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Disastri ambientali e sorveglianza sanitaria. A Lecce il convegno dell’Associazione italiana epidemiologia


“Fare il sistema e superare le settorialità” è il messaggio che arriva dal XLII Convegno Aie, dove si evidenzia il ruolo chiave dell’epidemiologia: nella fase pre-disastro per la previsione, sorveglianza, analisi di vulnerabilità e resilienza della popolazione; nella fase del disastro per la raccolta di informazione e valutazione dei danni sulla salute; nella fase post disastro per la valutazione degli effetti sanitari a breve e a lungo termine, la valutazione degli interventi e dei piani di sorveglianza.

26 OTT - Si apre all’insegna dei grandi rischi ambientali causati dai cambiamenti climatici la seconda giornata del XLII Convegno AIE “Epidemiologia e diritto alla salute: riaffermare i principi del Servizio Sanitario Nazionale nello scenario attuale futuro”, organizzato dalla Società Italiana di Epidemiologia in collaborazione con AReSS Puglia, ARPA Puglia, ASL Lecce e Sistema Nazionale per la Prevenzione dell’Ambiente.

“La situazione italiana, così come quella mondiale – ha spiegato Filippo Catani dell’Università di Firenze – registra, dagli anni 60 ad oggi, un aumento delle catastrofi idrogeologiche, sia come frequenza che come intensità mentre i fattori determinanti sono per la maggior parte imputabili all’uomo”.

Ondate di calore, frane, alluvioni, incendi: emerge chiaramente la necessità della raccolta dati e dell’utilizzo intelligente delle nuove tecnologie per la loro elaborazione, con l’obiettivo di prevedere, con sempre maggiore precisione, i disastri ambientali. Mappe di precisione, sensori, modelli matematici, satelliti, le nuove tecnologie sono un supporto indispensabile e sempre più di precisione, utilizzate per comprendere l’evento ambientale e sapere quando e con quale intensità si manifesterà.

All’interno di questo scenario innovativo, quali dati epidemiologici possono fare la differenza nella prevenzione dei disastri? “Nelle politiche dei cambiamenti climatici – ha spiegato Matteo Scortichini del Dipartimento di Epidemiologia della ASL Roma1 - va senza dubbio incluso l’impatto sulla salute. La differenza può arrivare da nuove tipologie di dati da introdurre nei disegni di studio e nelle misure di sorveglianza per la prevenzione dei disastri. L’esempio arriva proprio dalla ASL Roma1 che da alcuni anni porta avanti un sistema di indagine incrociato che tiene conto sa del “Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera (SISMG)” che degli accessi al pronto soccorso.

In questo scenario complesso e multidisciplinare, viene evidenziato come l’epidemiologia svolga un ruolo chiave in tutte le fasi del processo che riguarda il disastro naturale: “Nella fase pre-disastro per la previsione, sorveglianza, analisi di vulnerabilità e resilienza della popolazione; nella fase del disastro, in tempo reale, per quanto riguarda la raccolta di informazione e valutazione dei danni sulla salute; nella fase post disastro, infine, per la valutazione degli effetti sanitari a breve e a lungo termine, la identificazione dei sottogruppi della popolazione più fragili, la valutazione di impatto sanitario, la valutazione degli interventi e dei piani di sorveglianza”.

“L’obiettivo è costruire una comunicazione più efficace su un tema, quello dei cambiamenti climatici, che già oggi produce delle conseguenze il cui impatto è riducibile – dichiara Edoardo Zacchini vicepresidente di Legambiente. La prevenzione è possibile, dobbiamo però cambiare le politiche e passare da una lettura settoriale ad una lettura di insieme”.

“Dobbiamo guardare al nuovo approccio che si sta diffondendo negli altri Paesi europei - continua Edoardo Zacchini - dove si è compreso che occorre fare delle scelte e procedere per priorità. Gli effetti climatici non sono uguali dappertutto e sappiamo esattamente quali sono i luoghi più a rischio: partire dalle città può dar vita a delle esperienze che consentono di superare l’approccio settoriale”.

Sul fronte integrazione, il messaggio positivo arriva da Nicola Ungaro dell’ARPA Puglia che spiega quali sono stati gli effetti positivi della Legge 132/2016 grazie alla quale, di fatto, le Agenzie Regionali per l’Ambiente oggi sono inserire nel Sistema Nazionale della Protezione dell’ambiente insieme alle ISPRA.

“Siamo una unica entità – ha spiegato Nicola Ungaro - e anche un esempio di come sia possibile coniugare le problematiche di protezione civile con quelle di tipo sanitario”.

La sessione si conclude con l’appello condiviso a superare le settorialità e a fare sistema in modo da attivare strategie di prevenzione e mitigazione.

26 ottobre 2018
© Riproduzione riservata

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