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Corte Costituzionale. Piani di rientro. Regione non può interferire con Commissario ad acta


Lo stabilisce la sentenza n.28 del 2013 che ha accolto il ricorso del Governo contro la Campania in riferimento al piano di riorganizzazione delle Aziende sanitarie universitarie. “Le funzioni amministrative del Commissario devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali”.

26 FEB - La Corte Costituzionale ha ribadito la sostanziale indipendenza del Commissario ad acta del Governo incaricato della gestione dei Piani regionali di rientro dal deficit sanitario. Lo ha fatto accogliendo il ricorso del Governo contro alcune disposizioni della Regione Campania.
 
Le disposizioni censurate prevedono, rispettivamente, uno specifico Piano di riorganizzazione su base pluriennale che, con provvedimenti anche in deroga alla programmazione vigente, disciplinava l’assetto, gli accorpamenti e l’integrazione di Aziende ospedaliere universitarie, nonché la definizione di finanziamenti che la Regione garantisce per l’attuazione del predetto Piano di riorganizzazione per le Aziende ospedaliere universitarie.
 
“Non può condividersi la tesi della difesa regionale scrive la Corte - la quale ha dedotto sul punto che la violazione delle disposizioni costituzionali si realizzerebbe solo qualora le norme regionali determinassero un aggravamento del disavanzo sanitario, aggiungendo che un simile aggravamento sarebbe da escludersi nel caso di specie, in considerazione del fatto che la previsione impugnata si prefigge il «fine di ristabilire l’equilibrio economico delle Aziende ospedaliere universitarie»”.
 
Secondo la Corte, infatti, “in ordine alla questione ora posta all’esame della Corte, assume rilievo la giurisprudenza costituzionale secondo cui «l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad un’attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. È, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che l’esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del Commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del Piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali, senza che possa essere evocato il rischio di fare di esso l’unico soggetto cui spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza sanitaria in ambito regionale» (sentenza n. 78 del 2011)”.
 
“Quindi – aggiunge la Corte - la semplice interferenza da parte del legislatore regionale con le funzioni del Commissario ad acta, come definite nel mandato commissariale, determina di per sé la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost., laddove, come nella specie, il Commissario sia l’organo esclusivo incaricato dell’attuazione del Piano di rientro”
 
“La circostanza, poi (avanzata dalla Regione ndr.) che il Commissario ad acta debba garantire l’autonomia universitaria e procedere, quindi, all’attuazione del suo mandato mediante protocolli d’intesa con le Università – secondo la Corte - non legittima certo il legislatore regionale ad interferire con il mandato commissariale medesimo, in contrasto con l’art. 120, secondo comma, Cost.” 

26 febbraio 2013
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