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Cure primarie. Medicina di gruppo integrata, il 'modello Veneto' al centro di un dibattito promosso dallo Smi 


Medici di famiglia, di guardia medica, ospedalieri, tecnici regionali e associazioni dei cittadini a confronto sulle tappe che stanno portando alla riorganizzazione delle cure primarie. Se ne è parlato lo scorso sabato a Villa Tacchi. Mantoan: "In 2-3 anni sarà possibile tarare la tenuta economica del sistema". Calì: "Seguiamo con interesse il progetto".

28 GEN - La medicina di gruppo integrata e le tappe che stanno portando alla riorganizzazione delle cure primarie in Veneto sono state al centro sabato del convegno “Integrare i servizi fa bene alla salute” organizzato dal Sindacato dei medici italiani a Villa Tacchi di Gazzo Padovano. Una sfida importante per il Veneto che, come ha ricordato il direttore dell’Area sanità e sociale della Regione, Domenico Mantoan, ha ridotto il livello dei posti letto a 3 ogni mille abitanti, il rapporto più basso in Italia. In questo quadro l’ospedale dovrà gestire le sole fasi acute e post acute e l’integrazione dei servizi territoriali diventa decisiva per assicurare la continuità delle cure. 
 
E che lo svilupparsi dell’esperienza veneta, con il contratto di esercizio per le medicine di gruppo integrate ormai in dirittura di arrivo, sia seguito con interesse a livello nazionale lo ha testimoniato la presenza del segretario nazionale, Salvatore Calì, accompagnato dal presidente nazionale Giuseppe Del Barone e dall’intera segreteria nazionale Smi.
 
“La medicina di gruppo integrata richiede oggi conoscenze, strumenti e un’organizzazione diversa dal passato – ha spiegato il segretario regionale Smi, Emanuele Mossutto –. Il decreto Balduzzi ha stabilito che le cure territoriali andassero potenziate, che occorresse più personale per gestire le cronicità ma in assenza di risorse economiche. Questa è la sfida, anche a livello di investimenti, che i medici e la Regione Veneto hanno accettato. In un contesto in cui va valorizzato il ruolo del medico liberandolo dagli adempimenti burocratici, con l’integrazione dell’assistenza infermieristica e domiciliare e la presenza di assistenti di studio in un ruolo inedito di interazione con i cittadini e con l’ente sanitario”.
A Giuseppina Onotri, responsabile nazionale Smi della continuità assistenziale, il compito di prefigurare il ruolo che la guardia medica (la tipologia medica più “presente” in termini temporali oggi nell’arco delle 24 ore) può rivestire nei processi di integrazione: dalla deospedalizzione, alla riduzione degli accessi al pronto soccorso fino alle forme associative sul territorio. Onotri ha riservato particolare attenzione alla diversità di trattamento contrattuale e retributivo tra le figure mediche coinvolte nel processo e alla necessità di arrivare a un suo superamento.
 
Maria Cristina Santi, della Cooperativa Veneto salute, ha affrontato nella pratica la realizzazione di modelli di integrazione attraverso puntuali elaborazioni, partendo da esperienze attuate sul territorio. Un lavoro di grande interesse che ha analizzato caso per caso le varie tipologie di modelli decentrati nella medicina di gruppo integrata, con una sede centrale, in cui medici e operatori prestano una parte del loro servizio, e le altre sedi periferiche ambulatoriali distribuite più capillarmente. Modelli che andranno applicati proprio tenendo conto delle caratteristiche del territorio e della densità e distribuzione degli abitanti. Santi ha anche ipotizzato i costi, determinando i fabbisogni di personale e i “tempari” degli operatori.
Molto seguiti gli interventi tecnico-normativi della responsabile dell’Unità complessa Assistenza distrettuale e cure primarie della Regione Veneto, Maria Cristina Ghiotto, e del dirigente dell’Unità complessa Assistenza ospedaliera pubblica e privata, Claudio Pilerci, che hanno illustrato, in particolare, le tappe normative e applicative per la piena attuazione del nuovo modello organizzativo.
 
A Domenico Mantoan il compito di spiegare la tabella di marcia e gli investimenti necessari per portare a regime il nuovo modello. “Dobbiamo arrivare a definire i costi del percorso assistenziale delle cronicità - ha affermato il dirigente regionale – e, attraverso la determinazione dei tempi che occorrono per le diverse prestazioni e degli standard del personale, in due-tre anni sarà possibile tarare la tenuta economica del sistema”. Obiettivo imprescindibile in un’epoca di contrazione delle risorse per valutarne l’effettiva sostenibilità.
Le possibili difficoltà nell’individuazione e nella gestione dei “codici bianchi” sono state affrontate da Luciano Mignoli, referente regionale Smi medicina primaria. Alberto Pozzi, dal suo osservatorio di medico ospedaliero dell’Aoui di Verona, ha rimarcato l’indispensabilità di strutture intermedie e ospedali di comunità per la corretta gestione del percorso dall’ospedale al territorio, dalla fase acuta alla cronicità.
 
“Tutti devono prendersi le loro responsabilità, compresi i pazienti cronici – ha osservato Giovanni Franchin, del coordinamento delle associazioni diabetici del Veneto -. Riscrivere la gestione della cura di una patologia come il diabete non è facile, ma l’incremento degli ammalati e le previsioni per il futuro ci obbligano a formulare nuovi obiettivi con la gestione integrata della patologia. Sono necessari investimenti soprattutto di “rete”, quali l’introduzione del sistema Webe care che permette la visione condivisa del piano di cura dell’ammalato”. Franchin ha poi riferito sul progetto del “diabetico guida” un volontario scelto dal proprio medico di medicina generale che possa essere istruito dalle Ulss e riconosciuto dalla Regione.
Le conclusioni sono state affidate al segretario nazionale Calì che ha avuto parole di interesse e apprezzamento per il modello delle cure primarie che si sta sviluppando in Veneto e ha ribadito la necessità di arrivare nel prossimo futuro alla reale integrazioni tra professionisti, con l’istituzione del contratto unico per tutti i medici operanti nel Servizio sanitario nazionale.  

28 gennaio 2014
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