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Lazio. La riconversione degli ospedali verso le Case della Salute: un processo in divenire

di Gennaro Barbieri

Durante una giornata di approfondimento a Roma, promossa da Siquas, Card e Sunas, i principali soggetti coinvolti hanno esaminato i nodi ancora da sciogliere e hanno fatto il punto sullo stato dell'arte delle strutture già convertite. Con uno sguardo attento verso i modelli di Emilia Romagna, Toscana e Veneto.

25 MAR - Integrazione, innovazione e apertura al cambiamento. Queste le parole d’ordine che stanno accompagnando gli interventi di riconversione dei Presidi ospedalieri laziali in Case della Salute. Un processo ancora in divenire, che ha costituito l’oggetto della giornata di approfondimento e di dibattito ‘Riconversione degli ospedali verso le Case della Salute nel Lazio e in altre Regioni” promossa da Siquas, Card e Sunas presso il polo didattico Sir di Roma.

La cronicità oggi assorbe l’80% delle risorse sanitarie e l’onere economico, connesso a questa situazione epidemiologica, diventa sempre più difficilmente conciliabile con le risorse disponibili. Di conseguenza si impone l’adozione di modelli di cura sostenibili e basati su un approccio proattivo che eviti o rinvii nel tempo la progressione della malattia. E’ questo il punto di partenza su cui vengono ideate le nuove strutture, come ha sottolineato Amedeo Cicogna, responsabile Uoc Valutazione dell’offerta e del controllo dell’erogazione nella Asl Roma H. Le Case della Salute rispondono quindi alla richiesta di continuità assistenziale da parte dei cittadini nell’arco di 24 ore, sette giorni su sette.

L’iter normativo nel Lazio inizia organicamente con la determinazione del 13 giugno 2013, che istituisce un gruppo di lavoro e studio sull’argomento. A ottobre un decreto del commissario ad acta, Nicola Zingaretti, definisce le linee guida regionali che definiscono un modello organizzativo declinato nell’area dell’assistenza primaria, tenendo conto anche della dotazione tecnologica per le attività specialistiche e per la gestione informatica delle diverse funzioni. Un successivo decreto, siglato lo scorso febbraio, ha disegnato il percorso attuativo anche tramite uno schema di intesa con le organizzazioni sindacali e professionali.

Nel complesso le Case della Salute ripercorrono il modello dell’ospedale distrettuale, come si evince riprendendo l’inquadramento fornito dal Ministero della Salute nel 2007, quando il titolare era Livia Turco. “Strutture polivalenti e funzionali in grado di erogare materialmente l’insieme delle cure primarie, di garantire la continuità assistenziale e le attività di prevenzione; sedi pubbliche dove trovano allocazione, in uno stesso spazio fisico, i servizi territoriali che erogano prestazioni sanitarie e sociali; luogo di prevenzione e promozione della salute e del benessere sociale”.

Le funzioni di base delle Cds comprendono quindi: la medicina generale in collegamento con la rete dei Medici di medicina generale e Pediatri di libera scelta operanti nel territorio di competenza in forma associata (Ucp o altre forme associative); assistenza specialistica ambulatoriale con particolare riferimento alle discipline di cardiologia, ginecologia, pneumologia, diabetologia, oculistica, otorinolaringoiatria, chirurgia generale ed eventualmente angiologia, neurologia, malattie dell’apparato digerente; ambulatorio infermieristico; attività di diagnostica strumentale di primo livello. A tali funzioni si sommano poi i moduli aggiuntivi che includono le cure intermedie, l’assistenza ambulatoriale complessa, i centri territoriali per le demenze, i centri antiviolenza, l’assistenza farmaceutica, l’attività fisica adattata e la funzione ambulatoriale dedicata al trattamento del dolore cronico.

A livello organizzativo, la Case della Salute è posizionata sotto la responsabilità del direttore di distretto. Questa funzione è svolta da un medico-dirigente, con competenze igienico amministrative, che opera in stretta collaborazione con un dirigente infermieristico. Il fulcro di questo modello è la riconduzione in un luogo fisico di figure fondamentali con il contributo di diverse componenti professionali. Al centro c’è quindi il concetto di integrazione e multiprofessionalità. Il raccordo con il territorio e con gli altri presidi aziendali si realizza mediante la condivisione di una piattaforma informatica, su cui rendere disponibili ai professionisti le informazioni utili al trattamento dei pazienti.

La fase di start up è stata strutturata, ha spiegato Gianni Vicario – dirigente dell’Area integrazione sanitaria della Regione Lazio -, sulla base di alcune tappe fondamentali: incontri con le singole direzioni aziendali; inserimento tra gli obiettivi dei direttori generali; ricognizione delle attività in essere presso i presidi interessati; stato degli immobili ed eventuali finanziamenti per le opere edilizie; accordi locali con i medici di medicina generale; elaborazione dei regolamenti; formazione dell’equipe; attività di comunicazione. Al termine di questo processo, le Case della Salute saranno configurate come nodo interconnesso con gli altri servizi nell’ambito della rete sanitaria e sociosanitaria locale. L’apertura delle nuove strutture non va quindi intesa come un punto d’approdo, bensì come l’inizio di una nuova fase di riorganizzazione integrata dell’assistenza.

La prima Cds del Lazio è stata inaugurata a Sezze (Latina) lo scorso 28 febbraio. Ne sono state previste 48 ed entro il 2014 ne verranno aperte 15. L’obiettivo finale è averne una in ogni distretto sociosanitario del territorio. Ma a livello regionale erano già presenti importanti e interessanti modelli di riconversione, come quello dell’Ospedale di Rocca Priora (Roma). La struttura, dalla data della apertura fino alla riconversione, ha sempre svolto una attività orientata alla cura delle malattie dell’apparato respiratorio, prima come centro sanatoriale per la cura della Tubercolosi e, successivamente, come Ospedale Specializzato Regionale per la Broncopneumologia. La progressiva riduzione della incidenza della Tubercolosi e la trasformazione dei modelli assistenziali hanno determinato che l’ospedale subisse l'erosione dei posti letto. Si è assistito, negli anni 2003-2007, quasi al dimezzamento del numero dei ricoveri (da 3.164 a 1.700).

Nel giugno 2010 viene quindi deliberato il superamento della funzione di ricovero per acuti dell’ospedale di Rocca Priora che diviene presidio territoriale ed incluso tra le strutture del Distretto Sanitario H1. Allo stato attuale, il presidio di Rocca Priora ospita: consultorio materno infantile; centro di assistenza domiciliare; Unità valutativa Alzheimer; Centro diurno per le demenze; ambulatori dei medici di medicina generale afferenti a tre unità di cure primarie; poliambulatorio specialistico; Servizio di continuità assistenziale (guardia medica) e della postazione del Servizio Ares 118; Cup; Radiologia; PUA.

Altro modello di riferimento è il presidio Nuova Regina Margherita a Roma che a inizio 2008 cessò l’attività ospedaliera per diventare presidio di prossimità. Si trasformò quindi in una struttura sanitaria territoriale con pochi posti letto (da 10 a 30), sotto la responsabilità decisionale del Distretto, con la partecipazione di figure diverse (MMG, Medici dipendenti, Specialisti ambulatoriali, Medici della continuità assistenziale).Grazie a questo iter, tra 2006 e 2011, il costo complessivo del presidio è calato dell’11% e quello del personale ha registrato una flessione pari al 20%.

Ma gli esempi cui guardare sono di spessore anche in altre regioni. In Emilia Romagna sono state pianificate 111 Case della Salute, di cui 49 già in essere. In particolare negli ospedali di prossimità è stata prevista la istituzione della Casa della Salute per una maggiore integrazione della continuità di cura tra la fase di ricovero e la dimissione, la presa in carico da parte della assistenza primaria, la integrazione con la rete dei servizi sociali e per la non autosufficienza.

In Veneto è interessante la cittadella socio-sanitaria di Cavarezere, in provincia di Venezia. La struttura iniziale, dal 1995 al 1999, contava 92 posti letto, concentrati in particolare in Medicina (46) e Lungodegenza (34), che diminuiscono a 32 nel 2000. Alla fine degli anni Novanta, gli ingressi giornalieri sono in media 74. I ricoveri ammontano a circa 1.800 all'anno con circa 27 mila giorni di degenza. Nel 1995 inizia la trasformazione dell'ospedale nella Cittadella Socio Sanitaria di Cavarzere S.r.l. Nel 1995, con la delibera regionale 2223, la struttura ospedaliera assume una funzione medico-riabilitativa. Gli ultimi ricoveri avvengono nel 2002. Il 26 marzo 2004, con la delibera regionale 880, nasce la Cittadella Socio Sanitaria di Cavarzere S.r.l., una società mista a capitale pubblico e privato. La riconversione è stata gestita in modo partecipato, mediante l’apporto costruttivo tra il socio privato ed i soci pubblici: 51 % Ulss 14 - funzione di indirizzo e controllo sulle prestazioni consumate dalla popolazione; 1 % Comune - indirizzi sul territorio; 48 % socio privato - gestione e apporto di risorse finanziarie.

In Toscana, infine, si sono affermate le Società della Salute. Si tratta di soggetti pubblici senza scopo di lucro, costituiti per adesione volontaria dei Comuni di una stessa zona-distretto e dell'Azienda Usl territorialmente competente, per l'esercizio associato delle attività sanitarie territoriali, socio-sanitarie e sociali integrate. Sul territorio della Toscana, ci sono attualmente 25 Società della Salute su 34 Zone Distretto. In queste organizzazioni, lavorano fianco a fianco professionisti e operatori sanitari e sociali, del terzo settore e del volontariato.
 
Gennaro Barbieri

25 marzo 2014
© Riproduzione riservata

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