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Lombardia. Mingardi (Ibl): “Più concorrenza per la sanità”


Il direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni ha spiegato in una lettera al Corriere della Sera i pregi del modello regionale sottolineando come i recenti scandali siano “il frutto dell’esistenza di ampi margini di discrezionalità, da parte del decisore pubblico”. Serve più trasparenza con la pubblicazione online dei bilanci.

13 MAR - “La sanità lombarda è assieme un modello di successo e il brodo di coltura di alcuni degli scandali che hanno travolto il governo regionale. Con una spesa regionale che supera di poco il 5% del Pil, la nostra Regione eroga cure apprezzate per la qualità, come è evidente dal saldo attivo delle ‘migrazioni mediche’. Siamo la prima regione ‘esportatrice’ di cure mediche nel Paese”. Così, in una lettera pubblicata sull’edizione milanese del Corriere della sera, il direttore dell’Istituto Bruno Leoni, Alberto Mingardi, ha parlato del sistema regionale come di un “modello diverso dagli altri”, anche grazie alla legge 31/97 che ha consentito lo sviluppo di un mix di erogatori ospedalieri pubblici e privati che competono su un terreno di gioco livellato. La separazione fra Asl e aziende ospedaliere, da una parte, e il pagamento a prestazione, uguale per privato e pubblico, sono i pilastri di questo modello.

Per Mingardi gli scandali emersi in questi giorni potrebbero sembrare, facendone una lettura semplicistica, causati dal peso del privato. “In realtà, essi sono piuttosto il frutto dell'esistenza di ampi margini di discrezionalità, da parte del decisore pubblico - ha spiegato - e il fatto che le risorse possano essere distribuite secondo criteri diversi da quelli, magari semplicistici ma impeccabili, del pagamento a prestazione, che alimenta la razionalità della corruzione”.

Con la cosiddetta “legge Daccò”, ispirata all'obiettivo di concedere fondi per migliorare le strutture di assistenza sanitaria, riservava apertamente tali fondi al privato ‘sociale’ (non profit). L’assegnazione di fondi per le “funzioni non tariffate” svolte dagli operatori (ricerca, didattica universitaria, urgenza-emergenza eccetera) è stata non troppo diversamente ricondotta a qualche forma di “scambio politico”, fra decisori e mondo della sanità. Continuando nel suo excursus storico, Mingardi ha sottolineato come nel periodo 2003-2010, in media l'80% dei fondi per le “funzioni non tariffate” è stato corrisposto a strutture pubbliche; delle risorse assegnate a privati, il 40% era appannaggio di due realtà “non profit”.

Con gli anni, qualsiasi ingranaggio ha bisogno di essere ben oliato. Ma la scommessa della concorrenza per il direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni è stata vinta: ha consentito di migliorare conti e prestazioni. Tuttavia, il panorama competitivo appare sostanzialmente stabile (al netto del passaggio di proprietà dell'Ospedale San Raffaele). Mingardi fa infatti notare come non sia stato registrato l'ingresso di grandi operatori esteri: simmetricamente, anche i maggiori gruppi lombardi sono rimasti “lombardi”. La quota di mercato del pubblico è rimasta invariata e non è scesa sotto i due terzi della rete ospedaliera. Strutture pubbliche e private non profit beneficiano di un pregiudizio favorevole nell'opinione pubblica, “ma sono isolate dalle regole dell'economia privata (a cominciare dalla più banale: compilare bilanci civilistici)”.

Le promesse dei politici sono note: nomine più meritocratiche, maggiore attenzione all'appropriatezza delle prestazioni, maggiori controlli, riduzioni degli sprechi. Obiettivi giudicati sensati dal direttore dell'Ibl, e che possono essere conseguiti in due modi: con una migliore pianificazione pubblica, o facendo assegnamento sui meccanismi della concorrenza. "A questa seconda strategia, dobbiamo quanto di buono rimane nella sanità della nostra Regione".

Mingardi ha infine auspicato che la giunta Maroni cominciasse il suo percorso con una sorta di ‘legal review’: un riesame complessivo delle norme che governano la sanità lombarda, ragionando su quali supportano e quali invece frenano una maggiore concorrenza. Un freno è sicuramente rappresentato dall'assenza di trasparenza: la pubblicazione online dei bilanci degli erogatori, pubblici e privati (non profit inclusi), stimolerebbe il "controllo diffuso" del loro operato da parte di stampa ed esperti. "Ritornare all'ispirazione originaria del modello lombardo - ha concluso - cioè alla parità fra erogatori pubblici e privati, è la via più sicura per garantirgli un futuro".

13 marzo 2013
© Riproduzione riservata

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