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Intervista a Roberta Lombardi (M5S): “Il Lazio non è pronto ad uscire dal commissariamento”. E sui vaccini, “l’obbligo non è la strada giusta”

di Lucia Conti

Parla uno dei leader storici del Movimento, ora capogruppo nel Consiglio regionale laziale. Preoccupazione per privatizzazione della sanità: “Di fatto puoi curarti in tempo utile solo se sei disposto a pagare di più”. E per questo plaude all’intesa sul piano Grillo contro le liste d’attesa. Sul regionalismo differenziato: “Prima garantire gli stessi livelli di prestazione in tutto il Paese, poi si potrà iniziare a parlarne”. Promosso il primo anno di Governo M5S-Lega, “approvati già molti provvedimenti che hanno impresso una svolta alla vita quotidiana dei cittadini. Il Governo andrà avanti finché gli impegni del contratto saranno rispettati”

18 MAR - Sanità nel Lazio, con l’incognita sull’uscita dal Piano di rientro ed eventuale revoca dell’incarico di commissario a Zingaretti. Vaccini, regionalismo differenziato e un bilancio su questo primo anno di Governo M5S-Lega. Di questo abbiamo parlato in questa intervista esclusiva con
Roberta Lombardi, capogruppo M5S in Regione Lazio e tra i leader storici del Movimento creato da Beppe Grillo. Ecco cosa ci ha raccontato.

Onorevole Lombardi, il ministro Grillo ha messo in dubbio l’uscita dal commissariamento della Regione Lazio, Zingaretti ribadisce che le condizioni ci sono. Chi ha ragione?
L’ultimo Tavolo di verifica interministeriale del 22 novembre 2018, che valuta sia l’assistenza erogata che i risultati di bilancio, ha evidenziato il persistere di numerose criticità. Da una parte la sanità laziale resta ancora al di sotto della soglia minima per alcuni parametri assistenziali, dall’altra il tendenziale rientro dal disavanzo presenta comunque elementi di scarsa chiarezza, a cominciare dalla previsione di chiusura di bilancio per l’anno 2018: gli advisor parlano di qualche centinaio di milioni mentre l’assessorato alla sanità di poche decine. Vedremo cosa emergerà dal prossimo Tavolo di verifica.

La Regione dovrà inoltre fornire risposte in merito al buco di un miliardo del Fondo di dotazione e spiegare come sono stati utilizzati i 700 milioni di euro in più ottenuti a partire dal 2013 con la rideterminazione del Fondo sanitario regionale. Aspettiamo anche specifiche in merito ai 307 milioni di premialità per alcuni adempimenti conseguiti, seppure con estremo ritardo.

Ci chiediamo che fine abbiano fatto perché non abbiamo alcun riscontro del loro utilizzo per il miglioramento delle prestazioni. Al contrario, in questi anni abbiamo assistito al taglio di posti letto e a un progressivo peggioramento dell’assistenza. Sono diminuite le cure domiciliari, la rete territoriale è incompleta e carente. Sono state aperte solo 17 Case della Salute sulle 46 previste.
Manca completamente un programma di presa in carico delle cronicità ma neanche l’assistenza in fase acuta viene garantita, dal momento che negli ospedali i posti letto sono insufficienti.

Io sarei felicissima di uscire dal commissariamento, ma è del tutto evidente che la Regione non è pronta.

Se fosse confermato il commissariamento, Zingaretti dovrebbe lasciare l’incarico di commissario…
L’incompatibilità tra presidente e commissario è stata ribadita per legge. Non è una questione che riguarda Zingaretti ma è un sacrosanto principio generale: il controllore e controllato non possono coincidere. C’è bisogno di un soggetto terzo e super partes.

Zingaretti è recentemente diventato anche segretario del Pd. Non è l’unico caso di leader di partito che ricopre anche importanti incarichi: Di Maio e Salvini sono vicepremier, ministri e leader dei rispettivi gruppi. Ritiene che questi impegni siano compatibili?
Io propendo per la linea ‘poche cose fatte bene’, ma in questo caso non riscontro una questione di incompatibilità come per un presidente che è anche commissario.

L'incarico di segretario è sicuramente un impegno che può distrarre il governatore. Nel caso specifico di Zingaretti, tuttavia, potrebbe non percepirsi la differenza, dal momento che la sua presenza, almeno per quanto riguarda l’attività legislativa della Regione, non è mai stata molto assidua. Da quanto mi è stato riferito non lo era neanche durante la scorsa legislatura.

Per lei la principale criticità della sanità regionale è a livello territoriale?
La sanità laziale ha un problema di controllo della spesa sanitaria, ma anche un problema di sistema. Il caso più eclatante è dato dalle interminabili liste d’attesa, che, imponendo ai pazienti tempi biblici per poter fare un’ecografia o una visita specialistica tramite delle agende chiuse, quindi non consultabili, finiscono col “dirottarli” dalla sanità pubblica verso i più costosi servizi intramoenia o privati disponibili in tempi più brevi. Di fatto puoi curarti in tempo utile, solo se sei disposto a pagare di più. Siamo di fronte ad una vera e propria negazione del diritto alla salute.

Per questo ritengo un importante passo in avanti l’intesa raggiunta di recedente in Conferenza Stato – Regioni tra il Ministro della Salute, Giulia Grillo, e le Regioni sul Piano di abbattimento delle liste d'attesa che stabilisce il tempo massimo entro il quale dovranno essere garantite prestazioni e ricoveri. Ora il testimone passa alle Regioni. In Regione Lazio, abbiamo presentato delle soluzioni nella Sottocommissione sulle liste d’attesa della Commissione Sanità. Ci aspettiamo che Zingaretti le recepisca in modo da non sforare il limite dei 60 giorni previsto per elaborare il Piano Regionale per la gestione delle liste di attesa 2019-2021 della Regione Lazio.
Se manchiamo questo obiettivo avremo un disastroso effetto a cascata in termini di disservizi. Questo perché la sanità si basa su un principio di vasi comunicanti: se non si garantisce un’efficiente presa in carico delle cronicità e dei bisogni di salute a livello territoriale, si hanno cittadini meno in salute, si scarica il peso della domanda sanitaria sulla rete dell’emergenza e urgenza e, a lungo andare, il sistema va in tilt.

Se non si interviene, la situazione non potrà che peggiorare, perché è evidente che la mancata presa in carico delle cronicità nella gestione ordinaria sta creando un enorme bacino di potenziali futuri malati. E anche in questo contesto l’unica area che vediamo crescere è quella dell’assistenza privata.

Per volontà o perché il privato resta l’ultimo avamposto?
Quando si assiste al depauperamento della sanità pubblica e alla chiusura di strutture per andare ad acquistare prestazioni dai privati, non si può che parlare di un progetto intenzionale. Il rapporto tra sanità pubblica e sanità privata, nato come complementare, sta diventando di subordinazione, a vantaggio del privato. Senza inversioni di rotta, questo gap non potrà che crescere. Allo stato attuale la sensazione è che si stia facendo di tutto per depotenziare la sanità pubblica.

Vaccini. Cosa ne pensa della legge in discussione in Parlamento per la modifica del decreto Lorenzin? E’ utile oppure sarebbe meglio lasciare le cose come stanno considerando l’incremento nelle coperture vaccinali registrato dopo l’entrata in vigore dell’obbligo e segnalato pochi giorni fa dal ministero della Salute?
Il M5S conferma la propria opposizione all’obbligo, che è una ferita nel rapporto di fiducia che deve esserci tra le famiglie, i medici e la scienza. Anche le famiglie che nulla avevano contro i vaccini hanno vissuto con malumore l’irrigidimento imposto in questo ultimo anno. Le coperture, è vero, sono aumentate, ma questo è avvenuto solo perché la vaccinazione è stata imposta con la minaccia di esclusioni da scuola e sanzioni. Non mi sembra, però, che nulla sia stato fatto per diffondere una cultura della vaccinazione nel nostro Paese.

Se allora è vero che la soglia di copertura cosiddetta di gregge va raggiunta e mantenuta, ed è per questo che nella nostra proposta di legge in discussione in Parlamento parliamo di obbligo flessibile, noi del M5S riteniamo, tuttavia, che la strada da percorrere sia quella di un rapporto molto più collaborativo tra famiglie e medici, basato sull’informazione, sul dialogo e sul principio di raccomandazione.

Per rafforzare la fiducia delle famiglie nella vaccinazione vanno date risposte ai loro dubbi.

Parliamo di regionalismo differenziato. Alcune regioni hanno intrapreso il percorso per una maggiore autonomia. Secondo lei rappresenta un rischio per la sanità o un’opportunità?
Non credo che al momento il Paese sia pronto a vedere alcune Regioni compiere questo passo. C'è un discorso di livelli essenziali di prestazioni che devono essere raggiunti e garantiti in tutte le aree del Paese. Una volta che in ogni Regione saranno garantiti quei livelli, si potrà iniziare a parlare di regionalismo differenziato e permettere a chi ha più slancio di sfruttare le proprie capacità. Farlo ora significherebbe creare regioni di serie A e di serie B, o peggio cittadini di serie A e di serie B, e non possiamo permetterlo. Questo gap va colmato e va fatto con la collaborazione tra Regioni.

Lei è uno dei leader storici del Movimento. Qual è il suo giudizio su questi primi mesi di Governo insieme alla Lega di Salvini?
Siamo inequivocabilmente due forze politiche molto diverse, ma insieme abbiamo approvato in pochi mesi già molti provvedimenti che hanno impresso una svolta alla vita quotidiana dei cittadini. Mi riferisco al decreto dignità, al reddito di cittadinanza, alla quota 100, al decreto spazzacorrotti e al blocco delle trivelle, solo per citarne alcuni. Tutto questo è stato possibile perché, al di là delle differenze, abbiamo rispettato il programma di governo. E l'esperienza di governo andrà avanti finché gli impegni del contratto saranno rispettati.
 
Lucia Conti

18 marzo 2019
© Riproduzione riservata

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