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Sciopero del 23 febbraio. Ipasvi Firenze-Pistoia. “È il momento di trasferire la protesta da Facebook a un’azione tangibile”


Anche il collegio toscano aderisce allo sciopero indetto per il prossimo 23 febbraio. Da anni siamo inascoltati, nonostante continuiamo a prestare la nostra opera con abnegazione in aziende che non ci riconoscono come professionisti ma solo come forza lavoro da retribuire con paghe orarie non degne di un esercente una professione sanitaria.

13 FEB - “Aderiamo con convinzione allo sciopero e invitiamo tutti i nostri iscritti a fare altrettanto per tutelare la professionalità, altissima, che gli infermieri esprimono ogni giorno nel loro lavoro e che questo contratto, forse troppo superficialmente discusso fino ad oggi da chi non rappresenta i soli infermieri, non sembra sapere affatto riconoscere".

È questa la posizione che il Consiglio Direttivo Ipasvi Firenze-Pistoia esprime in una nota in merito allo sciopero indetto per il prossimo 23 febbraio, quando gli infermieri italiani scenderanno in piazza per protestare contro un rinnovo contrattuale che l’Ordine Interprovinciale definisce come “regressivo”.

Un rinnovo, si legge ancora, “che si scontra con una realtà dolorosa per gli infermieri alla quale, non corrisponde una volontà politica chiara ed univoca di mutare i modelli assistenziali, concedendo una reale autonomia gestionale agli infermieri che ormai hanno tutti i titoli per chiederla e ottenerla”.

Per il collegio toscano, “questo è il momento per i colleghi di trasferire la protesta dai propri profili Facebook a un’azione tangibile. Sarebbe però un errore, a nostro avviso, focalizzare la protesta sul solo lato economico. Gli infermieri italiani, lo vediamo molto bene nella nostra realtà, sono in sofferenza. Da anni sostanzialmente inascoltati, nonostante continuino a prestare la loro opera con abnegazione, sia in aziende pubbliche che spesso li deprofessionalizzano sia nel privato che, fatte salve poche virtuose realtà, non li riconosce come professionisti ma solo come forza lavoro da retribuire con paghe orarie certamente non degne di un esercente una professione sanitaria”.

Resta poi tutto da definire il tema della cura sul territorio, da anni al centro dell’agenda politica. “Una misura auspicabile per fornire una migliore assistenza e alleggerire gli ospedali, in molte realtà al limite del collasso gestionale.  Il progetto di infermiere di comunità e famiglia, nonostante i nostri sforzi per la sua implementazione, viene rimandato di mese in mese e con esso la razionalizzazione verso modelli che oltre a fornire un’assistenza di maggiore qualità, premierebbero la professionalità di infermieri i quali chiedono solo di poter lavorare in condizioni di sicurezza e dignità. E a nulla pare valere la facile considerazione per cui il potenziamento dell’infermieristica territoriale e di comunità porterebbe, attraverso un maggiore controllo della cronicità, a un minore ricorso ai ricoveri ospedalieri con relativo abbattimento dei costi e dei disagi per gli assistiti”.

E infine la questione delle competenze: “che richiederebbe, più che slogan, un’importante valutazione degli ambiti in cui queste debbano essere riconosciute, dei percorsi formativi (universitari e di certificazione di competenza) per raggiungerle e di come queste debbano essere retribuite”, conclude il Collegio Ipasvi Firenze-Pistoia.
 

13 febbraio 2018
© Riproduzione riservata

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