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Intervista a Montaldo: “Con Atto di indirizzo in gioco futuro della medicina generale. Renzi preservi Ministero della Salute e finanziamenti alla sanità”

di Ester Maragò

L’associazionismo dovrà moltiplicare la capacità di dare risposte ai cittadini e i professionisti potranno diventare i co-gestori nel percorso terapeutico e assistenziale dei loro pazienti. Nel Patto per la salute si potrebbero introdurre meccanismi sanzionatori da attivare in caso di mancato raggiungimento di alcuni obiettivi di salute

18 FEB - Con il nuovo Atto di indirizzo, per poter dare una svolta al sistema, i contratti e le convenzioni dovranno avere uno scopo innovativo. L’associazionismo dovrà moltiplicare la capacità di dare risposte ai cittadini e i professionisti potranno diventare i co-gestori nel percorso terapeutico e assistenziale dei loro pazienti. Nel Patto per la salute, invece, si potrebbero introdurre dei meccanismi sanzionatori da attivare in caso di mancato raggiungimento di alcuni obiettivi di salute. Quanto al nuovo governo Renzi, per la Sanità saranno essenziali: la conferma dei finanziamenti, la permanenza del ministero della salute e la possibilità di rimodulare il rapporto Stato Regioni. Questo in sintesi l’intervento del Presidente del Comitato di settore e Vicepresidente della Regione Liguria, Claudio Montaldo.
 
Assessore Montaldo, entriamo subito in argomento. L’Atto di indirizzo per la medicina convenzionata porta la sua firma. Ci dobbiamo finalmente aspettare un vero cambio di passo per il territorio?
Se vogliamo dare una svolta vera al sistema dobbiamo portare avanti contratti e convenzioni che abbiano uno scopo innovativo. E questo è stato il motore con cui abbiamo proceduto in questi mesi. Non abbiamo mai messo in discussione la struttura giuridica del medico convenzionato, come molti temevano. Anzi, abbiamo voluto rafforzare il suo ruolo potenziando il rapporto medico paziente e inquadrandolo in una riorganizzazione diversa dove l’associazionismo deve moltiplicare la capacità di dare risposte ai cittadini. E questo è un passo decisivo verso l’innovazione.

Mi perdoni, ma sono anni che si batte sul tasto dell’associazionismo…
Vero, ma a differenza degli anni passati sono cambiate le condizioni normative. Questo atto parte infatti dalla semplificazione degli strumenti associativi, con le aggregazioni funzionali e le Uccp, come stabilito nella legge Balduzzi. Un ottimo punto di ripartenza, sulla base del quale abbiamo però indicato la necessità di rivedere l’allocazione di tutte le risorse per finalizzarle al raggiungimento di obiettivi di associazionismo e di salute. Anche questa una necessità perché, come ha ricordato il presidente di Agenas Giovanni Bissoni citando uno studio dell’Agenzia, negli Accordi collettivi nazionali ci sono ben19 voci di finanziamento e nella contrattazione integrativa regionale ce ne sono altre 57. 
Insomma, io sono convinto che la medicina generale si stia gioca il suo futuro. Noi offriamo ai professionisti, l’opportunità di diventare i co-gestori nel percorso terapeutico e assistenziale dei loro pazienti. Un’opportunità che gli viene offerta dall’associazionismo orizzontale e dall’integrazione multidisciplinare con gli specialisti territoriali e ospedalieri all’interno delle strutture distrettuali.

Questo significa anche andare a incidere sull’organizzazione dei distretti?
È evidente che se il distretto è l’organizzazione dell’aziende sul territorio deve avere un suo budget e una sua gerarchia con un direttore di distretto e con la medicina generale dotata di un suo coordinamento che si relaziona con la direzione. 

Insomma, un sostanziale cambio di passo nell’organizzazione del lavoro.
In questi anni ci si è spesso arenati su alcuni temi, pensiamo a tutte le preoccupazioni con cui si è guardato alle Case della salute. Queste sono scatole. Noi dobbiamo andare alla sostanza. E la sostanza sono percorsi assistenziali appropriati. Oggi siamo in grado di dire concretamente ad esempio quanto costa un paziente diabetico. Siamo in grado di evitare un 30% di ricoveri ospedalieri ancora utilizzati per curare questi pazienti. In sostanza se riusciamo a risolvere il tema della cronicità abbiamo risolto uno dei maggiori problemi del sistema sanitario. Definendo i costi possiamo contenerli.

Teme resistenze da parte della categoria, anche perché incentivi economici non ce ne sono?
Ribadisco, questa è una grande opportunità per i medici. E spero, anche per le cose che sento, che si raccolga questa sfida. Naturalmente una parte della categoria resisterà, è nell’ordine delle cose. Ora abbiamo dei rinnovi a invarianza di costi, ma i professionisti non devono trascurare un aspetto importante: se si sigla oggi un accordo finalizzato a rinnovare un pezzo di paese, un domani si avrà un maggiore potere contrattuale. 

E in quelle parti del territorio dove è più difficile applicare quando indicato nell’atto di indirizzo?
Credo che in questi casi debba entrare in scena il ministero della Salute. Come abbiamo ripetuto anche nel corso della costruzione del patto per la Salute, il “governo” lo deve avere il ministero. Per questo non va eliminato e va rafforzato nelle sue competenze. Perché deve gestire la combinazione dei fattori economici con quelli organizzativi, culturali e tecnologici e scientifici. Non concedendo deroghe per andare indietro, ma mettendo in campo azioni per andare avanti. Attraverso questo si riequilibra anche l’assetto economico. In sostanza, occorre investire modificando dei meccanismi organizzativi che un domani daranno anche un ritorno economico. 

Bisogna però mettere in atto anche meccanismo sanzionatori?
Sul versante economico, questo esiste già, pensiamo ai piani di rientro. Noi abbiamo bisogno di avere un processo nel quale le regioni siano indotte a prendersi le proprie responsabilità, e così come avviene nei piani di rientro dove ci sono meccanismi sostitutivi, questo potrebbe realizzarsi anche sul fronte delle cure primarie. Ma anche in altre aree. 

Ad esempio?
I punti nascita. Come avete messo in evidenza in un recente dossier, ci sono ancora molte strutture da chiudere e, chi più chi meno, in tutte le Regioni. È impensabile in questi casi mettere in atto una sanzione economica. Pensiamo invece ad attivare meccanismi condivisi che consentano di raggiungere lo scopo e ottemperare alle norme. 

State pensando di inserire nel Patto nuovi meccanismi sanzionatori per chi non raggiunge gli obiettivi di salute?
Potrebbe essere una strada sulla quale ragionare, per arricchire con contenuti di salute il tema dei piani di rientro. Non dobbiamo agire solo sul fronte del ripiano economico. Ecco perché dobbiamo evitare che si smonti il ministero delle Salute.

E sulle ipotesi che stanno girando in queste ore sul possibile inglobamento della Salute nel Welfare?
Sarebbe un errore. Il ministero della Salute va mantenuto perché è un bene prezioso. Inoltre ritengo che il ministro Beatrice Lorenzin abbia lavorato molto bene e si capisce che adesso ama la sanità. E la sanità è così: quando la conosci la ami. 

Cosa si aspetta dall’Esecutivo Renzi? 
Innanzitutto ritengo che servisse un cambio di passo, e spero quindi che Renzi riesca a realizzare i punti del suo programma. Per la Sanità mi aspetto tre cose: la conferma dei finanziamenti, la permanenza del ministero della salute e che si possa rimodulare il rapporto Stato Regioni. Rapporto che non ha bisogno di grandi modifiche costituzionali. È fondamentale che si realizzi il Senato delle autonomie e con modalità semplici ma più forti per far sì che in questo ambito si risolvano tutte le controversie tra le due parti. E se si risolvono quelle sulla sanità abbiamo risolto il 70% dei problemi. 
 
Ester Maragò

18 febbraio 2014
© Riproduzione riservata

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