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Lazio. Arsenico nell'acqua. Iss: "Per ora sono informazioni parziali"


In merito alla questione dell'esposizione alimentare ad arsenico nelle popolazioni di alcune aree di natura vulcanica del Lazio, l'Istituto superiore di sanità sottolinea che le informazioni emerse sino a questo momento "non possono in alcun modo riflettere l’insieme dei risultati dell’intero studio" chen l'Iss stesso sta conducendo.

18 APR - Non esiste una versione completa di analisi effettuate dall’Istituto superiore di sanità sull’esposizione alimentare ad arsenico nelle popolazioni di alcune aree di natura vulcanica del Lazio (province di Viterbo, Roma e Latina). E’ la precisazione diramata, in una nota, dallo stesso Iss.

“E’ necessario – spiega la nota - fare alcuni chiarimenti nell’interesse delle popolazioni coinvolte relativamente all’allarme creato da alcune notizie riportate dagli organi di stampa sullo studio di esposizione alimentare condotto dall’Iss nella popolazioni delle aree interessate. Le uniche informazioni eventualmente circolate sono da riferire verosimilmente a comunicazioni preliminari riservate ai soggetti partecipanti allo studio e ad essi selettivamente indirizzate per motivi di trasparenza nei confronti delle persone che avevano aderito allo studio. Tali informazioni non possono in alcun modo riflettere l’insieme dei risultati dell’intero studio e pertanto ogni uso di comunicazioni preliminari e non validate può essere improprio e addirittura fuorviante”.

L’Iss, in primo luogo, tiene a precisare che lo studio ha rilevato livelli di arsenico doppi rispetto a quelli della popolazione generale. “Si tratta di un dato in linea con i risultati del monitoraggio da tempo effettuato dall’Iss in quelle zone. Questi dati – prosegue la nota - se da un lato sono un’indicazione netta della necessità di intervento a vari livelli, a partire dalla dearsenificazione delle acque che è stata già avviata e che deve essere completata entro l’anno per rientrare nei limiti stabiliti dalla Commissione Ue, dall’altra non devono essere interpretati come un’indicazione di rischio immediato e indifferenziato per le popolazioni residenti”.

Bisogna inoltre tener presente che i dati che emergono dallo studio “danno informazioni importanti che concorrono alla valutazione e gestione del rischio, ma non consentono, da soli, di delineare un quadro definitivo per ottenere il quale servono di studi epidemiologici che partendo dai dati evidenze raccolte siano in grado di legare queste ad eventuali incrementi di patologie”.

Per quanto riguarda il passaggio dell’arsenico nella catena alimentare “nessuno dei dati relativi alla presenza di eccesso di questo elemento negli alimenti , come ad esempio nel pane, può tradursi automaticamente nella possibilità di incremento di patologie umane”.

L’Iss sottolinea poi di aver collaborato con tutte le autorità sanitarie - ministero della Salute, Regioni e Asl - fornendo raccomandazioni specifiche “su come e in quali casi è possibile o è vietato utilizzare le acque destinate al consumo umano contenenti diversi livelli di valori di arsenico non conformi alla norma. Queste raccomandazioni hanno riguardato anche il divieto d’uso delle acque per la produzione alimentare da tempo in vigore nei comuni interessati”.

L’aggiornamento sui progressi degli studi e sulle altre attività dell’Iss sul tema “continuerà ad essere oggetto di comunicazioni con tutti i soggetti interessati, per rispondere alla missione di indirizzo dell’Ente sulla tutela della salute pubblica e – conclude la nota - per garantire l’informazione delle popolazioni coinvolte”.  

18 aprile 2013
© Riproduzione riservata

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