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Giornata contro la violenza sulle donne. Federsanità Anci: “Necessario il contributo del medico competente per la formazione dei professionisti che aiutano le vittime”

di Domenico Della Porta

Il contributo del medico competente, introdotto dal Testo Unico sulla salute e Sicurezza Sul Lavoro, non può mancare all'interno del percorso di formazione di quei professionisti chiamati ad aiutare le donne vittime violenza. È la posizione di Federsanità Anci che ricorda come la necessità di “rafforzare la protezione delle lavoratrici durante la loro attività, per evitare qualsiasi forma di violenza sul luogo di lavoro”, già contenuta nell’Accordo sottoscritto il 25 gennaio dello scorso anno tra Confindustria e Cgil-Cisl e Uil, sarà oggetto anche della prossima sessione dell’Oil, l'Organizzazione Internazionale del lavoro, prevista per giugno 2018.

25 NOV - Per la formazione delle professionalità che entrano in contatto con i destinatari del Percorso per le donne che subiscono violenza, previsto nel recente Dpcm, non può mancare il contributo del Medico Competente introdotto dal Testo Unico sulla salute e Sicurezza Sul Lavoro 81/2008 6 . A conferma di tale orientamento basta citare il Box n.1 “La violenza maschile contro le donne nei luoghi di lavoro”, riportato nel Piano di Azione 2017-2020 redatto a margine del Dpcm dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
 
In esso, oltre ad essere evidenziato uno stralcio dell’ultimo Rapporto Oil, l'Organizzazione Internazionale del lavoro, sull’argomento, elaborato proprio quest’anno, viene citato anche l’Accordo sottoscritto il 25.1.2016 tra Confindustria e Cgil-Cisl e Uil, in cui si richiama la necessità di rafforzare la protezione delle lavoratrici durante la loro attività e viene preannunciata che nella prossima sessione dell’Oil prevista a giugno 2018, saranno individuati e definiti i nuovi strumenti di prevenzione da mettere in atto per evitare sul lavoro tali violenze.
 
Nel rispetto di quanto previsto dall’art.28 D.Lgs 81/08 , la condizione di esposizione al rischio lavorativo per le donne, si diversifica e, spesso, si acuisce, non solo in conseguenza della loro peculiare interazione fisica con i fattori di rischio, soprattutto agenti e sostanze pericolose, movimentazione e vibrazioni o con la dimensione biologica relativa, in particolare, alla sfera riproduttiva, non solo per la diversa percezione della salute e del pericolo e per le diverse forme di vulnerabilità, ma anche per effetto del loro status socio-culturale e psicosociale.
 
Senza dubbio incide sulle condizioni di lavoro e sulla peculiare esposizione ai rischi, la circostanza che vi siano più donne in attività precarie e mal retribuite, che le donne occupino posti di lavoro gerarchicamente meno importanti e ad orario ridotto, che lavorino in settori storicamente meno sindacalizzati e il loro numero sia decisamente inferiore rispetto agli uomini nelle rappresentanza sindacali in azienda, ma, soprattutto, incide la disuguaglianza dei sessi all’interno e all’esterno del luogo di lavoro, elemento, questo, che può pesantemente condizionare la prevenzione della salute e della sicurezza sul lavoro delle donne.
 
Le donne, infatti, svolgono ancora la maggior parte dei lavori domestici non retribuiti e si prendono cura, anche se lavorano a tempo pieno, di bambini e anziani non autosufficienti, circostanza, questa, che fa notevolmente aumentare il loro tempo di lavoro quotidiano, esercitando su di esse una forte pressione supplementare e ciò, in particolare se, come spesso avviene, l’organizzazione del lavoro in azienda e le loro incombenze di cura e assistenza nella vita privata risultano del tutto incompatibili, o, se si preferisce, risulta impossibile qualsivoglia conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro.
 
In virtù di questo approccio, una valutazione dei rischi che voglia tener conto delle differenze di genere, tanto in rapporto alle caratteristiche variabili peculiari delle femmine e dei maschi, quanto alla loro posizione rispetto ad un determinato fattore di pericolo, dovrà necessariamente rispecchiarne i tratti fisici, biologici, culturali e sociali nella loro interazione con l’organizzazione e con le caratteristiche dell’attività lavorativa svolta. Tali differenze andranno evidenziate e valutate sia per i rischi ambientali più tradizionali: chimici, fisici, biologici, cancerogeni, ergonomici, meccanici, che per quelli di tipo organizzativo e psicosociale: mobbing strategico, burn out, molestie e violenze anche sessuali.
 
Domenico Della Porta
Referente Nazionale Medicina del Lavoro e Sicurezza
Federsanità Anci

 

25 novembre 2017
© Riproduzione riservata

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