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Veneto. Screening tumore al seno: lo effettua il 74% della popolazione, +12% rispetto alla media nazionale


Il dato, relativo al 2012, è stato discusso nel corso del convegno 'Canoa' svoltosi a Verona.Aspetto importante risiede nell'avanzamento delle conoscenze in campo biomolecolare, che ha permesso di distinguere vari sottotipi di tumore del seno, con prognosi e possibilità terapeutiche diverse. 

11 APR - Procedono a pieno regime in Veneto le campagne di screening per il tumore al seno. Un ruolo fondamentale è svolto dalla mammografia, esame che consente di individuarlo in fase inziale, quando le possibilità di sopravvivenza sono elevate. Nel 2012 sono state invitate 263.478 donne a eseguire questo test, il 93,7% della “popolazione bersaglio”. Non solo. L’adesione corretta, dato rappresentativo della reale risposta delle donne invitate, è pari al 74%, superiore rispetto alla media nazionale (62%). E, sempre nel 2012, la mammografia ha permesso di diagnosticare nella Regione 929 casi.

Prevenzione e terapie sono al centro del convegno nazionale “Canoa”, realizzato con il patrocinio dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) svoltosi a Verona (Ospedaletto di Pescantina). Nel 2014 in Italia sono stati diagnosticati circa 48mila nuovi casi di cancro al seno, in Veneto 3.976. “Lo standard desiderabile di adesione allo screening mammografico dovrebbe essere del 75%. È necessario rendere le donne sempre più informate e consapevoli. Così potremo salvare più vite – spiega Stefania Gori, Segretario Nazionale Aiom e direttore dell’Oncologia Medica all’Ospedale ‘Sacro Cuore-Don Calabria’ di Negrar (Verona) - L’avanzamento delle conoscenze in campo biomolecolare ha permesso inoltre di distinguere vari sottotipi di tumore del seno, con prognosi e possibilità terapeutiche diverse.
 
Grazie alla disponibilità di farmaci innovativi e al trattamento personalizzato, sono migliorate le percentuali di sopravvivenza sia nella malattia in fase iniziale che in quella avanzata. Ma dobbiamo puntare di più alla prevenzione, sia primaria, legata cioè agli stili di vita corretti, sia secondaria, aumentando l’adesione agli screening”.
Nel 2013 tre donne italiane su quattro della popolazione target sono state regolarmente invitate a sottoporsi alla mammografia. Permane una grande differenza fra Nord (più di 9 donne su 10), Centro (più di 8 donne su 10) e Sud (solo 4 donne su 10).

“Nel corso degli ultimi anni in Veneto vi è stata una progressiva dismissione delle apparecchiature radiologiche analogiche per le mammografie, che sono state sostituite da quelle digitali – afferma Mario Piccinini, Direttore Amministrativo del ‘Sacro Cuore-Don Calabria’ - I vantaggi di questa evoluzione tecnologica, che ha interessato anche il nostro ospedale, sono molteplici. In particolare riguardano la qualità delle immagini ottenute, la loro più agevole lettura, la riduzione della dose di radiazioni erogata, la maggiore sensibilità e specificità del test in tutte le donne valutate e l’aumento dell’efficacia dei programmi di screening”.

“Esiste una piccola percentuale, inferiore al 5%, di forme ereditare di carcinoma mammario – continua Gori - legate alla mutazione dei geni BRCA1-2. Le donne con probabilità superiore al 10% di avere questa alterazione sono selezionate in base a criteri clinici condivisi a livello internazionale. Con un semplice prelievo di sangue, è possibile effettuare un’analisi di biologia molecolare e stabilire se sono effettivamente portatrici della mutazione genetica. Il rischio di sviluppare un carcinoma mammario nel corso della vita è del 57% in una donna con mutazione accertata di BRCA1 e del 49% in caso di mutazione accertata di BRCA2. La probabilità di sviluppare il tumore dell’ovaio è del 40% in presenza di mutazione di BRCA1 e del 18% nel caso di mutazione di BRCA2. Inoltre nelle donne ad alto rischio per importante storia familiare o perché portatrici di una delle due alterazioni genetiche, i controlli mammografici dovrebbero iniziare a 25 anni o un decennio prima dell’età di insorgenza del tumore nel familiare più giovane”.

“I progressi della ricerca offrono numerose opportunità - sottolinea Gori - e gli oncologi devono acquisire le capacità per trasferire nella maniera più adeguata nella pratica clinica quotidiana i risultati degli studi scientifici. Far acquisire queste competenze è il primo degli obiettivi del convegno Canoa, giunto alla quinta edizione. Nella prima giornata verranno illustrati i risultati di studi molto importanti, la metodologia utilizzata e l’impatto potenziale sulla pratica clinica”.

“D’altra parte - afferma Fabrizio Nicolis, Direttore Sanitario del ‘Sacro Cuore-Don Calabria’ - la ricerca clinica ha ricadute sia a livello di pratica clinica (miglioramento della qualità in ogni servizio/reparto coinvolto nella diagnosi e nel trattamento delle patologiche neoplastiche) sia a livello organizzativo (deve essere prevista nella struttura ospedaliera la presenza di personale formato in data management, statistica, metodologia; la presenza di infermieri di ricerca; la presenza di un nucleo della ricerca clinica; ecc) sia a livello economico”. Nella seconda giornata del convegno Canoa verranno affrontati alcuni quesiti di pratica clinica con la metodologia Grade, utilizzata per la stesura delle 32 Linee Guida Aiom.

“Con la stesura di Linee Guida, aggiornate annualmente – osserva Gori –, vogliamo migliorare e standardizzare la pratica clinica. È infatti essenziale offrire ad ogni paziente oncologico su tutto il territorio nazionale la possibilità di ricevere una diagnosi adeguata e il miglior trattamento, inteso come la terapia più appropriata. Inoltre le linee Guida AIOM garantiscono un riferimento basato sull’evidenza per le Istituzioni nazionali e regionali, per gli organismi regolatori e per l’industria, affrontando le problematiche diagnostico-terapeutiche di 23 patologie oncologiche e di 8 aspetti generali, con il coinvolgimento di oltre 500 professionisti”.

“L’obiettivo di ogni nostro operare - conclude il Presidente del ‘Sacro Cuore-Don Calabria’, Carlo Toninello - è infatti quello di essere sempre al servizio dei nostri pazienti. I progressi illustrati oggi nell’ambito nel carcinoma mammario potranno mantenersi ed aumentare in futuro. Come? Anche con una modernizzazione continua all’interno delle strutture ospedaliere, dove devono essere presenti tecnologie all’avanguardia, servizi diagnostici efficienti, ambulatori di counseling genetico per l’identificazione delle donne ad alto rischio familiare e/o genetico di sviluppo di carcinoma mammario, laboratori di biologia molecolare, personale adeguatamente formato, organizzazione, collegamento con le altre strutture oncologiche regionali e italiane, con il territorio, con i medici di medicina generale e con le associazioni di volontariato. Indispensabile anche l’attività di ricerca clinica e traslazionale. E l’aggiornamento scientifico: i convegni sono espressione di questa attività e ricordiamoci che, per tutti gli operatori in ambito sanitario oncologico, il costante aggiornamento rappresenta una delle modalità con cui essere, sempre, ‘al servizio’ dei nostri pazienti”.
 

11 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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