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Puglia. Guardia medica. Smi: “Un servizio da potenziare e valorizzare”


Il sindacato difende l’operato del servizio di guardia medica. “Solo a Bari oltre 135 mila interventi l’anno. Altro che servizio deficitario”. Ribadita anche la “netta contrarietà ai progetti di rottamazione del servizio avanzati da altre regioni, in prima linea la Toscana”

18 FEB - Da Bari nel corso di un partecipato convegno, tenutosi nei giorni scorsi e organizzato dal Sindacato dei Medici Italiani-Smi (presenti l'assessore al welfare del Comune, Ludovico Abbaticcho, il Direttore Generale dell’Asl locale, Angelo Colasanto, il componente del coordinamento della SISAC, Vincenzo Pomo), la responsabile nazionale continuità assistenziale dello Smi, Pina Onotri e la segretaria regionale, Anna Lampugnani hanno attaccato chi nei mesi scorsi ha parlato di scarsi risultati per quanto riguarda la guardia medica in Puglia e colto l’occasione per ribadire la netta contrarietà ai progetti di rottamazione del servizio avanzati da altre regioni, in prima linea la Toscana: “A chi dice che la guardia medica non è necessaria, rispondiamo con i fatti e con il duro lavoro - spiegano le due dirigenti dello Smi - i dati solo su Bari ci confermano che gli interventi (chiamate telefoniche, visite domiciliari e non) in un anno solo sono stati oltre 135mila. Un interfaccia reale con il cittadino, nonostante le difficoltà in cui operano i medici del settore dal punto vista normativo:: mancanza di tutele su malattia, ferie, maternità e lavori notturni e usuranti. E anacronistiche incompatibilità con altre attività; e strutturale: sedi spesso fatiscenti, senza copertura telematica, mancanza di sicurezza. La situazione è così complicata che in questi anni in Italia il numero degli addetti è sceso da 15mila a 11mila”.
 
“Non ha senso che si continuino ad alimentare polemiche pretestuose, che poi vengono smentite dai fatti –conclude Onotri - e di seguire modelli fuorvianti come quello toscano che vanno nella direzione dell’h16, delegando dalla mezzanotte il servizio al 118, che dovrebbe esclusivamente preoccuparsi delle urgenze-emergenze. Bisogna cambiare completamente prospettiva. Da questo riuscitissimo convegno a Bari emerge una seria proposta: la continuità assistenziale è un servizio da potenziare, non da ridimensionare. Si valorizzino i professionisti che vi operano, si rinnovino (anche tecnologicamente) e si mettano in sicurezza le strutture. Questo è uno dei cardini della futura riorganizzazione delle cure primarie”.

18 febbraio 2013
© Riproduzione riservata

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