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Inchiesta Repubblica: la giungla dei dispositivi medici, in ospedali si sprecano 2 mld all’anno


Il viaggio del quotidiano La Repubblica tra i prezzi dei dispositivi medici in Italia svela come ci siano ospedali le cifre pagate dagli ospedali possano variare del 30% e anche più. Uno stent medicato che a Terni costa 594 euro, a Genova ne costa 1.250. Scostamenti dietro i quali gli esperti non escludono che si possano nasconde truffe e corruzioni. Al Nord come al Sud d’Italia. Un imprenditore anonimo interpellato da Repubblica se la prende con i ritardi di pagamento delle Asl e spiega: “Si ricarica sui prezzi, modulandoli a seconda dei tempi di pagamento che cambiano da Regione a Regione”.

21 MAG - Quotidiano Sanità ha provato a contattare Angelo Fracassi, presidente di Assobiomentica, l’associazione che riunisce 300 aziende di tecnologie biomedicali e diagnostica, per avere alcune risposte riguardo a quanto emerso dall’inchiesta di Repubblica. Dalla segreteria spiegano che il presidente si trova in Giappone e non è al momento raggiungibile, ma aggiungono che la denuncia di Repubblica riguarda un problema noto, non semplice da spiegare e spesso interpretato senza tener conto di tutti gli elementi che contribuiscono a definire i prezzi pagati dagli ospedali. Se infatti non si possono escludere casi di corruzione, Assobiomedica precisa che i prodotti biomedicali hanno numerose particolarità che possono far variare sensibilmente i prezzi sia in riferimento alle proprietà specifiche di un prodotto simile ma non uguale, sia in correlazione alle quantità acquistate dagli ospedali, sia perché spesso le gare di appalto includono assistenza, manutenzione e servizi che influiscono sulla crescita dei prezzi. Ma Assobiomedica sottolinea di aver chiesto da tempo al ministero di istituire un Osservatorio degli acquisti per un maggiore controllo del mercato biomedicale.
Da parte sua, il ministro della Salute Ferruccio Fazio, intervistato da Repubblica, annuncia l’intenzione di “togliere alle singole Asl questo tipo di attività per conferirle sul territorio nazionale a strutture centralizzate che siano trasparenti. Dalla centralizzazione dei beni e servizi ci potremmo attendere risparmi anche molto consistenti, dell'ordine di uno e forse due miliardi di euro”. Quanto alle ragioni del fenomeno, il ministro sostiene che “è chiaro ed evidente che una quota definibile malaffare o corruzione non è assolutamente da escludersi. In parte può essere anche scarsa competenza, ma ben sappiamo che in sanità esistono abusi e spazi di interventi che sono contro la legge”.

La giungla dei prezzi
Il caso forse più clamoroso di divario dei prezzi a parità di prodotto si registra nel Nord est, nei capoluoghi del Trentino Alto Adige: il defibrillatore bicamerale della Boston scientific (modello teligen 100 Dr F110) costa, a Trento, 13.500 euro, ad appena 50 chilometri di distanza, a Bolzano, 16.100. Duemilaseicento euro in più. Ma episodi analoghi si registrano ovunque, in Italia.
Lo “stent medicato” a rilascio di farmaco Xience V costa a Terni 594 euro, ma a Genova il prezzo misteriosamente raddoppia balzando a 1.250 euro. Per un altro modello, il Taxus Liberte-Promus Elemento, avviene inspiegabilmente il contrario: il prezzo più alto è a Terni (1.486 euro), dove costa più del doppio di quello del centro acquisti Estav-Sudest della Regione Toscana (670 euro).
Una valvola aortica cardiaca percutanea ha un prezzo di 19mila euro all'Azienda ospedaliera Niguarda di Milano, di 20mila alle Molinette e di 21mila all'Estav-Sudest Toscana. Le stesse valvole meccaniche mitraliche all'Estav-Sudest della Regione Toscana costano 2.380 euro, 2.500 all'ospedale di Alessandria e 3.400 all'Azienda messinese Papardo Piemonte. I prezzi delle valvole cardiache aortiche e mitraliche biologiche oscillano dai 2.150 euro dell'Estav-Centro Toscana ai 2.500 di Molinette, Alessandria e Niguarda. Dai 2.600 euro dell'ospedale di Terni ai 3.200 del Papardo Piemonte di Messina.
Anche la chirugia non è esente dal fenomeno dell'altanena dei prezzi a parità di prodotto. I trocar - tubi che si piantano nell'addome attraverso cui si introducono fibre ottiche e strumenti chirurgici, pinze e forbici - hanno prezzi che variano all'interno della stessa Regione da un minimo di 80 euro a un massimo di 102. Lo stesso avviene anche per le medicazioni in alginato (fibre derivate dalle alghe marine), indicate per ferite particolarmente sanguinanti. L'oscillazione all'interno della stessa regione può variare in Italia da 1,22 a 1,84 euro.

Le imprese si rifanno dei ritardi delle Asl
“Il rivenditore si trova in una morsa spietata – spiega a Repubblica il titolare di una delle più importanti società di fornitura di protesi biomedicali che ha chiesto l'anonimato - da una parte deve pagare in tempi rapidi l'azienda produttrice, dall'altra è costretto ad attendere anche 784 giorni, come avviene in Calabria, per incassare il ricavato dalle Asl. E non sempre le banche accettano di scontare le fatture. Ecco perché molte aziende non prendono in considerazione appositamente i prezzi di riferimento del ministero, per cui accettano di vendere lo stesso prodotto da una parte 2.500 euro E da un'altra 3.500, per ricaricare sui prezzi finali gli interessi, modulandoli a seconda dei tempi di pagamento che cambiano da Regione a Regione”.
Ma il direttore dell’Agenas, Fulvio Moirano, non crede che la ragione possa esser quella dei ritardi delle Asl. “Se così fosse. assisteremmo ad incrementi di prezzi pari al costo del denaro, con variazioni dell'ordine del 5 per cento annuo, non certo a incrementi del 50, del 100 e addirittura del 200 per cento”.

 
L.C.

21 maggio 2010
© Riproduzione riservata

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