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Città della Salute di Torino: protesi al carbonio per l'ironman Zanda che potrà tronare presto ad allenarsi 

A quattro mesi dall'incidente accaduto durante la Yukon Arctic Ultra, l’ironman sardo è pronto per la sua nuova vita. Dopo gli interventi agli arti e l’applicazione delle protesi al CTO della Città della Salute di Torino, l’atleta può tornare a casa e allenarsi per le prossime sfide. 

13 GIU - Sono trascorsi quattro mesi dall’ incidente che quasi costò la vita a Roberto Zanda, l’ultramaratoneta cagliaritano: 14 ore trascorse alla temperatura di -50° durante la Yukon Arctic Ultra, una delle ultramaratone più estreme e pericolose del mondo (al confine tra Canada e Alaska). L’incidente è costato a Zanda la perdita degli arti inferiori e della mano destra. Oggi, dopo settimane di sofferenza e di fatica passate all’ospedale CTO della Città della Salute di Torino, Roberto, per gli amici “Massiccione”, è finalmente pronto a ripartire con le sue forze. 
 
La notte del 6 febbraio, al sesto giorno di ultramaratona sui nove previsti, a causa di allucinazioni da ipotermia Roberto vaga per ore a piedi scalzi, addentrandosi in una foresta senza trovare via d’uscita. Poi finalmente i soccorsi ed il ricovero all’ospedale di Whitehorse, in Canada; in seguito il trasferimento all’ospedale di Aosta per l’amputazione degli arti inferiori e, infine, il 19 marzo l’ultima tappa presso l’ospedale CTO della Città della Salute di Torino.
 
La mano destra di Roberto – ha spiegato Bruno Battiston, Direttore della Struttura Chirurgia della mano e arto superiore dell’ospedale CTO della Città della Salute di Torino -  è stata amputata all’altezza dell'avambraccio, in modo da poter procedere all’applicazione della protesi bionica. Grazie al nostro lavoro siamo riusciti a salvare buona parte della mano sinistra, rendendola funzionale. Abbiamo effettuato l’asportazione delle dita necrotiche e successivamente la copertura dei monconi delle dita con due lembi: uno per il pollice ed uno per le dita lunghe così da ricreare dei simil monconi in grado di effettuare una specie di pinza per la presa. I monconi degli arti inferiori invece sono stati rimodellati chirurgicamente per consentire una vestizione ottimale delle sofisticate protesi in carbonio”.
 
“Il coordinamento del programma riabilitativo per gli arti inferiori – ha detto Giuseppe Massazza, Direttore Dipartimento Ortopedia Traumatologia e Riabilitazione Città della Salute e Università degli Studi di Torino, Scuola di Medicina e Chirurgia - ha fatto sì che il paziente potesse tornare a camminare con le protesi nei tempi prestabiliti. È stato svolto un lavoro di équipe molto importante su un paziente che ha subito un forte trauma e la cui resistenza fisica è stata messa a dura prova nell’arco di tutta la degenza. Sicuramente la rete che si è creata attorno a Roberto Zanda ha permesso di raggiungere risultati ottimi, dovuti alla collaborazione tra tre strutture di assoluta eccellenza, quali l’ospedale CTO, l’Officina Ortopedica Maria Adelaide e la Fondazione Don Carlo Gnocchi”.
 
“Le protesi che abbiamo messo a disposizione di Roberto  - spiega Roberto Ariagno, responsabile Marketing Officina Ortopedica Maria Adelaide - sono dotate della massima tecnologia disponibile sul mercato. Agli arti inferiori sono state applicate delle protesi in carbonio superleggere con dei piedi a recupero di energia, mentre all’arto destro superiore una mano bionica in titanio multiarticolata a controllo mioelettrico, con la quale Roberto potrà compiere più di 30 prese differenti”.      
 
“Sono stati mesi molto duri – racconta Roberto Zanda –  e l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era di alzarmi da quel letto. Un vero calvario e ogni giorno sembrava più duro di quello precedente. Adesso comincia per me una nuova avventura, un’altra maratona nell’attesa di partecipare a quelle, diciamo, ‘classiche’. Perché una cosa è sicura: io non mi fermo qui. Voglio tornare a correre”. 
 
“La notte dell’incidente la mia vita è cambiata – continua - ma se sono ancora qui un motivo ci sarà. Certamente non ce l’avrei mai fatta senza mia moglie, che mi è stata vicino notte e giorno. Ci tengo a ringraziare i medici dell’ospedale CTO., il dottor Battiston, i chirurghi, le infermiere ed in generale tutte le persone che si sono presi cura di me in queste lunghissime settimane. Come dissi tempo fa ormai somiglio ad un ‘robot’, ma poteva andare molto peggio e posso solo sentirmi fortunato. Adesso non mi resta che continuare ad esercitarmi con la mia nuova mano bionica e capire tutte le potenzialità di queste gambe, perché ho tante corse che mi aspettano”.
 
“Roberto – conclude Paolo Pietrapiana, Responsabile del Servizio di Riabilitazione del Presidio Ausiliatrice-Don Gnocchi - si sta dimostrando un paziente forte e deciso a riconquistare prima possibile la migliore autonomia: il progetto riabilitativo messo a punto dall’équipe del Centro “Don Gnocchi” punta proprio a ricomporre quella coerente integrazione bio-psico-sociale che tenga conto della nuova realtà e gli permetta di ritrovare motivazione ed equilibrio nelle relazioni”.                                                           
 
 
 
 
 

13 giugno 2018
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