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Cto di Napoli. Denuncia social: “Mio padre legato al letto e tra le feci”. Per l’Azienda paziente trattato in base alle necessità


Lo sfogo del figlio su Facebook. La Asl illustra i trattamenti effettuati sul paziente spiegandone le ragioni. E infine riferisce: “I familiari, una volta tranquillizzati, hanno manifestato verbalmente al responsabile della rianimazione la disponibilità a risarcire i danni arrecati alla porta della stanza del direttore del reparto in un momento di intemperanza”.

20 LUG - Cto di Napoli al centro di uno “scandalo social” nato da un post su Facebook di denunciato dal figlio di un paziente ricoverato in terapia intensiva. Nel post l'uomo riferisce come il padre, operato aò femore, sia trascurato e mal assistito dal personale sanitario. Il figlio denuncia come il padre fosse anche “sporco di feci, anche alle mani” e contesta l'applicazione del sondino, oltre che il fatto di avere trovato il padre “legato al letto".
 
Al post dell'uomo, che tramite i social si è velocemente diffuso, ha replicato con una nota la direzione strategica dell’Azienda Ospedaliera dei Colli, che sulla base di una indagine interna ha fatto sapere che “il paziente proveniva dal Pronto Soccorso dello stesso ospedale CTO, dove era giunto lo scorso 25 maggio con frattura del femore e con una gravissima insufficienza respiratoria acuta che aveva richiesto una immediata intubazione e successiva ventilazione meccanica, al fine di mantenerlo in vita. Ventilazione meccanica resa peraltro particolarmente insidiosa dal fatto che il paziente era già affetto da una brocopatia cronica ostruttiva con insufficienza respiratoria restrittiva, stante la gravissima cifoscoliosi deformante, per la quale il paziente era già in terapia domiciliare con ossigeno. In conseguenza delle difficoltà di estubazione del paziente, questo veniva sottoposto a tracheotomia dilatativa percutanea rendendo in tal modo possibile, in data 6 giugno, l’intervento chirurgico di protesi totale d’anca”.

“Dal punto di vista nutrizionale – proseuge la nota aziendale -, il paziente, per il quale sono state attivate tutte le procedure per il trasferimento presso altra struttura specializzata, veniva alimentato in maniera artificiale ed era stato applicato un sistema di gestione dell’incontinenza fecale per evitare la formazione di piaghe da decubito che, al momento, nonostante i quasi due mesi di ricovero a letto, il paziente non presenta”.

Circa l’utilizzo di misure di contenimento, l’azienda spiega che sono state assunte “informando i familiari” e precisa che “tali misure erano necessarie, urgenti e indifferibili dal momento che il paziente in questione, le cui condizioni non consentono una sedazione, più volte aveva tentato di liberarsi dai dispositivi respiratori che lo mantenevano e, attualmente, lo mantengono in vita”.

“Si rappresenta, infine, che i familiari del paziente durante tutto il periodo di degenza sono stati costantemente informati e aggiornati riguardo alle condizioni del loro congiunto e alla necessità dell’applicazione delle misure contenitive, rispetto alle quali i familiari informati non manifestavano disappunto, avendone compreso la necessità. I familiari hanno avuto libero accesso alla terapia intensiva, essendo il paziente sveglio e trovandosi in una stanza singola”, si legge nella nota.

Infine l’azienda fa sapere che “proprio i familiari, una volta tranquillizzati, hanno manifestato verbalmente al responsabile della rianimazione la disponibilità a risarcire i danni arrecati alla porta della stanza del direttore del reparto in un momento di intemperanza”.

20 luglio 2018
© Riproduzione riservata

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