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Gli studi e i progetti protagonisti della VII edizione della Giornata per la Ricerca


20 SET - Ecco la sintesi fornita dall’ufficio stampa della Fondazione Gemelli-Università Cattolica sui principali studi e i progetti protagonisti della VII edizione della Giornata per la Ricerca promossa dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica e dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.

Biotecnologie innovative e percorsi di personalizzazione diagnostica e in terapia intensiva
La sepsi rappresenta una delle principali cause di mortalità e morbidità nei pazienti ricoverati in ospedale (ogni 3-4 secondi una persona muore nel mondo di sepsi), essendo il punto di arrivo di un percorso innescato da molte malattie infettive. La sepsi si manifesta quando il nostro sistema immunitario, nel combattere un’infezione, ‘perde il controllo’ e inizia a danneggiare i propri organi.

L’ Università Cattolica e la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, nella lotta alla sepsi, combattono sul campo della multidisciplinarietà e dell’innovazione tecnologica, attraverso la stretta collaborazione tra gli Istituti di Anestesia e Rianimazione, Malattie Infettive, Microbiologia, Igiene, Biochimica, Fisica e Farmacologia. La produzione scientifica, che si traduce nel miglioramento della gestione clinica dei pazienti, si sviluppa essenzialmente su tre tematiche principali: la diagnosi, la prevenzione e la terapia.

È di recente pubblicazione sulla rivista europea di Malattie Infettive e Microbiologia Clinica la validazione internazionale di un nuovo kit di diagnosi rapida delle infezioni respiratorie (BioFire FilmArray) che permette di ottenere in poche ore l’identificazione del batterio o virus responsabile della polmonite, garantendo così la possibilità di utilizzare sin dalle prime fasi i farmaci antimicrobici più adeguati per il tipo di infezione. Un ulteriore progetto multicentrico, recentemente pubblicato sulla rivista europea Critical Care, ha dimostrato che la combinazione di due biomarcatari, facilmente analizzabili con un prelievo di sangue, permette di discriminare in modo rapido e accurato la presenza di specie batteriche e fungine nel sangue di pazienti colpiti da infezioni gravi. Infine la collaborazione tra l’Istituto di Anestesia e Rianimazione e quello di Biochimica ha recentemente evidenziato come i valori ematici della vitamina D e di altre molecole derivanti dalle centraline elettriche delle cellule, i “mitocondri”, possono predire con significativa accuratezza il rischio di mortalità dei pazienti ricoverati in rianimazione con una sepsi.

Nel campo della prevenzione, l’Istituto di Anestesia e Rianimazione e l’UOC di Anestesia Rianimazione Terapia Intensiva e Tossicologia Clinica conducono da anni investigazioni di rilievo scientifico internazionale volte a ridurre la frequenza delle polmoniti nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica. Recentemente sono stati pubblicati sulla rivista internazionale PlosOne i risultati di uno studio clinico che ha dimostrato come lo stretto controllo della pressione della cuffia del tubo endotracheale (sistema di ancoraggio del tubo tracheale alla parete della trachea; è di fatto un manicotto riempito di aria) e l’efficace aspirazione delle secrezioni dell’apparato respiratorio al di sotto delle corde vocali possano ridurre in modo sostanziale l’incidenza delle polmoniti (dal 40% al 15%).  Allo stesso modo, la posizione di pazienti intubati e connessi al ventilatore meccanico può influire sulla prevalenza delle infezioni respiratorie, come dimostrato in uno studio multicentrico randomizzato - Gravity VAP Trial - di recente pubblicazione sulla rivista ufficiale della Società Europea di Terapia Intensiva Intensive Care Medicine.

Nel campo della Terapia della Sepsi, l’Istituto di Malattie Infettive ha guidato uno studio multicentrico, pubblicato sulla rivista Clinical Infectious Diseases, dove si mette in evidenza l’efficacia di una molecola antibiotica di recente scoperta (ceftazidime-avibactam) per il trattamento delle infezioni causate da Klebsiella pneumoniae, uno dei germi multi-resistenti agli antibiotici di maggiore gravità e impatto clinico. Pionieristica è anche l’attività di ricerca nell’ambito delle tecniche di depurazione extracorporea per il trattamento della forma più grave di sepsi, lo shock settico che si associa a un mortalità superiore all’80%. L’istituto di Anestesia e Rianimazione ha guidato uno studio multicentrico, pubblicato sulla rivista europea Annals of Intensive Care, che ha messo in evidenza che in pazienti con elevate concentrazioni ematiche di “endotossina” (componente principale di molti batteri responsabili di sepsi), l’utilizzo di apparecchiature in grado di rimuovere tale sostanza può ridurre la gravità dell’infusione senza effetti collaterali. Infine l’Istituto di Fisica sta lavorando nel campo dell’individuazione di nuove molecole antibatteriche diverse dagli antibiotici. Questo è il caso del grafene, composto con potenti intrinseche proprietà antimicrobiche potenzialmente attive anche sui germi resistenti agli antibiotici e adesi a superfici inerti come le protesi biomedicali.

Di certo il futuro della ricerca nella sepsi si basa sulla multidisciplinarietà degli interventi scientifici e clinici e tra i progetti di maggiore interesse nel prossimo futuro troviamo l’utilizzo di sempre nuove tecnologie di supporto degli organi vitali insieme allo sviluppo di strategie di razionalizzazione dell’uso degli antibiotici, il cui buon utilizzo rimane l’elemento base per conservarne l’efficacia clinica nel trattamento delle infezioni gravi.

La tutela della salute della donna e del bambino: il passaggio dalla medicina di precisione alla medicina personalizzata
I recenti avanzamenti biotecnologici hanno permesso di approfondire enormemente le conoscenze dei meccanismi molecolari alla base di diverse patologie, consentendo di conseguenza, anche di elaborare terapie biologiche mirate, ovvero dirette contro dei bersagli noti per rivestire un ruolo chiave nei diversi meccanismi patogenetici. Di tali avanzamenti hanno beneficiato anche patologie dalla bassa incidenza nella popolazione generale, quali le neoplasie ginecologiche e le disabilità pediatriche. L'introduzione nella clinica quotidiana di questa tipologia di trattamenti deve necessariamente passare attraverso sperimentazioni su pazienti (di fase 2/3). E quando la malattia non è diffusa diviene necessaria una intensa collaborazione internazionale.

Ad esempio, in ambito ginecologico oncologico, in particolare nelle neoplasie ovariche, la scoperta del ruolo nella malattia di mutazioni a carico di geni importanti per il sistema di riparazione del DNA ha spinto a verificare l'efficacia di farmaci diretti contro questo bersaglio denominati "PARP inibitori". In questo ambito anche il gruppo della ginecologia Oncologica dell'Università Cattolica figura tra i centri partecipanti a due importanti studi pubblicati nel 2017 su Lancet Oncology e Lancet che hanno dimostrato l'efficacia di due farmaci, “Olaparib” e “Rucaparib” appartenenti a questa categoria, nelle pazienti con recidiva platino-sensibile di carcinoma ovarico (si tratta delle recidive di tumore ancora sensibili al platino, principale chemioterapico utilizzato in questa neoplasia).

Tali farmaci hanno dimostrato rispettivamente, la capacità di allungare il tempo libero da malattia pari a 19 e 10,8 mesi rispetto ai pazienti di controllo trattati con il placebo (5.5 mesi e 5,4 mesi rispettivamente). In particolare l’Olaparib è già in indicazione dal 2014 in questo subset di pazienti ma questo lavoro ha fatto emergere il considerevolmente maggior vantaggio che si ottiene selezionando solo una popolazione di pazienti con mutazione dei geni BRCA1/2.  Il rucaparib invece, a seguito proprio di questi risultati, è stato autorizzato dall’EMA a Maggio 2018.

In ambito pediatrico, il 2017 si è rivelato un anno di svolta con l'introduzione di terapie particolarmente efficaci.

A marchio Università Cattolica sono le pubblicazioni sul New England Journal of Medicine del 2017 e 2018 sull'utilizzo di un "oligonucleotide antisenso", il Nusinersen nell'Atrofia muscolare spinale ad esordio infantile e tardivo, una sorta di cerotto genetico che corregge la mutazione legata alla malattia. Tale composto ha dimostrato in entrambe le forme di Atrofia muscolare Spinale un significativo miglioramento delle funzioni motorie dei pazienti (51% di miglioramento nel gruppo Nusinersen vs 0% nel gruppo di controllo e 57% di miglioramento nel gruppo Nusinersen vs 26% nel gruppo di controllo rispettivamente). Nelle forme ad esordio infantile inoltre, il composto si è rivelato essere anche correlato a diminuzione degli eventi avversi aumentando anche la sopravvivenza dei piccoli pazienti.

Questi risultati complessivamente rappresentano un grande passo avanti verso una medicina sempre più precisa, capace di elaborare terapie sempre più specifiche per le patologie in esame. Rimane tuttavia difficile prevedere la risposta dei singoli pazienti e/o caratterizzarne le peculiari caratteristiche molecolari. La vera sfida che le conoscenze di oncogenomica hanno infatti lanciato è raggiungere una medicina di precisione assoluta, ovvero personalizzata, dove le informazioni provenienti dalle indagini molecolari svolte sui pazienti vengano utilizzate per differenziare i trattamenti tra individui tutti diversi, accumulati solo dalla stessa condizioni patologica.

Per queste delicate patologie che riguardano donna e bambino, la prospettiva dei ricercatori dell’Università Cattolica e Fondazione Gemelli IRCCS nei prossimi anni è sostituire il termine raro con il termine unico, rendendo quindi trattabile ogni condizione o situazione.

Le patologie cardiopolmonari croniche: la fibrosi come meccanismo centrale nell’evoluzione di malattia e come bersaglio per innovative terapie personalizzate
Le malattie cardiovascolari costituiscono la prima causa di morte in assoluto, rappresentando il 30% di tutti i decessi a livello mondiale. Ogni anno, sono responsabili di circa 18 milioni di decessi e si prevede che tale numero passerà a 23 milioni nei prossimi dieci anni. In Italia ben 120 mila donne e 100 mila uomini muoiono prematuramente ogni anno per malattie cardio-cerebrovascolari, come l’infarto, lo scompenso cardiaco e l’ictus. La gestione di tali patologie comporta peraltro un costo annuo di 3,5 miliardi di euro (seconda categoria a maggior spesa) pari al 16% della spesa farmaceutica italiana.

Ugualmente allarmanti sono i numeri riferibili alle patologie polmonari croniche. La broncopneumopatia cronicostruttiva (BPCO) colpisce 250 milioni di individui e rappresenterà nel 2030 la terza causa di morte al mondo. L’asma risulta la più comune patologia non-trasmissibile in età pediatrica ed è responsabile di più di 1000 decessi al giorno. La prevalenza e l’incidenza delle interstiziopatie polmonari risulta peraltro in continuo aumento, anche grazie agli evoluti approcci e strumenti diagnostici. In particolare, la fibrosi polmonare idiopatica (IPF) colpisce circa 3 milioni di individui e presenta una sopravvivenza di soli 3-5 anni se non adeguatamente trattata. I costi pubblici per la terapia farmacologica delle patologie respiratorie superano a livello globale un miliardo di euro l’anno (dati 2017) e rappresentano la settima categoria a maggior spesa.

Appare pertanto evidente il notevole impatto socio-economico delle patologie cardiopolmonari croniche ed emerge fortemente la necessità di adottare approcci efficaci che consentano un’accurata diagnosi precoce e una gestione ottimale.

La Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS mostra da sempre un forte impegno verso tali obiettivi tramite lo sviluppo di linee di ricerca all’avanguardia e l’adozione di interventi di Medicina Personalizzata che possano avvalersi delle più moderne innovazioni biotecnologiche.

In particolare il Dipartimento di Scienze Cardiovascolari e Toraciche ha focalizzato il proprio interesse e attenzione sul ruolo della fibrosi (processo riparativo con deposizione di tessuto “cicatriziale” in eccesso a carico di un organo o tessuto) come processo centrale nei meccanismi alla base delle malattie cardiopolmonari croniche e come bersaglio per l’utilizzo di terapie biologiche personalizzate. Tali studi, spesso oggetto di finanziamenti su base competitiva da parte dei principali istituti di Sanità Pubblica ed Enti Regolatori a livello nazionale e internazionale, hanno dato vita a un’ingente mole di lavori su riviste di primissimo piano in area medica e a elevato valore scientifico e impatto clinico-traslazionale.

In questo senso, merita specifica menzione lo studio recentemente pubblicato su JAMA, rivista ufficiale dell’American Medical Association, che apre potenziali nuove vie di trattamento per i pazienti affetti da IPF attraverso la somministrazione di una proteina plasmatica modificata (Pentraxina-2).

Di notevole interesse sono inoltre i dati del trial INJOURNEY, in cui il Dipartimento è stato attivamente coinvolto, riportati dalla rivista ufficiale dell'American Thoracic Society, l’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine, sulla sicurezza ed efficacia del trattamento combinato con le due molecole farmacologiche al momento approvate e in commercio per la terapia dell'IPF: Nintedanib e Pirfenidone.

Sul versante cardiovascolare spicca la studio sugli effetti anti-infiammatori di un anticorpo monoclonale anti-interleuchina 1-beta, pubblicato nel 2017 sul New England Journal of Medicine, il cui utilizzo potrebbe ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.

Di ulteriore possibile rilevanza clinica sono peraltro i dati non ancora pubblicati derivanti da un progetto finanziato dall'Unione Europea tramite i programmi Marie-Curie Skłodowska che mostrano l'importanza di un accurato inquadramento dei meccanismi responsabili dell'asma al fine di poter prevedere la risposta individuale alla terapia farmacologica effettuata con le differenti molecole broncodilatatrici disponibili.

Estremamente innovativi appaiono poi gli studi sul trattamento dello scompenso cardiaco e sull’ipertensione polmonare che ipotizzano per la gestione di queste patologie l’utilizzo di razionali ed approcci al momento destinati prevalentemente alla cura delle patologie polmonari e che potrebbero in futuro aprire il campo a una nuova medicina incentrata sul meccanismo responsabile, indipendentemente dall’organo coinvolto, come peraltro recentemente prospettato dalla Food and Drug Administration negli Stati Uniti.

A completamento di una produzione scientifica di elevata qualità Il Dipartimento si è infine mostrato particolarmente propenso e attivo nell’adozione degli innovativi strumenti biotecnologici disponibili presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, quali le più moderne apparecchiature diagnostiche e la biobanca, sviluppando per esempio strategie di assistenza sanitaria basate sull'utilizzo di supporti informatici (electronic-health) e interventi di medicina genica e cellulare con il fine ultimo di privilegiare la centralità del paziente offrendo soluzioni ottimali e personalizzate.

Medicina personalizzata e predittiva, innovazione e sostenibilità dei sistemi e dei servizi sanitari
In un'epoca contrassegnata da pressioni economiche crescenti, la sostenibilità economico-finanziaria rappresenta per i sistemi e i servizi sanitari una delle maggiori sfide. Il vincolo delle risorse da un lato e, dall'altro, l'aumento incontrollato della domanda di salute - legato all'invecchiamento della popolazione e all'elevata prevalenza di patologie croniche - e l'avvento di un numero sempre maggiore di tecnologie sanitarie innovative e ad alto costo minano seriamente la tutela del welfare pubblico. Si inserisce in questo contesto la medicina personalizzata, un approccio assistenziale innovativo e basato sull'innovazione, volto a personalizzare la strategia terapeutica e fornire "la cura giusta al momento giusto per il paziente giusto".

Ciò attraverso il migliore utilizzo di dati, strumenti e tecnologie di avanguardia e di elevato livello, e percorsi di cura che considerino tanto il profilo biologico del paziente quanto la sua dimensione personale, sociale e culturale, il suo stile di vita e i fattori ambientali. Diverse ricerche in questo ambito ne hanno già dimostrato l'efficacia in termini di risultati clinici sul paziente e anche economici, attraverso un contenimento dei costi legato a un utilizzo più appropriato delle tecnologie e degli interventi sanitari.

Università Cattolica e Fondazione Policlinico Agostino Gemelli IRCCS sono leader nella ricerca sulla medicina personalizzata e sui temi dell'innovazione e della sostenibilità dei sistemi sanitari. I diversi Istituti e Specialità cliniche di queste Istituzioni sono impegnati in prima linea, a livello nazionale e internazionale, in attività di ricerca che vedono a oggi presidiati diversi ambiti, a cominciare dalle applicazioni della genomica e delle tecnologie genetiche in sanità pubblica, in ambito preventivo, diagnostico e terapeutico, per aumentare le conoscenze sullo stato di salute e le suscettibilità individuali alle malattie e personalizzare le strategie assistenziali. In tale ambito, Università e Fondazione, in particolare l'Istituto di Sanità Pubblica con il contributo dell'Istituto di Medicina Genomica, hanno contribuito attivamente a sviluppare le basi operative per un'appropriata prescrizione e utilizzo all'interno di programmi di prevenzione e di percorsi clinico-assistenziali dedicati di test genetici predittivi dell'aumento di rischio di tumore della mammella e del colon-retto. I risultati di queste attività sono stati incorporati nel Piano Nazionale della Prevenzione 2014-18 e nel Piano per l'innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze omiche di recente pubblicato dal Ministero della Salute.

Un altro campo di interesse riguarda la ricerca epidemiologica per l'integrazione della medicina personalizzata nella prevenzione delle malattie croniche, al fine di ridurne il carico. Recenti studi epidemiologici coordinati dai ricercatori di Cattolica e Policlinico Gemelli (Istituto di Sanità Pubblica in collaborazione con l'Istituto di Clinica Otorinolaringoiatrica) nell'ambito di un consorzio internazionale sono stati pubblicati sulle riviste Annals of Oncology e European Journal of Epidemiology. Questi studi hanno evidenziato, in pazienti con tumore della testa e del collo, un diverso rischio di morte, recidiva o insorgenza di un nuovo tumore in relazione a fattori quali titolo di studio, stili di vita, genere. Ad esempio, per il tumore della laringe è emerso un rischio di morte più che doppio in pazienti con un titolo di studio inferiore rispetto a quello universitario, e circa doppio nei bevitori rispetto ai non bevitori. Evidenti le implicazioni in termini di prevenzione mirata sul paziente in base ai fattori prognostici descritti.

Molto attiva è anche la ricerca sui sistemi e sui servizi sanitari allo scopo di individuare strategie e strumenti da adottare per migliorare le performance dei sistemi sanitari, renderli più responsivi alla sfida dell'invecchiamento della popolazione e della cronicità e garantire un'assistenza sanitaria che coniughi qualità e innovazione, garanzia di accesso alle cure e sostenibilità. Università Cattolica e Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS sono parte attiva nella definizione di programmi europei congiunti di ricerca, che mirano a produrre prove scientifiche per sostenere i sistemi nel diventare più resilienti e supportare le risposte politiche al cambiamento demografico in Europa. Ciò attraverso l'individuazione delle aree prioritarie su cui concentrare la ricerca nel prossimo futuro.

A tale proposito, l'Istituto di Sanità Pubblica è coinvolto nella definizione di un'agenda per la ricerca sui sistemi e sui servizi sanitari e l'Istituto di Neurologia ha preso parte alla definizione di un'agenda di ricerca strategica sul cambiamento demografico, nella quale figurano quali priorità Governance, Welfare e sostenibilità, e Qualità di vita.

Altro risultato lo sviluppo e l'implementazione di modelli dedicati, innovativi, proattivi per l'assistenza alle persone affette da patologie croniche e/o complesse. Per esempio, Università Cattolica e Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS (Istituto di Medicina Interna e Geriatria) sono state impegnate nella definizione di un modello assistenziale per persone che soffrano contemporaneamente di più patologie croniche (multimorbilità), pubblicato sulla rivista Health Policy. Tale buona pratica, basata sulla definizione e attuazione di piani assistenziali individualizzati, sulla presenza di équipe multidisciplinari, sulla telemedicina e sulla formazione dei pazienti e dei familiari, è attualmente implementata in diversi contesti assistenziali europei tra cui la Fondazione.

Un altro studio coordinato dai ricercatori dell'Istituto di Sanità Pubblica e basato sulla revisione di dati già pubblicati in merito al miglioramento dell'assistenza di pazienti con malattie croniche come malattie cardiovascolari e diabete, pubblicato sulla rivista Plos One, ha dimostrato che pazienti inseriti in percorsi di addestramento per imparare a gestire la propria malattia riescono a controllare meglio i valori pressori e la glicemia. Tali percorsi prevedono interventi strutturati di educazione del paziente, da parte di infermieri specificatamente formati, per aumentare l'adesione alla terapia e l'adozione di stili di vita corretti, e promuovere il monitoraggio a casa propria di pressione sanguigna e valori glicemici.

La medicina personalizzata e le innovazioni non possono prescindere dalla valutazione multidisciplinare e multiprofessionale delle tecnologie sanitarie (Health Technology Assessment - HTA) in uso o futuribili. L'Università Cattolica e la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS (ALTEMS, Istituto di Bioetica e Medical Humanities, Unità di Valutazione delle Tecnologie sanitarie) sono da tempo impegnate nello sviluppo e applicazione di metodologie e strumenti innovativi per la valutazione delle tecnologie, sì da garantirne un utilizzo appropriato, attività questa esitata in diverse pubblicazioni sull'International Journal of Technology Assessment in Health Care. Il risultato finale perseguito dai ricercatori è la produzione di raccomandazioni volte a informare e supportare i processi decisionali e la corretta allocazione delle risorse sanitarie.

L'impegno sul fronte della personalizzazione dell'assistenza e dei percorsi di cura dedicati a pazienti con specifici problemi di salute si è già tradotto in ricadute importanti nella vita del Policlinico: per esempio uno studio pubblicato sulla rivista International Journal for Quality in Health Care cui hanno partecipato diversi Istituti e Specialità cliniche dell'Università e del Policlinico (Malattie Infettive, Sanità Pubblica, Clinica e Terapia Chirurgica) ha dimostrato che con opportune strategie di gestione del paziente ospedalizzato, basate sulle migliori e più aggiornate evidenze scientifiche, è possibile arrivare a una riduzione di oltre il 20% dell'uso inappropriato di antibiotici - e dei relativi costi - per prevenire le infezioni legate a intervento chirurgico.

In conclusione, migliorando i risultati sul paziente e riducendo il ricorso a terapie non necessarie e costose, la medicina personalizzata rappresenta un approccio assistenziale rivoluzionario, in grado di incidere sulla spesa sanitaria evitando gli sprechi, a vantaggio della sostenibilità dei sistemi sanitari. Gli investimenti in attività di ricerca basate su questo paradigma si sono dimostrati una strategia vincente per la cura dei nostri pazienti e offrono un'incoraggiante prospettiva verso risultati sempre più promettenti per il futuro del Sistema Sanitario Nazionale.

Approcci innovativi e predittivi nelle malattie dell’invecchiamento e nelle malattie neurodegenerative
Negli ultimi anni gli sforzi dei ricercatori di Università Cattolica e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, seguendo il nuovo modello della “medicina personalizzata”, sono stati diretti all’identificazione di “biomarcatori” (molecole per esempio plasmatiche) che sappiano predire lo sviluppo delle malattie, la prognosi, la risposta alle terapie e/o siano anche dei bersagli per farmaci mirati in vari ambiti medico-scientifici.

Una crescente e rilevante attività in tale campo è stata condotta negli ultimi anni dagli Istituti di Geriatria e Neurologia della Fondazione Gemelli IRCCS-Università Cattolica, soprattutto nell’ambito delle malattie dell’invecchiamento e delle malattie neurodegenerative.

In particolare, i ricercatori di geriatria e gerontologia hanno progettato, sviluppato e attuato interventi preventivi contro due condizioni geriatriche molto comuni: la “sarcopenia" e la “fragilità fisica”. La mancanza di una definizione operativa unica per tali condizioni, la complessa fisiopatologia sottostante e lo loro estrema eterogeneità clinica rendono estremamente impegnativo lo sviluppo di biomarcatori per entrambe le patologie.

Nonostante queste premesse, l’Dipartimento di Geriatria della Fondazione ha prodotto una serie di interessanti risultati sulla caratterizzazione dei biomarcatori infiammatori nell’invecchiamento patologico, con diverse pubblicazioni a riguardo. L’enorme esperienza accumulata negli anni in questo settore ha inoltre portato ultimamente alla pianificazione e alla realizzazione di due importanti progetti di ricerca internazionali: i progetti SPRINTT (Sarcopenia and Physical fRailty IN older people: multi-componenT Treatment strategies) e BIOSPHERE (BIOmarkers associated with Sarcopenia and PHysical frailty in EldeRly pErsons), rispettivamente dediti allo sviluppo di nuove strategie di intervento per prevenire la disabilità motoria e di un nuovo approccio multidimensionale/multivariato per l’identificazione di biomarcatori per la fragilità fisica e la sarcopenia, i cui metodi e intenti sono stati recentemente pubblicati su due prestigiose riviste scientifiche, quali  Aging Clinical and Experimental Research e European Journal of  Internal Medicine.

Nel campo della malattie neurodegenerative, il ruolo dei biomarcatori sta divenendo sempre più cruciale nell’identificazione delle forme “prodromiche” (ovvero una condizione clinica “precursore”, con sintomi riconoscibili, che precede la malattia nella sua manifestazione completa) e “precliniche” (una stato di malattia già presente a livello cerebrale, ma senza ancora una manifestazione clinica, ovvero in assenza di sintomi) che precedono la “Malattia di Alzheimer” (AD).

È infatti attualmente riconosciuto che l’AD è preceduta da uno stadio precursore noto come amnesic Mild Cognitive Impairment (aMCI), usualmente caratterizzato da perdita di memoria. Poiché l’obiettivo è intervenire il più precocemente possibile non appena compaiano i primissimi sintomi, l'identificazione di biomarcatori precoci che permettano di prevedere il passaggio da aMCI ad AD è di fondamentale importanza in ambito clinico. Anche in assenza al momento attuale di una terapia che modifichi la malattia, è evidente che l'inizio precoce dei trattamenti farmacologici e non farmacologici (compresi i cambiamenti nello stile di vita) aiuti a mantenere l'autonomia personale nelle attività quotidiane e riduca significativamente i costi totali della gestione della malattia.

Pertanto, i biomarcatori in grado di predire l'evoluzione della malattia in una fase precoce potrebbero essere estremamente utili a consentire una diagnosi e un intervento precoce e potrebbero essere utilizzati per identificare le persone che potrebbero trarre beneficio da studi con farmaci sperimentali. L’attività dei ricercatori dell’Area Neuroscienze della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS è da anni ormai rivolta in questa direzione, sia nel valutare e testare i biomarcatori attualmente disponibili (risonanza magnetica, PET, PET + radioligandi/puntura lombare per metaboliti amiloide e tau), anche nell’ambito di progetti europei come il consorzio PHARMACOG – Advanced science and treatment of Alzheimer’s Disease -, sia nell’individuarne di nuovi. A tal riguardo, i nostri neurologi, in collaborazione con i ricercatori dell’IRCSS San Raffaele Pisana, hanno da poco pubblicato sulla rivista Annals of Neurology i risultati di uno studio in cui introducono un’innovativa analisi EEG, la quale in combinazione con un test genetico già disponibile potrebbe valutare su base individuale con grande precisione il rischio di progressione da aMCI ad AD, fornendo pertanto un nuovo strumento per analizzare vaste popolazioni e identificare rapidamente i soggetti aMCI in uno stadio precursore di demenza.

20 settembre 2018
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