continui start and stop nella procedura, nelle varie fasi, verificatisi praticamente in tutte le realizzazioni di nuovi ospedali.

Ma davvero occorrono 3-4 anni per realizzare un ospedale?

Senza andare in luoghi più esotici, ove i costi del lavoro (e della sicurezza) non sono in alcun modo confrontabili, basta andare in Europa per vedere che ospedali di medi dimensioni possono essere realizzati in 2 anni, senza particolari sforzi, e con leggi, regole e tecnologie del tutto confrontabili se non identiche in tutto e per tutto, con quelle italiane.
 
Ed i due anni sono comprensivi di tecnologie, cioè non solo quelle di edificio, come sistemi di riscaldamento intelligenti, trasporti automatici, e reti informatiche, ma anche quelle medicali, come le apparecchiature radiologiche, quelle di sala operatoria e sterilizzazione, di rianimazione, ecc.

Per elencare e descrivere tutte le attuali strategie e tecnologie per ridurre i tempi di costruzione occorrerebbe un trattato specifico. Sono infatti numerose e vanno da specifiche industrializzazione di alcuni processi di fabbricazione,ad una specifica organizzazione delle squadre di maestranze.

In realtà tali tecnologie (di produzione o di organizzazione) possono essere molto utili, ma non sono per nulla essenziali nella riduzione dei tempi complessivi in Italia.

Il vero motivo per il quale in Italia i nuovi ospedali non si fanno in due anni, ma in sei, dieci, quindici è assolutamente un altro. E’ semplicemente e tristemente perché nessuno ci crede, e non si parte dalla prospettiva reale di farlo in due; sembra una banalità, o una tautologia, ma non lo è.

La previsione di tempi medio lunghi innesca un meccanismo che prolunga esso stesso i tempi; si da’ infatti per certo che non sia indispensabile progettare con l’intento dell’imminenza; tutti gli interessati (committenti in primis e poi i progettisti) procedono senza la cura necessaria (“non sarò io ad aprire l’ospedale, sarà il mio successore…”), per poi procedere alle modifiche del caso solo a struttura realizzata o in ultimazione; con la conseguenza delle varianti e delle modifiche in corso d’opera che allungano i tempi di realizzazione ed aumentano i costi; e talora è accaduto che la ditta appaltatrice, ma anche i professionisti esterni incaricati non avessero interesse ad impedirle (quando al contrario non abbiano agito per favorirle).

Per ottenere tempi brevi va adottata la strategia opposta, cioè credere tutti nell’imminenza; in primo luogo gli enti finanziatori (che non debbono evidentemente allontanare nel tempo i finanziamenti); l’amministrazione committente deve poi assegnare più tempo al progetto, che deve essere realizzato, appunto, con il medesimo criterio dell’imminenza; e con il medesimo dovranno essere coinvolti tutti gli stakeholder, a partire da Direzione Sanitaria e responsabili sanitari.

In primo luogo la progettazione deve essere particolarmente accurata; si può dimostrare che al diminuire dei tempi riservati alla progettazione (in mesi) aumentino proporzionalmente i tempi di realizzazione (ma in anni) e viceversa; in tal senso si inserisce la necessità di strumenti 3D integrati (BIM); una particolare cura deve essere riservata poi per consentire le successive e evoluzioni nel futuro (sempre ipotizzabili – considerata la vita media degli ospedali italiani) senza costi eccessivi; e perché quanto realizzato possa continuare a soddisfare le esigenze per più tempo possibile. Ma alla “flessibilità by design” deve corrispondere una particolare rigidità durante le opere, con la realizzazione esattamente di quanto progettato, senza alcuna variante, nei tempi brevissimi previsti; le modificazioni non saranno infatti necessarie, a causa della accuratezza del progetto, e dei tempi relativamente brevi tra affidamento e realizzazione.

Con un circolo virtuoso (tempi brevi in quanto previsti brevi sin dal progetto) che è esattamente l’opposto del circolo vizioso usuale (tempi lunghi, perché previsti da tutti tempi lunghi).

Anche l’inserimento delle tecnologie (es. una MR, o una PET) deve essere particolarmente accurata (progettazione integrata), ma in due fasi: in fase iniziale e poi in tempo quasi reale: per poter accedere all’ultima tecnologia disponibile al momento dell’avvio, non devono essere acquistate troppo in anticipo (cioè non a inizio lavori: le tecnologie evolvono molto in fretta), ma corrispondentemente debbono essere previste sin dall’inizio in modo generale e flessibile (come sopra), allo scopo di non causare, per le medesime considerazioni, alcuna variante nelle predisposizioni. Le parti che possono comunque variare a livello costruttivo debbono pertanto essere stralciate dalle opere principali e lasciate alla posa in opera “chiavi in mano” specifica per l’apparecchiatura medesima.

Paolo Petrucci
Responsabile Tecnologie Asl TO5


31 ottobre 2017
© Riproduzione riservata

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