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Mortalità a 30 giorni Infarto Miocardico Acuto (Ima)


21 GIU - Di tutte le strutture, gli analisti hanno preso in considerazione solo quelle con un volume annuo di Ima > a 75. La tempestività è il fattore più importante per la sopravvivenza di una persona colpita da infarto miocardico acuto (Ima). Studi di comunità hanno, infatti, dimostrato che la letalità degli attacchi cardiaci acuti nel primo mese è tra il 30% e il 50%, e di queste morti circa la metà si verifica entro due ore. Se la mortalità al momento dell’infarto è rimasta costante negli ultimi 30 anni, è però diminuita notevolmente la mortalità dei pazienti che riescono ad arrivare in ospedale vivi: negli anni Ottanta moriva entro il mese il 18% dei pazienti, oggi muore il 6-7%. Considerata questa percentuale come riferimento per una buona performance, si può dunque considerare che nelle strutture dove si registri una mortalità a 30 giorni dall’infarto vicina al 6-7% vi sia un processo diagnostico-terapeutico più appropriato. E la media esiti in Italia è del 10,95%.
 
Per questo indicatore solo due strutture sicule presentano dati favorevoli statisticamente certi (il Presidio ospedaliero S. Agata a Militello e il Cervello di Palermo). E sempre due strutture siciliane e una sarda conquistano la maglia nera, senza incertezze statistiche, di quelle con le peggiori performance. Tutte le altre realtà analizzate si collocano in fascia grigia.
 
In Calabria i migliori esiti di mortalità si registrano all’Azienda ospedaliera Mater Domini di Catanzaro (7%), seguita a stretto giro dal Presidio Ospedaliero Jazzolino di Vibo Valentia (7,3%). Tra i primi cinque ospedali con outcome favorevoli e inferiori quindi alla media italiana, ci sono poi il Presidio Ospedaliero Annunziata di Cosenza e il S. Giovanni di Dio di Crotone, entrambe con un tasso di mortalità dell’8,1%. Chiude il gruppo, l’Ospedale Civile Ferrari di Castrovillari (8,9%).
I più alti tassi di mortalità si registrano invece all’Ospedale di Lamezia Terme (13,4%). Superano l’asticella della media italiana l’Ospedale Pugliese di Catanzaro e il Bianchi di Reggio Calabria rispettivamente con il 12,7% e il 12,1%. A pari merito gli esiti del Presidio Ospedaliero di Rossano e l’Ospedale Civile di Locri (11,9%).
 
In Sicilia brillano con ottime performance il S. Agata a Militello, che si presenta con il più basso tasso di mortalità delle tre Regioni del Sud (3,3%), e l’Ospedale Cervello di Palermo (4,5%). Esiti favorevoli, ma lo ricordiamo in fascia grigia, si registrano anche all’Ospedale Generale di Zona a Lentini (5%) al Nuovo Ospedale di Cefalù (5,2%) e all’Ospedale Civico di Partinico (5,5%).
In fascia rossa l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Messina con un tasso del 19,1% e l’Ospedale Piemonte sempre a Messina (16,9%). Chiudono il gruppo delle prime cinque strutture con esiti sfavorevoli il Cutroni Zodda a Barcellona Pozzo di Gotto (14%), il Ferrarotto di Catania (13,1%) e il presidio ospedaliero S. Marta S. Venera di Acireale (12,3%).
 
In Sardegna solo quattro strutture hanno tassi di mortalità inferiori alla media italiana: Il Presidio ospedaliero Nostra Signora della Mercede a Lanusei (6,7%), l’Ao G. Brotzu di Cagliari (8,8%), il S. Giovanni di Dio a Olbia (9,6%) e l’Azienda ospedaliera S. Giovanni di Dio di Cagliari (9,8%). Supera di pochissimo la media il S. Francesco di Nuoro (11%) tallonato dal Sirai a Carbonia (11,1%).
È invece allarme rosso all’Ospedale Civile di Sassari, che con dati statisticamente certi si presenta con un tasso di mortalità del 20,3%. In fascia grigia e con esiti sfavorevoli il Presidi ospedalieri N.S. di Bonaria a S. Gavino Monreale (14,6%), il S. Martino di Oristano (14,2%) e il SS Trinità a Cagliari (14,1%)

21 giugno 2012
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