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Contratto di lavoro a condizione di coprire turni fuori sede. Corte d’appello di Trento boccia l’Apss

L’Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento, fuori dalle previsioni del bando di concorso precedente pubblicato, aveva fatto inserire nel contratto di lavoro sottoscritto dal pediatra vincitore del concorso una clausola che l'obbligava a svolgere tre turni presso l’ospedale di Cles. La Corte d’Appello conferma il diritto del medico di lavorare presso la sede scelta secondo le previsioni del bando di concorso. Brugnara (Cimo Trentino): “Una clausola ingiusta e che Apss usa, e sta usando, in spregio, alla normativa ed al contratto di lavoro collettivo”. LA SENTENZA

06 SET - Una clausola inserita al momento della firma del contratto per obbligare i medici a turni fuori sede e coprire così le carenze di personale. È la formula utilizzata dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss) di Trento ma bocciata dalla Corte di Appello, sezione lavoro, che ha ristabilito il diritto del pediatra vincitore del concorso di lavorare esclusivamente presso la sede scelta secondo le previsioni del bando a cui aveva partecipato.  

Il caso risate al 2017. Il pediatra, che supera il bando di concorso per lavorare presso l’ospedale di Rovereto, si trova a dover sottoscrivere un contratto a tempo indeterminato con l’apposizione di una clausola che ne prevede il suo impiego anche presso l’ospedale di Cles, per un numero massimo di tre turni al mese. Clausola turnistica non prevista nel bando, la cui sottoscrizione era però condicio sine qua non per l’assunzione e che la Corte d’appello del Tribunale di Trento, alla quale il medico ha fatto ricorso, ha annullato dichiarando che “la formulazione della clausola è stata tale da incidere con efficacia causale concreta sulla libertà di autodeterminazione del lavoratore, cui il datore di lavoro  – continuano i giudici di secondo grado – ha imposto l’ulteriore sottoscrizione per raggiungere un risultato non previsto”.

Secondo i giudici il rifiuto da parte del medico alla sottoscrizione della clausola contestata avrebbe comportato “la sua decadenza dal concorso” e, quindi, ne avrebbe pregiudicato la stessa assunzione; oltre al fatto che, avendo il candidato medico beneficiato del contributo provinciale ottenendo la specializzazione in pediatria, la violazione totale o parziale dell’obbligo di collaborare da parte del medico con il servizio sanitario provinciale “per un periodo fino a due anni” comportava, sempre ai danni del medico, l’applicazione di una penale nel limite massimo di 70.000 euro “in relazione alla gravità dell’inadempimento” secondo quanto stabilisce l’art. 4 della L.P. 4/91.   

Una sentenza condivisa dal segretario di Cimo Tentino, Sonia Brugnara. “I giudici di merito hanno stabilito l’illegittimità di queste clausole, soprattutto quando sono inserite al momento della firma del contratto di assunzione, consapevoli che la parte contraente debole è il medico, il quale ha il timore, normativamente, fondato di subire un pregiudizio ingiusto come la perdita di un diritto, quello di lavorare, costituzionalmente garantito”.  

“Una causa di lavoro promossa da un nostro iscritto – continua lBrugnara – che abbiamo sin da subito sostenuto e che grazie alla Corte d’appello ha ottenuto ragione vedendo l’annullamento di questa clausola ingiusta e che APSS usa, e sta usando, in molti altri contratti e/o ordini di servizio per coprire carenze strutturali che lamentiamo da oltre un quinquennio, il tutto in spregio, ed è proprio il caso di dirlo, alla normativa ed al contratto di lavoro collettivo”.

Endrius Salvalaggio 

06 settembre 2022
© Riproduzione riservata

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