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Gli eterni problemi della sanità del Lazio e la politica "smiling" di Zingaretti

di Roberto Polillo

Le incrollabili lobbies universitarie. Il privato imperante. Eccesso di letti in alcuni ospedali e altri ospedali senza letti. Case della Salute solo di nome. E l’elenco delle cose che non vanno potrebbe continuare. Il tutto mentre la politica col sorriso del presidente resta ancora sospesa in un immobilismo che non gli rende onore

15 OTT - Nel malinconico gioco delle parti che caratterizza la politica del nostro paese,  il dramma che si sta vivendo oggi con il taglio di 2,650 miliardi in tre anni del Fondo sanitario nazionale è purtroppo un evento atteso. E questo per responsabilità che coinvolge tutti gli attori istituzionale che di questo sfascio sono corresponsabili.
 
La maggiore responsabilità è indubbiamente del Governo che preferisce esentare dall’IMU o non imporre una piccola patrimoniale ai molti stra-miliardari che con la crisi dell’ultimo quinquennio hanno fatto affari a peso d’oro,  piuttosto che portare il finanziamento del SSN a un livello accattabile. Perché anche questo è uno spread che ci allontana dai  paesi civili del resto di Europa. Una pari responsabilità hanno però anche le regioni che pretendono di dettare legge sui loro territori senza incidere in modo sostanziale sulle diseconomie che ancora caratterizzano molti servizi regionali.
 
Prendiamo per esempio la Regione Lazio dove la politica “smiling” del Presidente resta ancora sospesa in un immobilismo che non gli rende onore.
 
Le domande da porsi,  e purtroppo più volte rivolte senza ottenere risposta, sono queste:
1. E’ possibile mantenere 5 policlinici universitari che formano il 90% del personale sanitario di tutta Italia senza chiedere il ribaltamento dei costi alle regioni che per indolenza non hanno attivato adeguate sedi universitarie?
2. E’ possibile lasciare la gestione del principale Policlinico romano alla iniziativa del Direttore generale di turno che nulla può contro le potenti lobbies universitarie?
3. E’ Possibile sopportare che i privati  e gli accreditati ope legis dispongano del 50% di posto letto e non sia stato ancora realizzato un  sistema regionale unico di prenotazione delle prestazioni?
4. E’ possibile che alcuni territori  della regione e della città abbiano un eccesso di posti letto e che altri siano drammaticamente sforniti nonostante nelle valutazioni sugli esiti alcuni  ospedali delle aree iperdotate risultino agli ultimi posti di classifiche nazionali sia per efficienza economica che per outcomes clinici?
5. E’ possibile avere 5 centri trapianti che eseguono un numero di interventi inferiori a quello che in Piemonte fa un unico centro?
6. E’ possibile mantenere oltre 30 UTIC aperte solo H12 che spesso eseguono un numero eccessivamente basso di  procedure e coprire il servizio notturno con sole 4 UTIC H24?
7. E’ possibile mantenere un numero sproporzionato di centri ematologici in cui si effettuano trapianti di midollo invece di concentrare il lavoro in uno o due centri soltanto?
8. E’ possibile che tra le reti assistenziali  non sia prevista quella allergologica obbligando i cittadini che hanno bisogno di una diagnostica per farmaci o per veleno di imenotteri o per effettuare una desensibilizzazione ad alimenti ad aspettare circa tre anni o rivolgersi al privato?
9. E’ possibile che non sia previsto un potenziamento delle strutture che si occupano della riabilitazione del pavimento pelvico a fronte di un invecchiamento drammatico della popolazione anziana che soffre di problemi di incontinenza?
10. E’ possibile tollerare una carenza di PL in RSA superiore alle 5000 unità quando è ampiamente dimostrato che tale carenza è responsabile dalla eccessiva durata delle degenze ospedaliere e della  inappropriatezza dei ricoveri medesimi?
11. E’ possibile lasciare i Dipartimenti di Prevenzione e di Salute mentale in una condizione di abbandono totale in cui manca personale e mezzi adeguati anche per svolgere, come nel caso degli ispettori d’igiene, i compiti istituzionali minimi a partire dalle  ispezioni ed altro?
12. E’ possibile cambiare semplicemente nome alle strutture territoriali da presidio di prossimità a casa della salute senza nulla fare di concreto per integrare i medici di medicina generale non cedendo ai loro capricci che nulla hanno a spartire con un effettivo miglioramento del servizio?
13. E’ possibile infine non tentare nemmeno di incidere sulla inapprorpriatezza delle prestazioni specie  radiologiche come apertamente denunciato dalla stessa Associazione nazionale dei radiologi che giudica inutile il 30% delle indagini effettuate?
 
La politica regionale dunque non può limitarsi a gridare al regicidio di fronte agli inconcepibili tagli del governo ma deve rispondere con i fatti: sporcandosi le mani e affrontando a viso aperto le difficoltà che  incontrerà se sceglierà la via della razionalizzazione e del potenziamento del SSR.
 
Quello del Lazio, si badi bene, è solo un esempio perché la situazione di molte altre regioni è perfettamente simile e sovrapponibile. E allora la protesta può essere credibile solo se le tesi del governo sulla possibilità di incidere sulle diseconomie diventerà il primo punto delle strategie regionali di implementazione dei rispettivi servizi regionali senza lasciare ad altri la possibilità di appellarsi a questo volgare pretesto che nasconde il tentativo di svendere il SSN alle compagnie assicurative private.
 
Roberto Polillo

15 ottobre 2013
© Riproduzione riservata

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