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Cosenza. Medico vince causa contro la Asp per depressione. Pochi mesi dopo è Dg ed è polemica. Ma lui replica: “Mia nomina assolutamente legittima”


Raffaele Mauro, interviene con una nota nelle polemiche in merito alla sua nomina ai vertici della Asp di Cosenza, avvenuta pochi mesi dopo che lo stesso Mauro aveva vinto, nel 2015, una causa di servizio per depressione ai danni della stessa Asp.

31 OTT - “Ritengo utile precisare che nulla ho chiesto a titolo di risarcimento del danno alla persona (equo indennizzo) all'Asp di Cosenza, né ho richiesto il pagamento delle spese legali, da me sostenute, in quanto il mio unico fine era la tutela e la difesa dell'esercizio della mia funzione a vantaggio della pubblica amministrazione”. E la successiva nomina a dg “è assolutamente legittima e incontestabile”. Lo afferma, in una nota, il direttore generale dell'Asp di Cosenza Raffaele Mauro in relazione alla causa di servizio per depressione vinta nel 2015 ai danni della stessa Asp, di cui poi è divenuto direttore generale pochi mesi più tardi.

“Le ragioni che mi hanno indotto a promuovere, nel 2011, la causa di servizio - afferma Mauro nella nota rilanciata dall’Ansa - sono le stesse che mi impegnano, oggi, a dover respingere ed a non cedere a nessun tipo di condizionamento e di pressioni che hanno il desiderato fine di stravolgere il principio della regola della buona amministrazione, per tutelare interessi particolaristici e privati, nella sanità cosentina. Gli attacchi nei miei confronti iniziano nel 2007 e vengono amplificati dal 2010 in poi, attraverso rilevanti pressioni che sono sfociate anche in vere e proprie aggressioni. Nel periodo indicato si è dovuto procedere a far adeguare le case di cura al possesso dei requisiti strutturali, nonché alla riorganizzazione in coerenza ai nuovi modelli dettati dal Decreto del Commissario per il Piano di Rientro. A seguito dell'attuazione di tali modelli organizzativi, si è determinata la riduzione della produzione delle cliniche private, con conseguente flessione dei livelli occupazionali, fino al punto che in provincia di Cosenza si è dovuto registrare il fallimento di quattro strutture. Mi sono trovato nel difficile ruolo di servire due padroni, facendo da respingente fra il management aziendale ed i lavoratori disperati”.

“Altre strutture – prosegue Mauro - hanno dovuto fare ricorso all'istituto del concordato preventivo ed, in tale contesto, è scaturito un notevole ritardo nel pagamento dei lavoratori dipendenti. In tali periodi ho subito l'avvelenamento del cane, minacce di morte e danneggiamenti all'automobile, nonché, l'occupazione della struttura da me diretta, con conseguente intervento della Digos, in più circostanze. Di fronte a tali aggressioni ed alle minacce di cui ero oggetto, invece di registrare la solidarietà dei vertici aziendali pro-tempore, venivano esercitate ingerenze nell'espletamento delle mie funzioni, con l'intento di operare una mia rimozione dall'incarico ricoperto. Il management aziendale pro-tempore procedeva, altresì, all'invio di tutti gli atti da me prodotti alla sezione regionale della Corte dei Conti che non attivava alcun procedimento amministrativo-contabile, nei miei confronti. Nonostante ciò si continuavano ad esercitare minacce e pressioni a mio danno. Ho dovuto, pertanto, ricorrere alla causa di servizio, come extrema ratio, al fine di invocare la tutela aziendale nei miei confronti. Ero costretto in quel periodo a subire un grave stato di stress, in quanto mi sentivo isolato e non supportato dal management pro-tempore. Inevitabilmente, solo il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio poteva essere l'unica ed estrema tutela nei confronti della mia condizione lavorativa ed esistenziale. Tutto questo, unicamente, per aver operato nel rispetto della legalità e nell'interesse della Pubblica amministrazione”.

La sentenza interviene a novembre 2015, “riconoscendo – spiega Mauro - un danno alla persona ascrivibile all'ottava categoria; tale condizione è pienamente compatibile con l'espletamento di qualsiasi attività lavorativa, ivi compresa quella di direttore generale aziendale”.

“A gennaio 2016, nominato direttore generale dell'Asp di Cosenza - conclude Mauro - dichiaravo l'insussistenza di incompatibilità di qualsiasi natura che, in base alla vigente normativa sulla causa di servizio,  non sussistevano e non sussistono. Mai, avrei reso false dichiarazioni che potessero inficiare la mia nomina. Tale nomina deliberata dal Presidente e dalla Giunta Regionale è, dunque, assolutamente legittima ed incontestabile”.

Le vicenda, però, non convince la deputata Dalila Nesci (M5S), che chiede le dimissioni di Mauro. “I soldi fanno venire la vista ai ciechi e anche ai depressi, soprattutto se sono un sacco”, afferma in una nota Nesci. Adesso – prosegue la parlamentare – Mauro, colto nel sacco, deve andarsene dalla direzione generale, possibilmente da domattina. È evidente che non può restare un solo minuto in più, dopo questa storia, la quale conferma che il governatore Oliverio non ne azzecca una e non riesce mai a sapere nulla riguardo alla macchina amministrativa, talmente è impegnato a raccontarsi favole e a sentire le nenie dei suoi collaboratori di sempre”.

Per Nesci “quasi tutte le nomine dirette o indirette di Oliverio sono state un fallimento totale. Bisognerebbe accendergli un faro da stadio e regalargli uno schemino grafico, da Gioffrè a Carpentieri, da Piraino a Mauro, da Belcastro a Pallaria, perché il governatore non vede neppure l'evidente né sente con le cannonate”.

“In quanto a Mauro – ricorda la parlamentare –, si tratta, peraltro, dello stesso direttore generale che qualche giorno fa ignorava che l'ospedale di San Giovanni in Fiore necessita di un sacco di cose, ma rimediava con una consulenza un sacco costosa, un sacco inutile inutile e un sacco imbarazzante. Ci auguriamo – conclude Nesci – che da qui in avanti Oliverio eviti tutto il sacco di figuracce che finora ha confezionato sulla gestione della sanità e degli uffici in generale. Naturalmente lo diciamo per il bene dei calabresi, che comunque non si fanno mettere nel sacco”.

31 ottobre 2016
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