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La Federazione della sinistra “corregge” il Piano di rientro del Lazio


Contestato il Piano siglato da Renata Polverini, con 15 proposte di cambiamento: riequilibrio tra le offerte assistenziali nelle province laziali, internalizzazione dei servizi e lotta al precariato, accreditamento definitivo degli erogatori pubblici e privati.

11 APR - La Federazione della sinistra del Lazio denuncia i molti limiti del Piano di Rientro siglato dalla presidente Renata Polverini. Per la Federazione della sinistra (che riunisce Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Socialismo 2000 e Lavoro-Solidarietà) l’attuazione del Piano siglato con il Governo concentrerebbe ancora di più su Roma l’offerta di servizi sanitari, lasciando i cittadini delle altre province laziali in un “deserto sanitario”.
 
Le proposte della Federazione, riassunte da Roberto Polillo, sono state presentate sabato scorso in un Convegno a via dei Frentani. In tutto si tratta di 15 punti, finalizzati a realizzare il riequilibrio tra le offerte assistenziali nelle province laziali, l’internalizzazione dei servizi e la lotta al precariato, l’accreditamento definitivo degli erogatori pubblici e privati.
 
Le proposte della Federazione della Sinistra per la sanità del Lazio.
  1. Come condizione prioritaria, il riequilibrio dell’offerta sanitaria a favore delle provincie, dove deve essere garantito lo standard di 4 PL per mille comprensivi di 0,7 PL per riabilitazione e post acuzie (valori attesi come risultato del Piano i seguenti: Frosinone: 2,1; Rieti: 2,6; Latina: 2,75; Viterbo: 2,32; Roma: 3,56). Questo per non far dipendere territori lontani dalla Capitale, per non soffocare gli ospedali capitolini di riferimento delle provincie per l’alta specialità e per evitare la duplicazione dei ricoveri per l’identico episodio. Per tali motivi è indispensabile rivedere la divisone della regione in 4 macroaree che è un semplice artificio contabile per raggiungere lo standard previsto ma che di fatto compromette  la garanzia di assistenza nei territori della provincia.
  2. Rivalutare il numero effettivo di abitanti della regione ai fini dello standard di posti letto di spettanza del Lazio superando l’attuale condizione di sottostima dei residenti.
  3. Procedere all’accreditamento definitivo degli erogatori pubblici e privati superando l’attuale fase di proroga basata sull’autocertificazione introdotta con il DECR U0090. Prevedere una diversa tempistica per le varie strutture sulla base della complessità assistenziale e del ruolo occupato nel SSR e stabilire tempi certi per l’adeguamento delle strutture eventualmente carenti, pena l’esclusione delle stesse dall’elenco dei fornitori.
  4. Invertire la rotta fin qui seguita  di crescente esternalizzazione dei servizi che non solo non ha dato i risultati sperati in termini di riduzione dei costi ( in molti casi come nel Policlinico aumentandoli) ma che ha ulteriormente abbassato il livello della qualità del sistema e di tutela dei lavoratori. Questo significa anche mettere al primo posto il problema drammatico del precariato ivi compreso quello dei contratti professionali (circa il 40% dei contratti della dirigenza). La lotta al precariato non è solo una battaglia di civiltà nei confronti dei lavoratori spesso in condizioni di totale assenza di diritti, ma è anche quella della tutela del servizio pubblico ed universalistico; un servizio già pesantemente  penalizzato nel piano di riordino.
  5. Realizzare una reale integrazione tra le reti ad alta complessità con quelle a media e bassa intensità offrendo una copertura a tutto il territorio regionale attraverso la definizione chiara dei percorsi e dei tempi ( protocolli scritti) e colmando i vuoti assistenziali esistenti come nel caso della Ematologia e della Allergologia e Immunologia clinica.
  6. Chiarire il ruolo dei Policlinici Universitari stabilendo la quota parte dei costi da questi sostenuti per formare medici e altri professionisti sanitari che saranno utilizzati da  regioni che però non hanno investito nel processo formativo (22% dell’intera offerta formativa). Si tratta di un cifra calcolata in 400 milioni di € che dovrebbero tornare in larga parte nella casse della regione Lazio.
  7. Definire meglio i rapporti con gli Istituti religiosi a convenzione obbligatoria con i quali è lo Stato italiano ad avere sottoscritto i rapporti contrattuali fin dalla legge 833/78 prevedendo che anche tali istituti sottostiano agli stessi obblighi del pubblico per quanto concerne percorsi assistenziali, accesso al CUP regionale e reclutamento del personale. Allarmante il dato riportato il giorno 6 aprile u.s. dal  Tribunale dei Diritti del malato che su 14 milioni di prestazione ben 9 milioni sono erogate con accettazione diretta senza passare per i servizi regionali e aziendali di prenotazione.
  8. Dare piena attuazione al Patto sottoscritto tra Stato e regioni in tema di abbattimento delle liste di attesa impegnandosi sul fronte della offerta, della trasparenza e soprattutto su quello della appropriatezza clinica e prescrittiva degli erogatori. 
  9. Riorganizzare la rete ospedaliera della capitale accorpando reparti e prevedendo un uso delle alte tecnologie e della alte specialità come anche delle sale operatorie per un tempo prossimo alle  24 ore e implementando nuovi modelli assistenziali come quello basato sulla intensità di cura.
  10. Prevedere specifici protocolli di dimissione di pazienti e di loro affidamento a strutture a minore intensità assistenziale (post acuzie, ospedale distrettuale, RSA) istituendo sul modello toscano le cosiddette “discharge room” in ogni presidio ospedaliero.
  11. Attivare immediatamente i posti di RSA e di lungo-degenza di cui è carente la regione. Si tratta di oltre 5.000 posti la cui carenza comporta un uso improprio degli ospedali che da presidi adibiti all’acuzie si trasformano invece in strutture per lungo degenza o simili (5.148 posti letto a fronte di un fabbisogno 13.072). Un provvedimento essenziale per efficientizzare il sistema, ed in linea con quanto sostenuto dallo stesso Ministro Sacconi nel “rapporto sulla non autosufficienza del 2010” laddove si dimostra come il disavanzo regionale sia connesso ( in modo potremmo dire lineare) ad un eccessivo uso dell’ospedale e  questo a sua volta  sia in diretta relazione alla scarsa disponibilità di Posti letto per  anziani. Un mezzo peraltro indispensabile per  salvaguardare migliaia di posti di lavoro, ora messi  a rischio dalla manovra.
  12. Rivedere la assurda decisione sui tagli ai posti di Neuro-riabilitazione dell’istituto Santa Lucia dando piena attuazione alla sentenza del TAR N° 977 del 9 marzo.
  13. Rafforzare la rete del 118,  prevedendo il suo adeguamento per quanto riguarda mezzi e personale ( carenza attuale di 40 mezzi e 600 unità di personale) e dare concreto avvio alle osservazioni breve  intensiva (OBI).
  14. Adeguare gli ospedali distrettuali ai principi del “chronic care model” sviluppando una medicina pro-attiva e dell’iniziativa, valorizzando il ruolo degli infermieri come “case” e “care” manager, istituendo i posti letto a gestione infermieristica e promuovendo l’integrazione con le attività socio-assistenziali.
  15. Ridefinire gli accordi con i MMG nelle strutture che li prevedono puntando ad una loro effettiva integrazione con le strutture della ASL e con gli altri operatori superando così quella condizione di separatezza che ancora li caratterizza negativamente. Definizione di specifici percorsi assistenziali sulle 5 principali patologie croniche (Ictus, Ipertensione arteriosa, diabete, scompenso cardiaco, BPCO) secondo i principi di “Extended chronic model” attraverso la sottoscrizione di specifico accordo regionale e la istituzioni di “moduli” misti in cui operano MMG, infermieri e medici di sanità pubblica per la definizione dei protocolli e la valutazione degli esiti.


11 aprile 2011
© Riproduzione riservata

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