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Lecce. Giudice lavoro dà ragione a medico di famiglia sanzionato dalla Asl per eccesso di prescrizioni


Un medico di famiglia si era visto decurtare dalla Asl, a titolo di risarcimento, 276 euro per 12 mensilità di stipendio per avere prescritto in favore di una sola paziente, su indicazione dell’Utic di Casarano, bombole di ossigeno gassoso oltre quanto previsto nelle linee guida in materia. Ma per il giudice “un’interpretazione così rigida delle linee guida appare pericolosa rispetto alle esigenze di tutela del diritto alla salute”. Ai medici, quindi, “deve essere lasciato un qualche margine di discrezionalità”. LA SENTENZA

27 MAG - La lotta contro gli sprechi in Puglia passa anche per le linee guida contro l’abuso di prescrizioni farmaceutiche da parte dei medici di famiglia. Ma ora interviene una sentenza del giudice del lavoro di Lecce a spezzare una lancia a favore dei medici di famiglia di “difendersi” dinanzi ad ingiuste richieste di rimborso o, come nel caso in questione, a seguito di trattenute di denaro sulle proprie competenze stipendiali, per supposte inappropriate prescrizioni.

Il caso riguarda un medico di famiglia che si era visto decurtare dalla Asl, a titolo di risarcimento, 276 euro per 12 mensilità di stipendio (per un totale di oltre 3 mila euro), per avere prescritto, tra il 2013 e il 2014, in favore di una sola paziente, su indicazione dell’Utic di Casarano, bombole di ossigeno gassoso oltre le prescrizioni previste nelle linee guida in materia. Ma i giudici hanno accolto il ricorso del medico, condannando la Asl a restituire l’importo oltre a interessi e rivalutazione.

“Al di là delle questioni relative al carattere cogente di tale linee guida e delle conseguenze derivanti da eventuali violazioni – si legge infatti nella sentenza – si deve rilevare che essere sono finalizzate ad evitare sprechi, il che presuppone normalmente condotte reiterate e relative ad una pluralità di casi e di pazienti, apparendo invece difficilmente compatibile con prescrizioni nei confronti di un’unica paziente, tanto più ove si consideri che esse erano assistite da una espressa ‘autorizzazione utilizzo farmaco al di fuori delle indicazioni fornite dal ministero della Salute’”. Dunque, per il giudice, “trattandosi di un unico episodio e dati gli importi certamente non elevati del presunto ‘spreco’, non vi sono elementi per ritenere che vi sia stato dolo o colpa grave”.

Piuttosto è un altro aspetto a preoccupare il giudice: “Il medico potrebbe essere costretto a dover scegliere di non prescrivere un farmaco, pure ritenuto necessario o comunque utile per la cura di un paziente, per evitare trattenute sullo stipendio (così correndo però il rischio di eventuali azioni di responsabilità da parte del paziente)”. Per il giudice “ne consegue che una interpretazione così rigida e rigorosa del valore delle "linee guida" e degli effetti di eventuali violazioni delle relative prescrizioni o indicazioni - scrive il giudice - appare pericolosa rispetto alle esigenze di tutela del diritto alla salute ex art. 32 Cost. , potendo porre il medico di fronte a dubbi di difficile soluzione tra il timore di responsabilità nei confronti dei pazienti (con la possibilità di eventuali eccessi della cd. "medicina difensiva") e rischi di trattenute sullo stipendio conseguenti a prescrizioni che egli ritiene necessarie nel caso di specie, ma non conformi alle linee guida”.

“È evidente quindi - afferma ancora il giudice - che un qualche margine di discrezionalità deve essere lasciato al medico e che la sua responsabilità personale può essere ravvisata solo in caso di dolo o di errore grave conclamato”.

27 maggio 2019
© Riproduzione riservata

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